Lo scandalo di Maria Maddalena, apostola degli apostoli
Riflessioni teologiche di Cynthia Garrity-Bond* pubblicate sul sito Feminism and Religion (Stati Uniti) il 16 luglio 2015, liberamente tradotte da Giacomo Tessaro
Poco tempo fa ho fatto uno di quei test che si trovano su Facebook, il quale prometteva di farmi sapere quale fosse il mio nome biblico. Con mia grande gioia, mi ha assegnato il nome di Maria Maddalena; sono però delusa dal fatto che la sua biografia manchi di certezze storiche.
Il 22 luglio si celebra la festività di Maria Maddalena, che è stata testimone della Resurrezione, e quindi nominata “Apostola degli Apostoli”. Esistono tante interpretazioni della sua figura, quante sono le immagini che ne sono state date. Nei primi secoli la sua popolarità era maggiore di quella della Vergine Maria, ma nel IV secolo la sua immagine positiva cominciò a offuscarsi.
Nel 594 papa Gregorio Magno pronunciò un sermone in cui fondeva la figura della donna senza nome che unge Gesù nel Vangelo di Luca con quella della prostituta penitente Maria di Magdala; un titolo, questo, che avrebbe conservato per quasi 1.400 anni, fino al 1969, quando la Chiesa Cattolica dichiarò che Maria non era in realtà una prostituta.
D’altro canto, la più recente ricerca teologica femminista (mi riferisco qui soprattutto a Karen King) offre di Maria l’immagine di una leader della comunità: “A partire dal secondo secolo, fino al ventunesimo, le profetesse e le predicatrici hanno sempre fatto riferimento a lei per legittimare il loro ruolo di leadership” afferma Karen King, secondo cui, presentandola come prostituta e adultera, la Chiesa ha soffocato l’immagine di Maria come leader spirituale. In questo articolo vorrei approfondire la dicotomia tra Maria la sgualdrina penitente e Maria “discepola di spicco di Gesù, visionaria, maestra spirituale” (King).
Per cominciare, vorrei porre una domanda: per quanto riguarda il suo ruolo di leader, qual è il significato del suo essere una ex prostituta che è stata anche (per dirla con Karen King) discepola di Gesù, visionaria e maestra spirituale? Per avere una risposta mi rivolgo a Marcella Althaus Reid e al suo Teologia indecente, e soprattutto a Martín Hugo Córdova Quero e al suo The Prostitutes Also Go Into the Kingdom of God: A Queer Reading of Mary of Magdala (Anche le prostitute accedono al Regno di Dio. Un’interpretazione queer di Maria di Magdala). Quero vuole fare luce sulle dicotomie che distinguono le teologie decenti da quelle indecenti:
“Normale. Corretto. Onesto. Santo. Ortodosso… Le etichette della decenza.
“Anormale. Scorretto. Disonesto. Peccatore. Eterodosso… Le etichette dell’indecenza”.
Le teologie indecenti e queer mettono in crisi la dicotomia normale-anormale, in quanto costituisce una negazione del corpo e della sessualità. Secondo Quero, Maria è ostaggio di questo modo di ragionare, “o è peccatrice o è santa, o è decente o è indecente. Il pensiero binario non permette alternative”. Il pensiero binario elimina, dal suo ruolo di leader di spicco, l’elemento della sessualità, in modo da poterla cooptare come donna decente. Il compito delle teologie indecenti e queer è mettere in discussione ciò che viene considerato accettabile e normale, in particolare quando è in gioco la sessualità.
Una simile destabilizzazione avviene quando ci chiediamo se un Gesù queer sia in grado di salvare l’umanità, o se una prostituta possa essere una testimone affidabile della Resurrezione. Per la teologia indecente e il pensiero queer e femminista il tragitto di Maria dalla indecenza alla decenza differisce poco dalla classica tradizione cristiana imposta dagli uomini: Maria deve diventare accettabile alla morale tradizionale cristiana. Solo quando la sua reputazione sarà ripulita e la sua sessualità sarà negata, potrà avere il suo posto all’interno del corretto ordine della morale e della leadership ecclesiale, e così facendo “adattarsi” ai ruoli accettabili e necessari stabiliti dalla concezione eteropatriarcale sulla sessualità femminile.
Mettere al centro ciò che è considerato normale, decente e ortodosso riduce al silenzio ciò che è visto come anormale, indecente, eterodosso, ciò che non si conforma a quei modelli artificiali. Secondo Quero, c’è bisogno di una teologia che non abbia timore di ciò che è indecente, ma come potrebbe essere tale teologia? Tanto per cominciare, essa si preoccuperebbe più della sicurezza delle lavoratrici del sesso di tutto il mondo, e delle violenze che subiscono, piuttosto che della dubbia moralità del loro lavoro, così come viene giudicato dalle femministe abolizioniste e dall’eteropatriarcato.
Parlando delle forme di rapporto sessuale al di fuori del matrimonio nella Chiesa Cattolica, Christine Gudorf afferma che l’interesse verso la struttura dell’etica sessuale ci fa capire che “è la struttura fisica dell’atto sessuale, e la condizione di chi lo compie, più che la qualità della relazione entro cui avviene l’atto, o le motivazioni (o la mancanza di motivazioni) che muovono quella relazione, o le conseguenze di quell’atto sulle persone coinvolte, che determinano la liceità dell’atto”.
L’analisi di Gudorf, pur non trattando in modo specifico di prostituzione, si situa nel mio stesso filone di riflessione sulla dicotomia della prostituta Maria Maddalena, considerata o come peccatrice, o come santa. Quero sostiene, parlando di Maria Maddalena come contro-icona queer, che il cristianesimo deve “accogliere coloro che, con le proprie caratteristiche di genere e comportamenti sessuali, aprono una breccia nella normalizzazione promossa nei secoli dalla teologia classica”.
Per questo suggerisco di liberare Maria da quelle letture rassicuranti che ci mettono tanto a disagio, e che la sessualità, prostituzione compresa, venga considerata nel suo contesto e in una cornice di relazioni, e liberata dall’angusto minimalismo morale e dai suoi suoi aut-aut. Il titolo di prostituta/lavoratrice del sesso non implica affatto una minore statura morale, o una minore integrità.
Scrive Karen King che, quando Maria Maddalena è considerata una sgualdrina, il suo profilo morale viene svilito, ma il fatto che potesse veramente essere una prostituta non sminuisce il suo essere discepola e leader. Il dare della puttana non aiuta certo l’identità e l’avanzamento delle donne.
Spero che questo 22 luglio troviate il tempo e il modo di festeggiare Maria Maddalena nelle sue varie incarnazioni, perché possa essere liberata da ogni interpretazione che sminuisce la sua forza, la sua fedeltà, la sua statura di discepola e la sua integrità morale, e possa venire posta in un ampio contesto di indecenza.
* Cynthia Garrity-Bond è teologa femminista ed esperta di etica sociale. Sta terminando il suo dottorato alla Claremont Graduate University sulle donne nelle religioni, uno studio che si intreccia con la teologia, l’etica e la cultura. Negli ultimi sei anni ha insegnato al dipartimento di studi teologici della Loyola Marymount University (Stati Uniti), dove ha completato i suoi studi in teologia. Il suo campo di ricerca comprende la teologia sessuale femminista, la teologia storica (in particolare i movimenti religiosi femminili), i movimenti di resistenza all’autorità ecclesiastica, la teologia incarnata, la mariologia e i femminismi transnazionali. Tornata da poco dall’Africa meridionale, Cynthia sta conducendo un lavoro di ricerca sulla prostituzione dal punto di vista teologico.
Testo originale: An Indecent Reading of Mary Magdalene by Cynthia Garrity-Bond