L’indignazione di Gesù con chi non vuole accogliere gli altri
Riflessioni del teologo Juan José Tamayo* tratto dal sito de El Pais (Spagna) del 23 marzo 2012, liberamente tradotte da Marco Galvagno
Dopo aver accusato Dio di essere la nostra maggiore menzogna, aver accusato i primi evangelisti d’essere testimoni della corruzione già presente nella chiesa primitiva e aver definito Paolo di Tarso “un disevangelista” e aver lanciato la maledizione sul cristianesimo nel suo libro l’Anticristo, Nietzsche fa il seguente ritratto idilliaco di Gesù di Nazareth: “Non oppone resistenza, né con le parole, ne con il cuore verso chi è malvagio con lui. Non si adira con nessuno, non disprezza nessuno.
Non si fa vedere nei tribunali, né si lascia citare in essi. Ciò che ha portato all’umanità è in pratica il suo comportamento di fronte ai giudici, ai carnefici e agli accusatori, davanti a ogni tipo di calunnia, non reagisce, si lascia mettere in croce, prega, soffre, e ama anche quelli che gli fanno del male. Non difendersi, non adirarsi, non dar la colpa a nessuno”.
Secondo questa interpretazione di Nietzsche Gesù avrebbe evitato i conflitti e sarebbe uscito indenne dalle scottature della vita, senza che nulla potesse scalfirlo, avrebbe perciò propagandato una religione conformista. Nulla di tutto ciò è più lontano dalla realtà. Gesù è stato un indignato che ha adottato un atteggiamento di ribellione nei confronti del sistema e si è comportato da ribelle anche nei confronti dell’ordine costituito.
Il conflitto, nato dall’indignazione caratterizza il suo stile di vita e costituisce il criterio etico della sua pratica liberatoria. La disobbedienza e la resistenza furono le sue scelte fondamentali durante gli anni di attività pubblica sia in campo religioso che in quello sociale e politico, entrambi inseparabili in uno stato teocratico e sono la chiave ermeneutica che spiegano la sua tragica fine.
Indignato verso la religione ufficiale
Si indigna nei confronti della religione ufficiale e dei suoi interpreti che antepongono l’osservanza della legge al diritto alla vita e incitano alla vendetta prima d’invitare al perdono. Quando sono in gioco la vita e la libertà delle persone trasgredisce le leggi ebraiche del digiuno, del sabato e della purezza e giustifica il fatto che i suoi discepoli non le rispettino. Fa così anche con i peccatori e i pubblicani e osa affermare che le prostitute e i pubblicani precedono gli scribi e i farisei nel regno di Dio. Il centro della nuova religione è nel praticare le beatitudini.
Indignato verso i capi religiosi
Le autorità religiose vivevano una scissione tra realtà e apparenza. Il loro atteggiamento non poteva essere più ipocrita: prescrivevano e non facevano.
Santificavano e osservavano la Torah e imponevano al popolo pesanti fardelli che essi stessi non toccavano. Gesù non riconosce la loro autorità, ne segue i loro insegnamenti.
Indignato verso i potenti dell’economia
L’accumulo di beni è forse la causa di maggiore indignazione di Gesù, convinto com era dell’impossibilità di servire Dio e il denaro, Gesù pensa che ogni ricchezza sia ingiusta e che si converta in un mezzo di dominio e oppressione che genera povertà intorno. Mette in discussione le radici materiali e religiose dell’esclusione e lotta per sradicarle. Si pone al fianco degli emarginati sia sociali che religiosi: pubblicani, peccatori, prostitute, indemoniati, malati, pagani, samaritani e gente di malaffare.
Indignato contro il potere politico
La indignazione di Gesù sale di tono quando affronta i potenti che accusa di essere oppressori e contro la tirannia che Roma imponeva al suo popolo.
Precisamente la condanna a morte di Gesù e la morte in croce voluta ed eseguita dalle autorità romane, furono le conseguenze logiche dell’indignazione contro il potere politico a cui negava legittimità, era contro l’impero romano che considerava un invasore. Non si trattò affatto di un errore come credeva
Bultmann, se lo era meritato.
Indignato contro le tradizioni e la società patriarcale
Gesù denuncia le molteplici emarginazioni a cui erano sottoposte le donne per abitudine e per costumi religiosi e politici, si oppone alle leggi che le discriminavano (adulterio, lapidazione, ripudio) e le incorpora nel suo movimento dando loro pari dignità che agli uomini e con lo stesso ruolo di protagonisti.
E’ nel movimento di Gesù che le donne recuperano la loro dignità che era loro negata dalla religione ufficiale e anche il diritto di cittadinanza, negato loro dall’impero.
Indignato con il Dio autoritario
Questa indignazione nei confronti del Padre è senza dubbio quella più dolorosa, quella che gli provoca più lacerazioni interiori, e che mette alla prova la sua fede e la sua e la sua speranza. Il conflitto con Dio si mostra in tutta la sua radicalità nei momenti finali della sua vita quando è con l’acqua alla gola. Gesù chiede spiegazioni al Padre per il fatto di non essere al suo fianco durante la condanna e l’esecuzione come avrebbe fatto con un correligionario. Come Giobbe esprime la sua profonda delusione e lancia un grido di dolore ” Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?. …
Le indignazioni di Gesù di Nazareth verso i poteri economici, religiosi, politici e verso la società patriarcale costituiscono una sfida per noi cristiani e cristiane di oggi che siamo chiamati ad indignarci… Non dobbiamo fare questo per santificare l’indignazione, ma per riunire le forze disperse e
lottare credendo che un altro mondo è possibile.
* Juan José Tamayo è un teologo spagnolo, direttore della Cattedra di Teologia e Scienze delle Religioni (Università Carlo III) ed autore di Dios y Jesus. El horizonte religioso de Jesus de Nazareth (Dio e di Gesù. Il paesaggio religioso di Gesù di Nazareth).
Testo originale: Jesús de Nazaret, indignado. Por eso lo mataron