Lo smarrimento della teologia cattolica di fronte ai matrimoni omosessuali
Articolo di Joseph S. O’Leary* pubblicato sul numero monografico su “Genre et sexe : nouvelles frontières ?” della rivista trimestrale Cités (Francia), n.44, 2010, pp. 27-43, libera traduzione di Chiara Spasari
E’ successo tutto molto velocemente, prendendo la Chiesa (cattolica) alla sprovvista. Il movimento per l’approvazione di matrimoni e unioni civili fra persone dello stesso sesso ha conosciuto uno straordinario successo. La gerarchia della Chiesa cattolica oppone una mozione di respingimento a qualsiasi riconoscimento delle coppie omosessuali, appellandosi ad un’etica sessuale che si direbbe obsoleta ed immutabile, ma senza proporre alcuna valida alternativa a questa regolarizzazione. Si millanta la coerenza logica dell’insegnamento cattolico, facendo cardine sulla condanna della contraccezione. Ma una coerenza autoreferenziale, sciolta da ogni contatto col reale, che rifiuta di vedere ciò che esula dalle sue categorie, risulta sempre più impotente.
Quel che non si vuol vedere è che le coppie gay esistono, sono riconosciute e sempre più apprezzate dai loro amici e dalle loro famiglie. Questo almeno in quelle democrazie liberali dove l’omofobia assassina ha battuto in ritirata. Sono proprio questi i Paesi in cui la gerarchia cattolica si sente costretta a pronunciarsi, opponendo a questo crescente accoglimento un avvertimento che descrive come “profetico” e “controculturale”. Ciò significa, nell’attuale gioco di forze, che la gerarchia cattolica si schiera con i paesi in cui l’omosessualità resta un argomento tabù. Anche parlando in linea astratta, del “rispetto” che si deve agli omosessuali, i vescovi rifiutano qualsiasi forma di dialogo con le coppie omosessuali o anche solo con i teologi che si mostrino favorevoli alle loro rivendicazioni, sostenendo che il solo fatto di aprire un dialogo simile significherebbe compromettere la dottrina della Chiesa.
Anche volendo escludere dalle file del clero gli individui “con tendenze omosessuali profondamente radicate” o con potenziali simpatie per l’ideologia della libertà omosessuale, la Chiesa non è capace di allineare i suoi interventi ufficiali con la vita reale del clero, per non parlare dei fedeli laici. E’ vero che in passato l’ambito dell’etica sessuale presentava un netto divario fra teorie e pratica, ma ciò succedeva nel contesto di una visione condivisa della sessualità, mentre l’attuale scarto oppone un’ottica tradizionale sempre meno eloquente a una nuova cultura della sessualità e del matrimonio con una sua consistenza, che cerca di formulare dei principi in sua funzione.
Rifiutando il dialogo con questa cultura, la Chiesa resta prigioniera delle categorie impoverite; private dell’ossigeno del confronto, del dialogo, del consulto, le idee che ci si crea dell’omosessualità mancano inevitabilmente di sofisticazione fenomenologica. La presunzione di conoscere tutto della propria materia – essendo stato il campo della morale sessuale oggetto di determinazioni molto autoritarie per duemila anni – si traduce in scene estremamente imbarazzanti quando si tratta di pronunciarsi in maniera concreta.
Cito la spiegazione fornita dal cardinale Zenon Grocholewski di ciò che la categoria delle “tendenze omosessuali fortemente radicate” non copre: «come esempio di tendenza transitoria , il nostro documento cita il caso di un’adolescenza inconclusa. Ma possono verificarsi altri casi. Ad esempio, quello di coloro che commettono atti omosessuali in stato di ebbrezza o in seguito a circostanze specifiche, come una lunga detenzione in carcere. O ancora di chi lo fa per obbedienza a un superiore o per guadagnare del denaro.» [1]
Si potrebbero citare anche gli scritti di Tony Anatrella, psicanalista e gesuita, consulente presso il Consiglio pontificio per la Famiglia e il Consiglio pontificio per la Salute, [2] dove tuttavia, la distorsione di prospettiva più che con la teologia, ha a che fare con un freudismo sommario e “brutale”. [3]
La dottrina morale non può più prescindere dalla situazione vissuta dagli individui a cui pretende di rivolgersi. Insistendo unicamente sui princìpi, affidando il loro esercizio alla saggezza pastorale, a sua volta molto impoverita da un timore esasperato di tradire i fondamenti, si rischia di scoprire un giorno che questi princìpi, a distanza di molto tempo, siano diventati esangui e sterili.
Lo studio dei fenomeni, nel caso specifico, implica la raccolta di testimonianze di quanti hanno vissuto le possibilità di un’esperienza omosessuale, per misurare quelli che sono i valori in gioco. Questo dialogo può arricchirsi estendendo la riflessione alla letteratura, che illumina di mille prospettive la complessità e la varietà dei rapporti umani, compresi i dedali dell’esperienza coniugale, anche se, per quanto attiene specificamente all’omosessualità, un’inflessibile censura rende i suoi testi di difficile interpretazione. Il che significa esporre il pensiero teologico al rischio di perdere ogni certezza in quanto all’essenza invariabile dell’amore, del matrimonio o delle amicizie.
L’umanità resta un territorio sconosciuto a sé stessa, poiché più lo si esplora e più si moltiplicano gli enigmi. La Bibbia, letta bene, sposa e approfondisce questa complessità; il discorso ecclesiastico, per seguirne l’esempio, avrebbe bisogno di una nuova condotta di apertura al dialogo ed autocritica.
Un fenomeno innegabile
Le coppie dello stesso sesso fanno parte del consorzio umano in quasi tutti i paesi, e la loro presenza tuttavia rappresenta il rigetto di numerose idee per lungo tempo dominanti. La comprensione e il riconoscimento di questo fenomeno si impongono ad una Chiesa che si proclama “esperta di umanità”. [4]
Può darsi che un cambiamento si stia lentamente preparando: il cardinale Schönborn di Vienna, sostenitore di una « morale della felicità » invece di una « morale del dovere», dichiara : « Per quanto concerne il tema dell’omosessualità per esempio, dobbiamo considerare più sensibilmente la qualità di un rapporto. E anche parlare di qualità in termini di apprezzamento. Un rapporto stabile è certamente da preferire nel caso di chi si limita a vivere liberamente in promiscuità.»[5] Il cardinal Martini scrisse : «Conosco coppie omosessuali, persone fortemente stimate, figure sociali importanti. Nessuno mi ha mai chiesto di condannarle e non mi verrebbe mai in mente.» [6]
Le prudenti e misurate dichiarazioni degli ecclesiastici sembreranno timide, se non ipocrite, a quanti tollerano male la lentezza con cui la Chiesa prende atto delle nuove circostanze. Ma queste sono le briciole di cui si consolano i cattolici liberali e che bastano a scatenare le ire di zelanti e delatori. Questi bisbigli dei prìncipi della Chiesa sembrano indicare abbastanza chiaramente il cammino che si prospetta per la Chiesa. Come potrà esprimere il rispetto per le coppie omosessuali?
Per alcuni, sarebbe sufficiente avvalersi della saggezza pastorale che tollera una situazione imperfetta, secondo la posizione di Jan Visser, uno degli autori del documento Persona Humana, pubblicato dalla Congregazione per la dottrina della Fede nel gennaio 1976 : « Quando si tratta di persone profondamente omosessuali, che abbiano gravi difficoltà personali, se non sociali, se non trovano un partner stabile nell’ambito della loro vita sessuale, si può raccomandare loro di cercare un simile rapporto, ed accettare ciò come il meglio che possano fare nella loro situazione attuale».[7]
In un momento in cui le società dell’Europa occidentale hanno riconosciuto, con leggi diverse, la dignità delle coppie omosessuali, questo rispetto pastorale sembra scendere al di sotto dell’accoglienza che queste coppie aspettano dalle loro chiese. E’ riprovevole che la Chiesa non abbia dato seguito all’idea di incoraggiare la coppia duratura come «male minore» negli anni settanta : questo avrebbe attenuato l’imperversare dell’Aids. In mancanza di qualsiasi politica di rispetto delle coppie da parte della Chiesa, i progetti di riconoscimento giuridico adottati da uno Stato dopo l’altro colmano questa lacuna in maniera costruttiva e responsabile.
Una campagna inutile
Il teologo che pensa a tali questioni rischia di trovarsi diviso fra l’autorità dei vescovi e del Vaticano da una parte e il sentimento di un gran numero di fedeli dall’altra. Questa tensione è stata drammaticamente vissuta in Irlanda, nel giugno 2010, quando diversi sondaggi hanno dimostrato che l’84% della popolazione approvava una legge sulle unioni civili respinta dai vescovi con la motivazione che questa comprometterebbe la dignità del matrimonio e la libertà di coscienza dei funzionari che dovrebbero formalizzare queste unioni civili. (I funzionari stessi non hanno niente da dire a riguardo). La dichiarazione episcopale non era del tutto convincente, non essendo suffragata da alcuna operazione di consulto o di dialogo, e i suoi sottoscrittori si sono astenuti dal sostenere le loro posizioni in dibattiti pubblici. Tutto lascia pensare ad un gesto compiuto sotto le pressioni del Vaticano.
Fu sicuramente così anche per una dichiarazione rilasciata dai vescovi dell’ Irlanda del Nord nel 1982, che denunciava la punibilità degli atti omosessuali, quindici anni dopo il resto del Regno Unito. (La legge vittoriana sarà abolita in Irlanda del sud soltanto nel 1993, senza resistenze episcopali). Eppure, solo qualche anno più tardi, è il Vaticano stesso a dichiarare la sua opposizione alla penalizzazione di atti sessuali tra adulti consenzienti. [8]
Il ricordo di questo sviluppo rende ancora più difficile prendere sul serio gli interventi attuali dei vescovi contro le unioni civili. Con l’immagine dei cardinali che si pavoneggiano nelle loro cappae magnae – lunghi come dei rossi strascichi da sposa– i vescovi che proferiscono simili dichiarazioni sembrano svolgere un ruolo fondamentale che oggi non può più esercitarsi in questo modo. Invece di pretendere di dare lezioni alla comunità gay, non è giunto il momento per la Chiesa di adottare l’atteggiamento di chi cerca umilmente di apprendere? Anche senza l’incoraggiamento della Chiesa, gay e lesbiche hanno così apprezzato i valori dell’amore e della fedeltà che sempre più spesso hanno optato per l’unione monogamica che è divenuto il loro stile di vita prediletto. E ciò lungi dall’essere il solo aspetto di una saggezza o di una visione profetica emergente negli ambienti omosessuali.
Il Vaticano conduce una campagna contro il matrimonio gay e le unioni civili, che ha avuto successo per il momento in Italia, unica grande potenza occidentale a non garantire ancora alcun riconoscimento legale alle coppie gay. Negli Stati Uniti, alcuni vescovi hanno investito ingenti somme di denaro in una campagna analoga, senza interpellare i fedeli sull’eventualità di questa destinazione delle loro offerte.
L’espressione abortionsamesexmarriage [9] Aborto/omosessualità/matrimonio è diventata, si direbbe, un ritornello nei discorsi di diversi vescovi.[10] Questa associazione si riscontra ancora nel discorso papale (ndr di Benedetto XVI, a Fatima, il 13 maggio 2010: «Le iniziative che si propongono di salvaguardare i valori essenziali e primari della vita, dal suo concepimento, e della famiglia, fondata sul matrimonio indissolubile tra un uomo e una donna, aiutano a rispondere ad alcune delle questioni più rischiose e pericolose che, oggi, si oppongono al bene comune. Si applica male questa logica: l’aborto è un atto di morte, il matrimonio gay un progetto d’amore; è paradossale considerarli ugualmente nocivi al bene comune. Questa tattica rischia anche di indebolire l’argomentazione ecclesiastica in materia di aborto.»
In questi dibattiti, l’autorità dei vescovi è ipotecata anche dal peso di una vicenda sinistra. La «purificazione della memoria» contemplata da Giovanni Paolo II nel suo atto di pentimento per i crimini della Chiesa nel 2000 riguardava in particolare la persecuzione degli ebrei da parte della cristianità medievale. Della persecuzione non meno pericolosa delle persone omosessuali, giustiziate, imprigionate e private di ogni diritto alla libertà di coscienza e di espressione, non fu fatta menzione.
Nell’insegnamento attuale si insiste sul dovere di rispettare le persone omosessuali, ma non si trova niente da recriminare in tal senso, né nel passato, né nel presente. Ricordiamoci che la Chiesa si guardò dal condannare la pratica della schiavitù fino a che l’ultimo paese del mondo, il Brasile cattolico, non l’ebbe abolita legalmente; solo allora se ne dichiarò nemica secolare nell’Enciclica Catholicae ecclesiae del 1890 – nonostante un documento del Sant’Uffizio del 1866 firmato da Pio IX, secondo il quale la schiavitù non è compatibile con la legge naturale e la legge divina. Così, la Chiesa non cambierà atteggiamento riguardo i diritti degli omosessuali fino a che un gran numero di cattolici, in Africa e altrove, si diranno scandalizzati da un cambiamento così radicale.
Il documento della Congregazione per la Dottrina della Fede «Considerazioni sui progetti di riconoscimento giuridico delle unioni tra persone omosessuali» [11] (agosto 2003) costituisce la carta della campagna contro il riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali. Inizia descrivendo l’omosessualità come «un fenomeno morale e sociale inquietante», una «anomalia» di cui alcune persone sono affette. La tesi su cui si basa sarebbe applicabile anche agli omosessuali, salvo per le tre parole che li escludono « di sesso diverso»: « nessuna ideologia può cancellare dall’animo umano questa certezza : il matrimonio esiste solo tra due individui di sesso diverso che, per mezzo della reciproca donazione personale tendono alla comunione delle loro persone ». L’esclusione è basata sul pretesto che gli atti omosessuali non possano essere né procreativi né unitivi : « Non c’è alcun fondamento per poter assimilare o stabilire analogie, anche lontane, fra le unioni omosessuali il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia. Il matrimonio è sacro, mentre le relazioni omosessuali contrastano con la legge morale naturale. I rapporti omosessuali, infatti, “precludono all’atto sessuale il dono della vita. Non contemplano una vera complementarità affettiva e sessuale” (Catechismo della Chiesa cattolica, n. 2357).
Il documento prospetta una tolleranza limitata per le coppie omosessuali : « A coloro che, sulla base di questa tolleranza, vogliano procedere alla legittimazione dei diritti specifici per le persone omosessuali conviventi, è necessario ricordare che la tolleranza del male è cosa ben diversa dalla sua approvazione o legalizzazione». Si potrebbe forse pensare alla tolleranza che la Chiesa ha perpetrato nei confronti di quel “male” che è la prostituzione. Ogni riconoscimento positivo di queste unioni è ingiustizia « Bisogna astenersi da ogni forma di cooperazione formale alla promulgazione o all’applicazione di leggi così gravemente ingiuste ».
L’ingiustizia consiste nella promozione di una falsa etica sessuale che nuocerà al bene comune. « Nelle unioni omosessuali, sono del tutto assenti gli elementi biologici ed antropologici del matrimonio e della famiglia che potrebbero razionalmente dare le fondamenta al suo riconoscimento giuridico. Queste unioni non sono in grado di assicurare, in maniera adeguata, la procreazione e la sopravvivenza della specie umana. L’eventuale ricorso a mezzi che le recenti scoperte scientifiche hanno messo a disposizione nel campo della fecondazione artificiale comporterebbero una grave mancanza di rispetto alla dignità umana e non muterebbe affatto questa inadeguatezza» Le questioni di bioetica mi sembrano appartenere a un dibattito diverso, vertendo sulle coppie eterosessuali sterili più che sulle coppie omosessuali.
Il documento continua ripetendosi, senza addurre vere e proprie argomentazioni : «Nelle unioni omosessuali è assente anche la dimensione coniugale, attraverso la quale le relazioni sessuali assumono forma umana e ordinata. Difatti, queste relazioni sono umane quando e fintanto che esprimono e promuovono il mutuo ausilio dei sessi nel matrimonio, restando aperti alla trasmissione della vita.» «Se, da un punto di vista giuridico, il matrimonio tra due persone di sesso diverso fosse considerato solo come una delle possibili forme di unione , l’idea di matrimonio andrebbe incontro ad una radicale trasformazione, con gravi ripercussioni sul bene comune ». Le unioni omosessuali non meritano riconoscimento dello Stato in quanto « prive di apporto significativo o positivo allo sviluppo della persona e della società », il che sembra contraddire l’osservazione empirica quotidiana.
« Ci sono valide ragioni per affermare che tali relazioni siano dannose per una crescita sana della società e che le nuocerebbero nel momento in cui la loro incidenza nel tessuto sociale aumenterebbe. » Ma queste « buone ragioni » sembrano sfuggire ad una dissertazione convincente. La povertà di argomentazione è indice di mancanza di credibilità, perché la verità offre argomenti ed esempi in abbondanza, e non si esprime con formule tautologiche. Lo stesso disperato senso di vuoto penalizza le rimostranze degli episcopati nazionali da esse ispirate. Jacques Lacan distingue la psicanalisi di un simile discorso tautologico, «da quella che emerge, direi, dal discorso di Wittgenstein, vale a dire una ferocità psicotica, per la quale vale il ben noto rasoio di Occam secondo il quale non dobbiamo ammettere alcuna nozione logica che non sia affatto necessaria.» [12]
Si è costruito un edificio di teorie sulla sessualità che risulta vuoto quanto il Tractatus logico-philosophicus e tanto tangenziale rispetto alla realtà vissuta dalle coppie omosessuali quanto lo erano rispetto alle sofferenze degli schiavi americani le pacifiche giustificazioni della schiavitù del beato Pio IX.
Le unioni omosessuali, non potendo « garantire il proseguimento delle generazioni », non meritano riconoscimento. Un politico che approverebbe tale riconoscimento si renderebbe colpevole di un « atto gravemente immorale». Questo scritto non riesce a darsi una conclusione convincente, e termina con un’ulteriore ripetizione : « Riconoscere legalmente le unioni omosessuali o assimilarle al matrimonio, significherebbe non solo approvare un comportamento deviato e di conseguenza farne un modello nel contesto della società attuale ma anche offuscare dei valori fondamentali che appartengono al patrimonio comune dell’umanità». [13]
Di certo, questa approvazione restituirebbe agli omosessuali, giovani e meno giovani, il messaggio che la loro affettività è qualcosa di normale e naturale, e che hanno il diritto di amarsi secondo i loro sentimenti e vivere la loro sessualità. Ma non si sa perché i valori del matrimonio etero ne sarebbero offuscati. Tutt’al più, questo riconoscimento contribuirebbe ad arricchire la comprensione dell’amore coniugale e il suo potere creativo .
Un progetto costruttivo
Se si vuole emettere un giudizio sul matrimonio gay, è necessario effettuare una distinzione fra l’aspetto civile e l’aspetto teologico. Molte coppie omosessuali rivendicano semplicemente l’uguaglianza davanti alla legge, per quanto riguarda i visti, e l’immigrazione, ad esempio. L’approvazione del matrimonio gay è vista in primo luogo come la massima conferma di questa uguaglianza. Formare una coppia gay richiede, a lungo termine, una immensa energia, e gli ostacoli di carattere legale fanno spesso naufragare questi progetti di questo genere.
Le deprimenti parole di un vescovo di Malta mostrano bene la mentalità alla base di questi ostacoli: « Secondo i secolaristi, il matrimonio è soltanto un contratto legale in vista della salvaguardia del benessere emotivo delle parti, che siano dello stesso sesso o di diverso orientamento sessuale. La permanenza, l’esclusività, l’apertura alla vita non appartengono a quel tipo di matrimonio dove tutto è negoziabile. Tutto dipende dalla volontà e dal consenso delle parti coinvolte in quest’esperienza» [14]. Il riferimento qui al « benessere emotivo » è ben meno paterno e benevolo dell’espressione del Dio jahvista per cui « Non è bene per l’uomo essere solo» (Genesi 2, 18). Questa repressione dell’amore è una tragedia sociale, una delle tante che hanno segnato la storia dell’omosessualità.
Sul piano civile, l’argomento principale addotto contro il matrimonio gay è che modifichi la definizione di matrimonio, nuocendo così all’istituzione stessa. E’ un argomento che ho delle difficoltà a comprendere e a valutare. Mi sembra che il divorzio abbia già aperto un varco nel concetto tradizionale di matrimonio nelle nostre società. Soprattutto il ruolo essenziale svolto dalla volontà e dal consenso nel matrimonio moderno, che il vescovo maltese sembra criticare ha annullato molti aspetti dell’antica cultura del matrimonio che oggi ci appaiono opprimenti.Si potrebbe sostenere che l’introduzione del matrimonio gay si ponga nel senso opposto al divorzio, promuovendo rapporti stabili e monogamici.
Alcuni teologi morali si chiedono se il matrimonio convenga davvero agli omosessuali e se non sia un po’ più facile accoglierlo come « soluzione » ai loro « problemi » etici. Il libertinaggio inveterato del gay – o del maschio ? – può accomodarsi nei limiti di una istituzione creata per delle necessità che niente hanno a che fare con gli interessi omosessuali? D’altro canto, molti omosessuali, affezionati alla libertà carnevalesca e dionisiaca della cultura gay resistono ad un progetto sociale volto a fare «dell’uomo gay una donna onesta».
Paventano una situazione nuova in cui l’amore per una persona dello stesso sesso può avere delle conseguenze tanto serie come quelle tradizionalmente associate all’amore per l’altro sesso. Le proposte di matrimonio non appartenevano né alla vita né ai sogni dei gay fino a poco tempo fa. Dire « io vivo con un altro uomo » diventerà una confessione di dubbia moralità che attirerà la replica «perché non consacrate la vostra unione rendendola ufficiale? ». Il dramma coniugale dell’umanità, di cui la letteratura sottolinea soprattutto gli aspetti più tristi diventerà adesso il traguardo degli omosessuali.
L’opportunità del matrimonio omosessuale ha così completamente cambiato le coordinate pratiche della vita privata di molti preti cattolici. Allo stesso modo di centinaia di migliaia di loro confratelli eterosessuali che hanno lasciato il ministero per sposarsi, perché la loro amante non accettava l’insicurezza e la clandestinità del concubinato, dei preti omosessuali stabili (nel migliore dei casi) in « un’amicizia matura e discreta», forse con l’approvazione dei loro superiori, si trovano costretti a scegliere tra il ministero e la vita di coppia.
Tali questioni, e il famoso « problema dell’omosessualità », si pongono oggi in termini pratici, più frequentemente, piuttosto che in termini morali o psicologici. Ci si preoccupa meno delle ortodossie teoriche e ci si pone più direttamente la questione « come vivere? » si cercano delle soluzioni che permettano una saggia distribuzione delle energie affettive e sessuali. Questo pragmatismo non sembra salutare, e mi domando se le nostre istituzioni matrimoniali tradizionali non siano state costruite nella stessa maniera nel corso della storia.
Superare il manicheismo
Se si ripercorre il ragionamento fino al livello dell’ontologia, il princìpio che sant’Agostino oppone al manicheismo, quello della bontà fondamento dell’essere, trova una buona applicazione : «Sono lungi dall’essere sani di mente, coloro ai quali non piace una cosa che Tu hai creato» (Le Confessioni VII, 20). Agostino difendeva la bontà del matrimonio contro i manichei, sottolineando la molteplicità dei «beni» che questa unione realizzava, in aggiunta alla sua utilità come «rimedio alla concupiscenza». Proseguendo nella stessa direzione antimanicheista, non si può affermare che una relazione omosessuale, compresa un’amicizia casta come quelle che si ammirano in certi santi, possa apportare in maniera analoga quei beni, fides, proles, sacramentum, fedeltà, bambini, segni dell’amore divino? Per proles si può leggere « creatività ».
Si osserva spesso come il partner più ricco investa spesso ricchezze finanziarie e umane per la felicità del suo compagno. Senza addentrarci nella questione dell’omogenitorialità, evidenzio che «due uomini insieme possono sfidare il mondo » [15] (E.M. Foster, Maurice, 1914) e possono avere una forza generatrice che supera quella dei celibi: prendiamo per esempio l’amicizia fra il grande compositore Benjamin Britten ed il tenore Peter Pears, interprete edispiratore delle sue opere. La Chiesa non poteva benedire questa relazione, ma è difficile non riconoscervi un segno dell’amore divino.[16]
Certo, si dirà, non è l’amicizia che turba, ma gli atti sessuali tra persone dello stesso sesso. Quel che si rimprovera loro, nel dibattito cattolico, è che questi separano la sessualità dalla procreazione. Ancora una volta ammetto che il peso di questo argomento mi sfugge. In teologia la condanna dell’omosessualità è fondata sull’idea che essa vada contro l’ordine di natura (anche se San Tommaso osserva che l’istinto omosessuale possa essere connaturale).[17] Si spiega questo desiderio disordinato come nel caso della «concupiscenza» invocando il peccato originale. Qui è contro Agostino che bisogna seguire l’ispirazione antimanicheista. La carne è una creazione per cui tutto si è fatto per sminuirne la radiosa bellezza, la «grazia del corpo» [18]. Si può correggere ciò elevando al cielo l’atto coniugale, continuando allo stesso tempo a dipingere ogni atto sessuale fra due uomini o due donne di tinte demoniache?
Anche ammettendo una versione molto rigida della legge naturale, che non saprebbe accettare l’espressione fisica dell’amore omosessuale, è ancora possibile far valere l’idea che« l’amore copre una moltitudine di peccati » (1 Pietro 4, 8). La Chiesa ha accettato solo recentemente il carattere non peccaminoso dei rapporti coniugali, senza cessare di ammonirci contro l’adulterio in costanza di matrimonio. La testimonianza di coppie omosessuali che confermano che gli atti fisici approfondiscono e rafforzano la loro unione intima, non può essere ascoltata da una Chiesa che si trincera nella posizione di un netto rifiuto. Il risultato di queste ambiguità è un grave discorso eterosessuale, concretizzato nella « Teologia del corpo » di Giovanni Paolo II, incapace di volgersi alle questioni sessuali con la delicatezza e il tatto desiderati.
La psicanalisi ha ereditato l’associazione fra sessualità e peccato originale, trattando l’omosessualità come un fallimento– le cui origini sono da ricercare in qualche dont il faut « crollo » infantile. La scoperta degli istinti e dei comportamenti omosessuali in tutto il regno animale è spesso menzionata a dimostrazione del carattere naturale dell’attrazione omosessuale.
Gli psicanalisti obiettano che ciò annulli la libertà di scelta, trasformando la sessualità in qualcosa di meccanico e predeterminato, indicsando la manipolazione genetica come mezzo per sopprimere il gene dell’omosessualità. Gli psicanalisti contemporanei cercano sempre di interpretare l’omosessualità in relazione con qualche segreto familiare risalente ai primi anni di vita, non più come una caduta o un fallimento tuttavia. Difendono «la dignità di una scelta inconsapevole quand’anche precoce».[19]
L’omofobia, da parte sua, può avere radici arcaiche e profonde, ma il cristianesimo non doveva trasformare questa antica fobia invece di soccomberle? La costruzione della sodomia in teologia cristiana non ha receduto davanti ad alcuna strategia di demonizzazione rafforzandosi anzi con i roghi dell’Inquisizione – una delle prime azioni dei missionari a Goa e Manila fu la condanna al rogo dei sodomiti. Le basi di questa costruzione nella violenza, nella paura e nell’odio si percepisce anche in san Giovanni Crisostomo, che doveva far fronte a quel che rimaneva dell’antica libertà dei costumi ad Antiochia e Costantinopoli. La sua voce sublime si è rivelata una benedizione per la Chiesa, ma una maledizione per ebrei e omosessuali. Ecco le sue osservazioni :
Tutte le passioni sono indegne, ma soprattutto la sodomia (kata tôn arrhenôn mania – la mania per gli uomini)… Guardate che espressioni energiche usa l’apostolo! Non dice che che si sono amati (êrasthêsan), desiderati (epethumêsan) a vicenda ;ma : « Sono arsi di desiderio l’uno per l’altro »… Hanno messo in atto il peccato, non solo messo in atto ma anche con ardore. Non parla di desiderio, ma proprio di «infamia»; hanno oltraggiato la natura e calpestato le leggi… Il demonio, accorgendosi che il desiderio portava soprattutto un sesso verso l’altro, si è adoperato per spezzare questo legame; di modo che il genere umano si volgesse alla sua distruzione, non solo per la mancata procreazione ma anche come risultato del conflitto regnante tra i sessi (San Paolo) prova loro che la voluttà racchiude in sé stessa il castigo. Se essi non la avvertono, se anche gioiscono, non stupitevi: i furiosi, gli impetuosi, anche ferendosi e maltrattandosi miseramente, suscitando la pietà degli altri, ridono e sono felici di ciò che fanno… Si ritroverà questa malattia in molti altri libri di filosofi… Se si condannasse una giovane ad ammettere degli sciocchi animali nel suo letto virginale ad avere commerci con loro e che ci provasse piacere, non sarebbe da commiserare tanto più che la mancanza di vergogna renderebbe la sua malattia incurabile? Affermo che questi uomini sono più punibili che degli assassini…
Questo crimine supera tutti quelli che voi possiate nominare… Non direi soltanto che siate divenuti donna; ma aggiungerei che voi abbiate cessato d’essere uomo Meritate di essere scacciati, lapidati da uomini e donne… Eccovi mutati, non in cane, ma in un animale ben più vile … Gli eunuchi , anche dopo la castrazione, sono ancora utili; mentre niente è più inutile dell’uomo mutato in prostituta… Quanti inferni ci vorrebbero per loro?
Se questa parola, inferno, vi va ridere, vi rende increduli, ricordate le fiamme che consumarono Sodoma… Considerate l’enormità di questo crimine, che ha reso necessaria una visione anticipata dell’inferno… Cosa c’è di più infame? Oh furore! Oh delirio! Oh esseri più irragionevoli dei bruti, più impudenti dei cani! Ché neanche tra gli animali si possano vedere queste unioni! (Omelie sulla Lettera ai Romani, IV ). [20]
Questa visione terrificante resta viva nell’immaginario cristiano e musulmano, che l’abbraccia con virtuosa soddisfazione. E’ in suo nome che oggi si impiccano degli adolescenti in Iran. In abbinamento alla retorica antisemita, essa ha ispirato la costruzione delle «anticipazioni dell’infernoۚ» nei regimi totalitari nel secolo scorso. Quando i nostri vescovi esprimono la loro «compassione» per le «sofferenze » degli omosessuali , sono lontani dal pensare che la Chiesa ne è la causa, e frequentemente sottintendono, in linea con la visione crisostomiana, che sia l’omosessualità, in quanto tale, a causare tali sofferenze.
Nauseati da tutto questo, si arriva a chiedersi se la Bibbia sia un libro di morte. La Chiesa ci insegna a leggere la Bibbia con discernimento, valutandola con il parametro della legge naturale e dei valori evangelici, e ponendo l’accento sui testi che ne fanno un libro di vita. Pertanto, il Vaticano non esita a citare , nel caso dell’omosessualità, dei versetti isolati, come Romani 1, 26-7 con la loro strana eziologia dell’orientamento sessuale, nello stesso stile dei fondamentalisti. Non pensa a ricercare all’interno dei Vangeli, una visione più integrale della vita e dei valori da rivendicare chiedendo il rispetto per le coppie.
Ai nostri giorni, la Chiesa conosce un grave deficit escatologico e non è del tutto in grado di sposare la dinamica dell’annuncio evangelico del Regno di Dio . Questo Regno ha il volto di una comunità inclusiva, che supera le barriere tra caste, nazioni, sessi. Include la persona nella sua integrità, compresa la sessualità. La Chiesa non indica questo Regno quando chiede ai fedeli di nascondere o dimenticare la loro sessualità e di provare in merito un perenne disagio.
Riconsiderare il matrimonio
Si è atteso al lungo un cambiamento radicale nella dottrina cattolica. La mancata evoluzione del dibattito risulta in larga misura dai provvedimenti disciplinari messi in atto contro i «dissidenti», quali Charles Curran, John McNeill, Jeanne Gramick, che non accettavano Persona Humana (1976) et Homosexualitatis Problema (1986). Chi nella Chiesa di oggi vuole esercitare i diritti umani quali la libertà di opinione, libertà di espressione, libertà pubblicazione, di coscienza deve essere pronto a pagare il prezzo della scomunica. Questo renderebbe la speranza di un «grande ribaltamento» invocata da James Alison, il più influente teologo cattolico gay del momento nel titolo della sua ultima opera, pura utopia?[21] Forte è la riluttanza a questo interrogativo, in quanto essa l’implica l’ammissione di un grave errore in un campo che riguarda ogni essere umano, la sessualità. Comporta anche l’impegno a riconsiderare tutto e rivalutare le azioni del passato come degli sforzi temporanei tesi a comprendere i valori dell’amore e metterli in pratica. Molte domande chiuse ridiventerebbero interrogativi aperti, delle quaestiones disputatae . [22]Forti delle loro logiche e di duemila anni di tradizione di cui si sopravvaluta l’omogeneità e la razionalità, gli ecclesiastici si ostinano nel loro atteggiamento irremovibile. Ma sarà questa un’ altra definizione della cecità?
Nella ricerca di un fondamento ontologico a queste questioni morali e pratiche, diverse sono le possibili soluzioni. Il teologo cattolico in cerca della giusta via si farà guidare dalla bussola della tradizione biblica e patristica, che accorda uno status superiore all’unione eterosessuale monogamica (riconosciuta, a certe condizioni come sacramento della Chiesa romana dal Medioevo). Ma questa tradizione può indurlo sia a restare scettico rispetto al matrimonio gay, sia al contrario ad accoglierlo come estensione dei valori coniugali. Niente di definito, poichè il dibattito comincia appena a prendere forma tra le varie possibilità in gioco. Mi limiterei, in conclusione, a segnalarne qualcuno:
(1) Il modello tradizionale della monogamia, ancora tanto celebrato dalla nostra cultura, resta la forma essenziale del matrimonio. I matrimoni gay devono conformarsi ad esso nei limiti del possibile. Si dirà che in pratica la gran parte dei matrimoni gay, nella loro infinita varietà e nelle loro numerose sconfitte, non realizzano questo ideale se non in forma molto imperfetta. Spesso le coppie omosessuali, avendo dovuto superare molti ostacoli per costruire la loro vita insieme, incarnano questo ideale meglio ancora delle copie eterosessuali. Secondo questa visione essenzialista, il matrimonio gay, se teso a formare una famiglia, deve anche tenere conto dei figli. Le controversie etiche più accese del cattolicesimo riguardano senza dubbio il diritto delle coppie omosessuali all’adozione, piuttosto che le varie possibilità della fecondazione assistita.
(2)L’ideale tradizionale è in crisi, ed è una crisi salutare. La popolarità dei Pacs come alternativa al matrimonio ne è la dimostrazione. Una nuova cultura del matrimonio si sta sviluppando e le coppie gay e lesbiche svolgono un ruolo essenziale in questo processo. L’arcivescovo Joseph Kurtz, portavoce dei vescovi americani su questo tema, nega alla Chiesa ogni diritto di ridefinire il matrimonio, la cui struttura e teologia sono state definite da Dio sin dal principio. Ma ciò sembra incompatibile con le evoluzioni che il matrimonio ha conosciuto nel corso della storia, dal patriarca Giacobbe e le sue quattro mogli, madri delle dodici tribù d’ Israele. Questo carattere pluralista della cultura matrimoniale suggerisce che ci sia in buona misura una costruzione culturale di cui possiamo condurre un riesame;
(3) Il matrimonio eterosessuale e le coppie omosessuali sono di natura diversa, ciascuno fondato sui propri princìpi e dinamiche. Questa differenza può essere considerata foriera di disuguaglianza sul piano ontologico ( che può coesistere a una parità sul piano legale). O meglio si può affermare l’eguaglianza dei due nella diversità. Ciò consente di lasciare da parte il fardello che l’ egualitarismo matrimoniale, ideologia puritana, ha imposto di recente agli omosessuali, obbligati a dimostrarsi al pari degli altri. Delle ricerche storiche, non soltanto in Europa ma in tutte le culture, potrebbero accendere l’immaginazione, suggerendo altri modelli o paradigmi per le unioni fra persone dello stesso sesso, mettendone in risalto il carattere distintivo;
(4) Non c’è alcuna essenza del matrimonio, che è semplicemente un accordo legale e finanziario. Su questo piano si giustifica la monotona insistenza sull’« uguaglianza matrimoniale » negli Stati Uniti, che fa eco alle lotte antirazziste. Quando questo diventa un dogmatismo, esigendo una sospensione della riflessione sulla natura del matrimonio in generale, provocando le ire ideologiche, è bene resistervi, così come alla rigidità di una politica identitaria che sgombra l’oscuro campo della bisessualità.
Certamente questi approcci al matrimonio si potrebbero moltiplicare. Non dobbiamo aver paure delle questioni irrisolte che qui si pongono, ma esaminarle con tranquillità, cercando di mantenere dei solidi valori umani. Che queste riflessioni, indubbiamente preoccupate da un passato cattolico e clericale, possano incoraggiarne altre per costruire una visione più assertiva dell’esperienza omosessuale come luogo teologico.
* Joseph O’Leary è un teologo irlandese, autore di Religious Pluralism and Christian Truth (“Pluralismo religioso e verità cristiana”, ed. Édimbourg, 1996) e de L’art du jugement en théologie (L’arte del giudizio in teologia, ed. Le Cerf, 2011). Ha scritto ampiamente su questioni di identità sessuale. E’ professore di letteratura all’Università Sophia di Tokyo
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[1] Intervista di Radio Vaticana, 29 novembre 2005, in riferimento all’ Istruzione della Congregazione per l’educazione cattolica sui criteri di discernimento vocazionale in merito allepersone con tendenze omosessuali in vista dell’ammissione al seminario e agli ordini consacrati, 4 novembre 2005. Vedi J. S. O’Leary, « Vatican Instruction, Church Reception », The Japan Mission Journal 59 (2005) : 263-9.
[2] Qualche stralcio del suo discorso : « La volontà di mettere in discussione norme e costanti della società in nome dell’omosessualità si rivela evidentemente una dissoluzione sociale. L’omosessualità non può essere una scommessa politica come si lascia attualmente intendere, a meno di essere demagogia ed istinto suicida in una società depressa che misconosce i suoi riferimenti fondamentali » (La Documentation catholique, n. 2298, 7 et 21 septembre 2003, p. 810). « Siamo arrivati ad una situazione assurda non solo al punto di fare dell’omosessualità la norma ma anche di voler commettere un crimine quando alcuni rivendicano delle sanzioni per l’omofobia. Un concetto confuso e perverso che decreta l’impossibilità di esprimere una critica o fare dello spirito sull’omosessualità senza essere accusati di omofobia, riconosciuta come reato quando è soprattutto un’interpretazione proiettiva » (p. 811). «Siamo in presenza di un’ “eresia” antropologica paragonabile a quella dell’arianismo e davanti a un nuovo conflitto di idee che sarà più costoso del marxismo » (p. 805-806). « La banalizzazione dell’omosessualità è tanto più inquietante perché si tratta di un fenomeno minoritario e marginale… Siamo in una società dell’apparenza in cui si pretende, in nome della tolleranza e della superficialità diffuse, che tutto abbia lo stesso significato e lo stesso valore » (806). Vedere anche, Tony Anatrella, Il Regno di Narciso, una società a rischio di fronte alla differenza sessuale negata San Paolo edizioni, 2014.
[3] Philippe Lefebvre, « Le sexe du prêtre : affaire de divan ou de divin ? Questions à l’auteur du Règne de Narcisse », Lumière et vie, no 269, mars 2006, p. 101-109.
[4] E’ l’incipit della Lettera ai vescovi della Chiesa cattolica sulla collaborazione dell’uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo, Congregazione per la dottina della fede, 31 luglio 2004.
[5] European Info Press, 12 luglio 2010.
[6] Jerusalemer Nachtgespräche, Freiburg, Herder, 2008.
[7] L’Europa, 30 janvier 1976 ; voir Paul Surlis, « Theological Note », Commonweal, 22 septembre 2000.
[8] Dichiarazione dell’arcivescovo Celestino Migliore davanti alle Nazioni Unite, New York, 19 dicembre 2008.
[9] Avortement/homosexualité/mariage.
[10] James Martin, sj, blog d’America Magazine, 17 maggio 2010.
[11] http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_20030731_homosexual-unions_fr.html
[12] Jacques Lacan, Il seminario, libro XVII : Il rovescio della psicanalisi, Paris, Le Seuil, 1991, p. 69-70. Ringrazio Philippe Kong per questo riferimento. La ferocità tautologica può apparire come ira sacra « Nella sua interrogazione a questo popolo eletto, la caratteristica di Yahvé è di ignorare ferocemente tutto ciò che esiste nel momento di annunciarsi, in merito a pratiche religiose allora diffuse, e fondate su un certo tipo di sapere, quello sessuale » (ibid., p. 158).
[13] Ciò mi ricorda una poesia di Paul Durcan, in cui i vescovi mettono in guardia dalla fotografia a colori, che produce «una seria distorsione della realtà. Le immagini a colori mostravano la realtà come ricca e variegata, mentre in realtà è il contrario Bisognerà proteggere la natura bianca e nera della realtà » (« Irish Hierarchy Bans Colour Photography », The Penguin Book of Contemporary Irish Poetry, éd Peter Fallon et Derek Mahon, Londres, Penguin, 1990, p. 277).
[14] Msgr Mario Grech, in 4 luglio 2010. Vedere anche il cardinal Bergoglio in Argentina, che così si pronuncia sul matrimonio gay (approvato dal Senato argentino il 15 luglio 2010) : « Non siamo ingenui. Non è questione di semplice lotta politica; è una contestazione distruttiva del disegno di Dio… una macchinazione del Padre delle menzogne, volta ad ingannare i figli di Dio» (Lifesitenews.com. 9 juillet 2010). Il presidente argentino replica : « espressioni come “guerra di Dio”, o “ progetto del demonio” rinviano al tempo dell’Inquisizione, soprattutto quando vengono da chi dovrebbe operare per la pace, la tolleranza, la diversità e il dialogo… si direbbe di essere ai tempi delle Crociate. » Migliaia di giovani cattolici hanno manifestato contro la nuova legge; bisogna rammaricarsi che la chiesa non sappia più ispirare impegno per la giustizia sociale.
[15] E. M. Forster, Maurice, Londra, 1971 (scritto nel 1914).
[16] Si possono trovare le radici di questa visione nella tradizione cristiana ; vedi John Boswell, Same-Sex Unions in Premodern Europe, New York, Villard, 1994, soprattutto testi di cerimnie per sancire l’unione fra persone dello stesso sesso (p. 291-341).
[17] Summa theologica I-II, q. 31, a. 7 ; «connaturale a certi aspetti », La Somme théologique, t. 2, Paris, Le Cerf, 2003, p. 220.Il testo è citato con un riferimento scorretto (q. 37 invece di q. 31) da John Mcneill nella sua celebre opera, The Church and the Homosexual, 4e éd., Boston, Beacon, 1993. Non è un testo pro-omosessuali, in quanto S.Tommaso dice la stessa cosa della bestialità e del cannibalismo.
[18] Rowan Williams, « The Body’s Grace »,in Theology and Sexuality, Eugene F. Rogers, Oxford, Blackwell, 2002, p. 309-321.
[19] Philippe Kong, communication personnelle.
[20] San Giovanni Crisostomo, Œuvres complètes, Paris, M. Jeannin, 1861, t. 10, p. 209-212. Fra i predecessori di questa tradizione retorica si conterà Filone e Clemente alessandrino , fra i successori S.Pier Damiani. Mark D. Jordan si è lungamente impegnato nell’analisi di questi tristi scritti in luogo delle attuali ipocrisie del clero. Si veda The Invention of Sodomy in Christian Theology, University of Chicago Press, 1998, e The Silence of Sodom: Homosexuality in Modern Catholicism, University of Chicago Press, 2000.
[21] James Alison, Broken Hearts and New Creations: Intimations of a Great Reversal, Londres, dlt, 2010.
[22] Vedere Luke T. Johnson, « Homosexuality, Scripture, and Tradition », Commonwealth, 15 giugno 2007.
Titolo originale: La théologie catholique face au mariage homoséxuel