L’odio non appartiene a Dio. Sull’omelia del parroco di Barrafranca
Riflessioni di Massimo Battaglio
Con una cadenza quasi regolare, ci tocca registrare il discorso di qualche prete che trasforma la propria omelia in un’incitazione all’odio omofobo.
Domenica 27 dicembre scorso è stato il turno di don Salvatore Nicolosi, parroco di Barrafranca, in provincia di Enna, ma non è certo un caso isolato. Nulla di nuovo.
La novità sta nel fatto che non siamo più disposti a fare spallucce. Così, qualcuno ha iniziato a divulgare la registrazione della predica in questione e la notizia ha attraversato i media. Ne hanno parlato Fanpage, Il Giornale di Sicilia, e poi Repubblica. Riportiamo i tratti che ci riguardano:
“La famiglia (è) fondata sull’unione di un uomo e una donna. Ogni altro tipo di unione – come già diceva una persona senza nemanco tanta cultura – è contronatura. Queste unioni sono contronatura. Si vantano, oggi, di quello di cui dovrebbero vergognarsi, come c’è scritto nella Bibbia. Mi capite?”
Il comitato Arcigay di Catania, Enna e Caltanissetta ha immediatamente reagito con un comunicato pubblicato inizialmente su La Sicilia e poi su molte altre testate. Lo trascriviamo:
“È singolare che, in circostanze tragiche come quelle che stiamo vivendo, con molte famiglie che non hanno potuto avere i loro cari a Natale perché stroncati dal Covid, e con tanti che vivono queste festività con apprensione perché hanno un parente ricoverato, don Nicolosi abbia ritenuto di rivolgere questo attacco alle persone lgbt+ e alle loro famiglie, e proprio durante una celebrazione dedicata alla famiglia.
Non c’è nulla di contronatura nelle nostre unioni, ancora una volta occorre ribadirlo. La stessa Organizzazione mondiale della Sanità dovendo definire l’omosessualità ha scelto di farlo con le parole “variante naturale del comportamento umano”.
Quello del sacerdote, dunque, è un vero e proprio discorso d’odio, che crea inutili divisioni all’interno della comunità e rischia di provocare dolore alle persone lgbt+ di Barrafranca e alle loro famiglie. Ed è ancora più singolare che il sindaco stesso, Salvo Accardi, prenda le difese del parroco, nascondendosi dietro l’ipocrisia della libertà di pensiero, leggendo persino una enciclica dimenticando che rappresenta un’istituzione laica e non il Vaticano. Siamo certi che i cittadini barresi non la pensino come lui. In molti, infatti, ci hanno scritto per segnalare l’episodio e per prenderne le distanze. A loro va il nostro plauso e la nostra solidarietà”.
Personalmente, sono del tutto d’accordo con Arcigay e penso di poter estendere il mio pensiero a tutta la comunità di Gionata. Ma credo che, anche da un punto di vista squisitamente ecclesiale, l’omelia di don Salvatore vada segnalata come piena di errori e di abusi.
Parto dalle parole “come c’è scritto nella Bibbia”.
La Bibbia non dice, da nessuna parte, che le persone omosessuali che vivono un’unione stabile debbano “vergognarsi”. Abbiamo sottolineato mille volte, sostenuti anche da autorevoli biblisti, che nessuno dei passi tradizionalmente citati per sacralizzare l’omofobia, condanna davvero l’amore omosessuale. Men che meno, le Scritture criticano le unioni tra persone dello stesso sesso. E non potrebbero farlo neanche sforzandosi, dal momento che, a quei tempi, semplicemente non esistevano.
Per capire quale fosse il pensiero di Gesù e della Chiesa primitiva in materia, occorre quindi un lavoro di ricerca serio e onesto, che non si limiti a spulciare otto versetti piuttosto ambigui, sui quasi trentaduemila di cui la Bibbia è composta. Altrimenti, se l’esegesi biblica si riduce a un’operazione così banale, potremmo anche noi inalberare passaggi in nostra difesa. Potremmo per esempio parlare della relazione amorosa tra Davide e Gionata, che il Signore non maledice affatto. O saremmo autorizzati a far notare che Gesù benedice l’amore, sicuramente sessuale, tra il centurione e il suo giovane servo.
Ma la Bibbia non si spizzica come le tartine di un aperitivo, nè si usa come una clava per darsi colpi gli uni contro gli altri. Ha un centro da cui tutto parte, che per noi è la morte e risurrezione di Cristo, e in cui tutto si riassume. Il comando centrale di Gesù è chiarissimo:
“Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15,12-13)
Questo comandamento, ripetuto in tutti i Vangeli con minime variazioni, non può essere contraddetto. I sinottici lo ripetono chiaramente: “Non c’è altro comandamento più importante di questi” (Mc 12,31); “Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti” (Mt 22,40). Nessuna nostra speculazione mentale può negare o sminuire queste precise istruzioni di Gesù. Dunque, se le nostre teorie arrivano a impedire un amore, le nostre teorie sono semplicemente sbagliate.
Ma approfondiamo il termine “vergogna”.
Prima che nell’omelia di don Nicolosi, compare nelle scritture per ben 163 volte. Non è dunque difficile comprenderne il significato: indica generalmente il senso di colpa che si prova quando si è compiuto un atto incoerente coi propri principi. La “vergogna” biblica è, in qualche senso, sorella dell’ipocrisia. Perché dunque dovrebbero vergognarsi due persone omosessuali che non fanno altro che seguire la loro natura, amandosi come viene loro naturale amarsi e prendendosi un impegno reciproco, cioè dando la vita l’uno per l’altro?
E infatti, in nessun caso, il termine “vergogna” è associato a comportamenti omosessuali. Voglio essere più preciso: esiste un caso (Ger 6,15) in cui la vergogna è associata ad alcuni atti di abominio: “dovrebbero vergognarsi dei loro atti abominevoli ma non si vergognano affatto”. Dunque, un azzeccagarbugli potrebbe dire che, essendo “abominio” il “coricarsi con un uomo come si fa con una donna” (Lv 18,22), Geremia stia invitando le persone omosessuali a vergognarsi. Solo che il profeta dice esplicitamente quali sono i comportamenti abominevoli a cui si riferisce. Condanna coloro che “commettono frode, praticano la menzogna, dicono: pace, pace! ma pace non c’è”. Mi spiace per don Salvatore e per la sua omelia ma non riesco proprio a identificarmi in questa categoria di persone. Anzi: trovo le sue parole profondamente offensive e gli ricordo che lo stesso Geremia condanna duramente chi offende il proprio fratello.
Altro termine offensivo: “contronatura”
Fa bene Arcigay a ricordare che l’Organizzazione mondiale della Sanità definisce l’omosessualità come una “variante naturale del comportamento umano”. E fanno malissimo coloro che provano a controbattere che il termine “contronatura” non si riferisce al senso di natura tipico della scienza ma a quello della teologia, che indica il destino ultimo dell’uomo.
Premettiamo che il destino dell’uomo è la gioia, non la frustrazione: “Vi ho detto queste cose, affinché la mia gioia dimori in voi e la vostra gioia sia piena”. (Gv 15,11)
Ma soprattutto, chiariamoci bene: la teologia non può ignorare la scienza, che è un dono dello Spirito. Negandola, si finisce per smentire la Verità. Se dunque un termine teologico viene messo in crisi dalla ricerca scientifica, è il termine teologico, a doversi aggiornare. E non si può nemmeno chiamare in causa una presunta tradizione o un presunto magistero, perché è proprio il magistero, e precisamente la costituzione conciliare “Dei Verbum”, ad affermare che la tradizione “progredisce nella Chiesa”, cioè si aggiorna, affina le proprie conoscenze, trasforma il suo linguaggio in funzione del progredire dell’umanità. “Cresce infatti la comprensione, tanto delle cose quanto delle parole trasmesse, sia con (…) lo studio dei credenti (…), sia con la intelligenza data da una più profonda esperienza” (DV 8).
Se la Chiesa continua a praticare un linguaggio tutto suo, usando parole il cui significato comune ha subito mutazioni enormi, la Chiesa tradisce la tradizione, quella stessa tradizione che vuole difendere. In particolare, il termine “contronatura”, nel linguaggio comune, indica tutto ciò che distrugge la natura. Contro natura è l’inquinamento, è la guerra; contronatura è il negare alle persone il sacrosanto diritto di amarsi. Contronatura è chi cerca di convincere gli altri dicendo che le persone omosessuali siano contronatura.
Un’omelia irrispettosa
Oltre a evidenziare una totale ignoranza in materia biblica e teologica, l’omelia di don Nicolosi è anche contraria al Magistero. Non solo perché nessuno dei termini usati compare negli ultimi documenti che riguardano l’omosessualità ma perché si fa un baffo di ciò che è esplicitamente scritto nientemeno che nel Catechismo. Il quale, seppure superato per certi versi, è inequivocabilmente attuale per altri:
“(Le persone omosessuali) devono essere accolte con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione”. (CCC 2358)
L’attualità di questa affermazione è ribadita con forza dal Sinodo dei Vescovi sulla famiglia e poi da papa Francesco nell’enciclica Amoris Laetitia, dove si legge:
“ho preso in considerazione la situazione delle famiglie che vivono l’esperienza di avere al loro interno persone con tendenza omosessuale, esperienza non facile né per i genitori né per i figli. Perciò desideriamo anzitutto ribadire che ogni persona, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare «ogni marchio di ingiusta discriminazione» e particolarmente ogni forma di aggressione e violenza”. (AL 250)
Don Nicolosi, se vuole davvero obbedire alle direttive ecclesiastiche, sarà quindi contento di usare d’ora in poi parole e toni un po’ meno odiosi e più delicati.
Un’omelia abusiva
La Costituzione sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, dice diverse cose su che cos’è un’omelia. In particolare:
“L’omelia è parte dell’azione liturgica. In essa, nel corso dell’anno liturgico, vengano presentati i misteri della fede e le norme della vita cristiana attingendoli al testo sacro” (SC 52)
Sullo stesso tema, i Princìpi e Norme per l’Uso del Messale Romano sono ancora più precisi.
“L’omelia (…) deve consistere nella spiegazione di qualche aspetto delle Letture (…), o di un altro testo dell’Ordinario o del Proprio della Messa del giorno, tenuto conto sia del mistero che viene celebrato, sia delle particolari necessità di chi ascolta”. (PNMS 65)
Dove ha trovato, il reverendo Nicolosi, nelle letture di domenica scorsa o nelle preghiere del tempo di Natale, l’ispirazione per un anatema contro le unioni omosessuali? Dedurre, dal vangelo della “presentazione al tempio”, una condanna dell’omosessualità, non è un po’ sperticato?
Concludendo
Potremmo anche prendere l’omelia di don Salvatore e riporla dove merita: nel dimenticatoio. Si potrebbe estrarre un passaggio del suo stesso discorso e rivoltarglielo contro: “come già diceva una persona senza nemanco tanta cultura”. Come possiamo infatti prendere sul serio gli insegnamenti degli ignoranti?
Ma non è più tempo. Quando un discorso, chiunque lo faccia, incita anche inconsapevolmente all’odio, va condannato. E non si può chiamare in causa la “libertà di espressione” o la necessità di spiegare una dottrina religiosa. Perché l’odio non appartiene a Dio.