L’intima danza della sessualità con la spiritualità
Testo di Terence pubblicato sul blog Queer Spirituality (Inghilterra) il 2 settembre 2009, liberamente tradotto da Silvia Lanzi
Credo che molti dei miei lettori e delle mie lettrici omosessuali abbiano conosciuto l’esperienza liberatoria del coming out: almeno nei propri confronti e con gli amici più cari o (negli ambienti adatti) con la famiglia e i colleghi. Ma, mi domando, quanti hanno provato la gioia più grande – quella di fare coming out con Dio? Non dico superficialmente, ma in modo franco e profondo, inglobando profondamente la sessualità nella propria vita di preghiera, ringraziando per la gioia e la soddisfazione e anche per l’euforia dell’orgasmo; condividendo il dolore di frustrazione e delusione; includendo anche il Signore nelle proprie fantasie sessuali, o trasformando tali fantasie in preghiera?
Sulle prime può sembrare eretico, sacrilego, ma non lo è. Questa è un’idea antica, che data almeno al Cantico dei Cantici e ai grandi mistici: san Giovanni della Croce, santa Teresa d’Avila e Giuliana di Norwich. Gli studiosi moderni che hanno parlato di questa idea in una prospettiva gay includono, tra gli altri, Daniel Helminiak, Michael B Kelly e John McNeill. (Jim Cotter e Jack Dominian sono altri due che hanno fatto la stessa cosa, però da una prospettiva eterosessuale).
Mi sono imbattuto anche in un altro autore che l’ha fatto direttamente – Chris Glaser, che ha raccolto parecchie preghiere sotto il titolo di “Coming Out to God”.
Ho sentito parlare per la prima volta di questo libro quando è stato raccomandato alla congregazione durante la messa della domenica – è così ha la calda ed ufficiale approvazione di almeno un prete cattolico. Leggendolo, sono stato particolarmente impressionato dall’introduzione poderosa e commovente.
Glaser condivide con noi la sua battaglia iniziale, lacerato tra la propria sessualità (innata) e la spiritualità che, come molti cristiani, pensava fossero in conflitto. Usando una suggestiva metafora, dipingendoli come due stranieri diffidenti ad un ballo, racconta di come comincino a sondarsi reciprocamente, quindi inizino a ballare cautamente, ognuno cercando di dominare e comandare l’altro – prima di trovare una vera sintonia e lasciare alla danza il compito di guidarli:
“Quando la mia sessualità ha iniziato ad emergere, la mia spiritualità si è gelata dallo spavento ed è quasi uscita dalla stanza. Allora però ha notato altre anime che danzavano con grazia e ha capito che ne avrebbe sentito la mancanza. La mia spiritualità si domanda se la mancanza di grazia abbia a che fare con il rifiuto dello straniero dall’altra parte della stanza, la mia sessualità.
Timidamente, uno ha invitato l’altro a ballare. All’inizio si guardavano a malapena… erano pessimi ballerini. Si lanciavano furtivamente occhiate l’un l’altro, a volte arrabbiati e risentiti, a volte civettuoli e seducenti… Alla fine hanno trovato momenti in cui la danza li guidava, e per brevi istanti sono diventati perfetti ballerini, pieni di grazia e aperti l’un l’altro. danzavano insieme: erano la mia anima”.
Fa anche un’importante parallelo tra sessualità e spiritualità, dichiarando che entrambe sono radicate in relazioni molto intime: la sessualità costruisce l’intimità nelle relazioni umane, la spiritualità fa la stessa cosa per la nostra relazione con il Signore. Questa vicinanza così stretta le rende compagne naturali.
“Sessualità e spiritualità non sono delle forze opposte, come si crede spesso oggi. Entrambe invece coinvolgono le persone nelle loro relazioni. La sessualità in una di tipo fisico: toccarsi, abbracciarsi… baciarsi e avere rapporti sessuali. La spiritualità ci porta a relazioni che includono e nello stesso tempo trascendono i corpi, perché essa include e insieme trascende ciò che è visibile…
Tutti e due questi poteri, quello sessuale e quello spirituale, sono santi e, perciò entrambi possono essere profanati. Al loro grado più alto portano all’amore in tutte le sue espressioni. Al più basso, possono portare all’apatia o all’odio. L’integrità del potere sessuale e di quello spirituale si chiama anima”.
L’osservazione finale, che mi ha fatto vibrare potentemente, e stata la sua dichiarazione che quando usciamo allo scoperto con Dio, gli diamo la possibilità di fare la stessa cosa con noi: di entrare più pienamente nelle nostre vite, che è la difesa migliore che potremmo mai sviluppare contro il bigottismo omofobo, che si nasconde, libero, sotto il nome ‘religione’:
“Nella preghiera, fare coming out con Dio come esseri sessuali-spirituali credo ci apra al coming out di Dio nei nostri confronti nella danza della Sostanza e della Sensualità, della spiritualità e della sessualità. La preghiera diventa un luogo in cui allenarci alla danza della sessualità e della spiritualità. Quando diamo la possibilità al Signore della Danza di guidarci, la sessualità diventa responsabile, e la spiritualità diventa comprensiva e avvolgente”.
Testo originale: The Intimate Dance of Sexuality and Spirituality