L’omofobia che non ci lascia amare
Riflessioni inviateci da Fabio
Quanto spesso si sente parlare di omofobia sui giornali! Atti di violenza su persone dello stesso sesso che si tengono per mano, insulti, bullismo nelle scuole verso ragazzi omosessuali o presunti tali. Frammenti di una società che ha fatto passi avanti, ma che ha tanta violenza repressa e che la sfoga su ciò che talvolta è visto ancora come il “diverso”, l’ “anormale”, e non come una semplice variante, al pari dell’avere l’iride azzurra piuttosto che castana.Non dimentichiamoci tuttavia di quell’omofobia che non ci lascia amare, non vuole dare i nomi giusti alle cose, che sa spacciare anni di amore latente per un’ “amicizia speciale”, che nemmeno di fronte ai più evidenti segni e sentimenti reciproci di dolcezza, tenerezza e donazione di sé ha il coraggio di riconoscere la bellezza e la possibilità che questo sentimento possa esistere anche tra persone dello stesso sesso. Vorrei solo lasciarvi alcune briciole e spunti di riflessione sulla base di un’esperienza personalmente vissuta e sofferta, ove il centro della rottura di un legame di intensità più unica che rara risiede proprio in questa omofobia, dai tecnici chiamata “interiorizzata”, che può anch’essa ferire e lasciare segni di lacerazione e della quale ne sono portatori gli omosessuali stessi, consapevoli o inconsapevoli.
Un amore mascherato di amicizia, che in alcuni casi pareva trovasse equilibrio, ma inevitabilmente in tante occasioni, da quelle quotidiane a quelle saltuarie, si rivelava per quello che esso era veramente. E lo era in maniera molto forte, se non fosse per il fatto che non era libero. Gli argini di un fiume in piena faticano a reggere per lungo tempo l’impeto delle acque e, quando inevitabilmente vengono sommersi, lasciano spazio a quello che naturalmente sarebbe il corso del fiume. Quando l’evidenza del sentimento raggiunge espressioni e valori massimi, che nemmeno gli argini più robusti possono contenere nella definizione “amicizia”, l’atto più naturale è vivere, o meglio, volare secondo quello che il sentimento è veramente. E invece l’omofobia ci fa fuggire.
Spesso la famiglia e i contesti sociali nei quali si è inseriti, al giorno d’oggi, non possono dichiarare o assumere posizioni omofobe. Un genitore che non accetta l’omosessualità del figlio è un mostro agli occhi del mondo moderno ed evoluto d’oggi. Gli amici che non approvano le propensioni affettive omosessuali sono retrogradi e provinciali. Un contesto sociale che esprime dubbi in merito alla possibilità di nuove forme di focolare domestico è spesso attaccato e stigmatizzato. La società spesso ci impone il “politically correct”: si DEVE essere contro ogni discriminazione, di qualunque tipo essa sia, si DEVE accettare tutto ed essere aperti verso tutto, altrimenti si è retrivi, conservatori e limitati. Ma per quanto una finta apertura, un finto “basta che lui sia felice”, lo si possa mascherare e sbandierare esteriormente, non sempre si ha la forza o la volontà di pensare o di lavorare su quel che siamo realmente. Senza una vera conoscenza dell’amore e delle sue innumerevoli espressioni, depurata da ogni pregiudizio, resteremo interiormente sempre vincolati ai muri che non lasciano allargare il nostro cuore.
La vicinanza costante e quotidiana a contesti familiari o sociali chiusi o omofobi, per quanto esteriormente mascherati da quel finto “basta che lui sia felice”, genera lo stesso senso di colpa, di “diversità inferiore” e di inadeguatezza che genera l’omofobia più esplicita. Difficilmente chi già definisce ogni evidenza di una relazione amorosa come “un’amicizia speciale” può trovare, in un simile contesto, la forza e la volontà di capire realmente i sentimenti che prova, di lasciarli andare e di esserne sereno.
Ed è proprio questo che porta alla fuga, alla negazione, al rifugio in una relazione eterosessuale per sentirsi apposto, e a un giustificare, nell’ambito del proprio contesto sociale, la rottura definitiva con l’altra persona come un rifiuto definitivo delle continue avances di un gay. Quando l’atto decisivo che fece rompere gli argini del fiume in piena, invece, era venuto proprio da chi poi, non reggendo il macigno di essere parte di una relazione omosessuale, si è dato alla fuga.
Questa riflessione non vuole condannare. Sono solo alcuni spunti per non dimenticare questa forma “sottile” di omofobia, che può lasciare un senso di abbandono, ma soprattutto di confusione, di inganno e lacerazione davvero notevoli. E, non per ultimo, uno spunto per dire a chiunque, nel momento in cui lo sente, di essere sincero con sé stesso, di non nascondersi, ma di AMARE.