L’Iran e la persecuzione svelata della comunità gay
Articolo di Saeed Kamali Dehghan tratto dal The Guardian (Inghilterra), 17 Maggio 2012, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Gli stili di vita di gay, lesbiche, bisessuali e transgender in Iran vengono completamente e sistematicamente negati dal regime islamico, che espone queste persone a terribili punizioni, al bullismo e al rischio di suicidio, come rivela uno studio. Il primo rapporto dettagliato sulla comunità LGBT iraniana ha scoperto che i suoi membri vivono nella repressione da parte della società e dello Stato; alcuni vengono perseguitati, altri costretti all’esilio o perfino condannati a morte.
Lo studio è stato condotto da Small Media, un gruppo non-profit con sede a Londra. I ricercatori, guidati dalla direttrice Bronwen Robertson, hanno raccolto testimonianze di prima mano da centinaia di LGBT iraniani attraverso interviste faccia a faccia e un forum online segreto. “I bastioni della Repubblica Islamica dell’Iran si rendono perfettamente conto che esiste una stabile (benché segreta) comunità LGBT tra le pieghe del fondamentalismo nel [Paese]” dice il rapporto. [Ma] parlando con una metafora, il governo iraniano sta facendo del suo meglio per sistemare la comunità sotto un tappeto persiano dalle maglie fitte.”
In un discorso tenuto alla Columbia University a New York nel 2007, il presidente Mahmoud Ahmadinejad ha detto: “In Iran noi non abbiamo omosessuali come li avete voi nel vostro Paese… In Iran non abbiamo questo fenomeno. Non so chi vi abbia detto che da noi ci sono!”. Tuttora l’omosessualità è punibile con la morte, secondo le fatwa [decreto religioso-giuridico in armonia con la legge islamica n.d.t.] emanate da quasi tutti i chierici iraniani. Fino a poco tempo fa, la lavat (sodomia maschile) era un reato capitale per tutti gli individui coinvolti in un rapporto sessuale consensuale.
Ma a seguito di alcuni emendamenti al codice penale, la persona che ha assunto un “ruolo attivo” riceve cento colpi di frusta se non è sposato e il rapporto è consensuale, mentre chi ha assunto un “ruolo passivo” può tuttora essere messo a morte indipendentemente dal fatto che sia sposato o meno. La punizione per il mosahegheh (lesbismo) è cento sferzate per ogni donna coinvolta ma può portare alla morte se l’atto è ripetuto quattro volte. Tra le testimonianze raccolte da Robertson e il suo team c’è quella di un ventisettenne gay di Qazvin nel nord-ovest dell’Iran.
Dice: “È molto dura vivere da omosessuale in questo Paese. Il problema sono io o sono la cultura, la società, la storia o tutto questo insieme? La solitudine mi uccide.”
Un altro ha detto: “Se dicessi che mi vedo come parte di questa società, direi la più colossale bugia della mia vita. Non mi vedo affatto come parte di questa società.” Nel settembre dell’anno scorso è stato riportato che tre uomini della città di Ahvaz, nel sud-ovest dell’Iran, capitale della provincia del Khuzestan, sono stati giustiziati dopo essere stati giudicati colpevoli di accuse relative all’omosessualità.
Questa settimana sono arrivati dei rapporti non confermati di quattro uomini, identificati come Saadat Arefi, Vahid Akbari, Javid Akbari and Houshmand Akbari, della provincia di Kohgiluyeh e Boyer-Ahmad, che sarebbero stati condannati a morte per sodomia.
Il transessualismo è stato legalizzato in Iran nel 1987. Tuttavia il rapporto avverte che, nonostante il supporto statale alle operazioni di cambio di sesso, “lo stigma sociale associato al transessualismo non vacilla e l’abuso transfobico rimane il comportamento più comune. Ancora molto ostracizzati” continua “i transessuali iraniani non godono di uno status privilegiato nella società.” Gli LGBT iraniani sono anche caduti vittime della confusione della società iraniana riguardo alle differenze tra essere omosessuali ed essere transessuali.
Molti genitori hanno costretto i loro figli omosessuali a cambiare chirurgicamente sesso, gli psicologi e psichiatri locali, che ancora ritengono l’omosessualità una malattia mentale, hanno prescritto delle cure. Questa confusione esiste anche all’interno del regime, i cui gerarchi spesso non distinguono tra rapporto consensuale e stupro. Nei casi in cui viene riportata un’esecuzione che segue un giudizio di sodomia, è difficile scoprire se i condannati erano coinvolti in un rapporto consensuale o se è stato un caso di stupro.
Una delle contraddizioni che circondano la vita degli LGBT in Iran è che agli omosessuali è garantita l’esenzione dal servizio militare perché malati mentali, cosa che impedirà loro di lavorare per il regime.
Il rapporto riconosce che la decriminalizzazione dell’omosessualità non significherebbe necessariamente la fine della discriminazione verso gli LGBT. “Le questioni LGBT sono particolarmente tabù e raramente discusse nella sfera pubblica in Iran” dice il rapporto. “Anche se l’Iran decriminalizzasse l’omosessualità, potrebbero volerci decenni perché diventi socialmente accettabile nella Repubblica Islamica dell’Iran.”
Il risultato è che molti LGBT nel Paese si sentono esclusi dalla società. “Se dicessi che mi vedo come parte di questa società, direi la più colossale bugia della mia vita” dice un ragazzo gay di ventisei anni.
“Non mi vedo affatto come parte di questa società. Per via della mia omosessualità e della mentalità degli iraniani per quanto riguarda l’omosessualità… Di solito mi riferisco all’Iran come al “vostro Paese” invece che al “mio Paese” o il “nostro Paese”.
L’attivista per i diritti umani Peter Tatchell ha detto: “[La comunità LGBT iraniana] mostra che, nonostante la repressione dello Stato e i frequenti compromessi a cui sono costretti a scendere per proteggersi, molti LGBT iraniani riescono a continuare la loro vita e a forgiare un senso di comunità e solidarietà.”
Testimonianze dalla comunità LGBT in Iran
Sono un essere umano, ma sono stata creata con una imperfezione. Sono una che nessuno vuole come amica, una che non piace nemmeno alla sua famiglia…
Sono disoccupata da due anni. Nessuno mi assumerà, perché sono quello che sono… Desidero enormemente essere una donna, sposarmi, avere una famiglia e trovarmi un buon lavoro… Mi piace essere circondata dalla gente, ma la gente mi rifiuta sempre. Come se venissi da un altro pianeta, la gente non vuole essere vista con me.
Transessuale da maschio a femmina, 26 anni, dal Lorestan.
Nella mia vita mi sono fidato di pochissime persone, specialmente per quanto riguarda la mia identità sessuale, e in genere le persone di cui mi sono fidato erano anch’esse omosessuali… Per fidarmi di una persona richiedo trasparenza e onestà, e poi tempo. Dare fiducia nel mondo virtuale è molto più difficile, perché nel mondo virtuale si può assumere una ulteriore maschera rispetto a quella solita, ed è difficile capire esattamente chi si ha davanti e quali sono le sue intenzioni.
Ragazzo gay, 22 anni da Babol.
Vorrei lasciare l’Iran; mi sto stancando della gente… Forse andrei a Londra o a Irvine. Mi piacerebbe fare l’allenatrice di pallacanestro, ma la DJ sarebbe il mio lavoro ideale… In generale non ho avuto grandi problemi ma spesso sento di non appartenere alla società.
Lesbica, 34 anni, Tehran.
Testo originale: Iran’s persecution of gay community revealed