Gli “effeminati” e gli “omosessuali” nelle lettere di Paolo
Riflessioni bibliche pubblicate sul sito Would Jesus Discriminate? (Stati Uniti), liberamente tradotte da Silvia Lanzi
Le parole solitamente tradotte come “effeminato” e “omosessuale” in questi passi (ndr delle lettere di Paolo) sono oscure e difficili da rendere. La prima parola identifica qualcuno che è moralmente debole e non ha nulla a che vedere con gli uomini gay. La seconda parola probabilmente significa “persona che usa il potere per ottenere sesso”, sebbene la parola sia così rara che una traduzione sicura è impossibile. Nessuna parola si riferisce specificamente a gay e lesbiche.
Un altro passo della Scrittura usato qualche volta contro i gay è 1 Corinzi 6:9-10, che si legge come segue nella Versione di re Giacomo:
“Non sapete voi che gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio? Non v’ingannate: né i fornicatori, né gli idolatri, né gli adulteri, né gli effeminati, né gli omosessuali, né i ladri… erediteranno il regno di Dio”.
In questo passo ci sono due frasi chiave, rilevanti per la nostra discussione. Primo, c’è il riferimento a persone “effeminate”, che è visto spesso come un riferimento agli uomini gay. In verità, la parola greca che si traduce solitamente “effeminato” nel versetto 9 ha un significato piuttosto ampio. Il termine è malakoi, che letteralmente significa “molle”. Così, Paolo sta dicendo che le “persone molli” non erediteranno il regno di Dio. Siccome sappiamo che Paolo non sta parlando dell’omino biscottino, dobbiamo chiederci cosa voglia dire.
Questa comune parola greca ha differenti connotazioni, che dipendono dal contesto in cui è usata. In termini di moralità, è generalmente riferita a qualcosa come pigrizia, degenerazione, decadenza o mancanza di coraggio. La connotazione era essere “molli come una donna” o come i delicati tessuti costosi indossati da uomini ricchi. Nella cultura patriarcale del tempo si pensava che le donne fossero più deboli degli uomini, più paurose, più vulnerabili e più vanitose. Così, gli uomini che mangiavano troppo, a cui piacevano cose costose, che erano pigri o che vestivano bene erano considerati “molli come una donna”. Sebbene questo tipo di pensiero misogino sia intollerabile nella nostra società moderna, era comune nei tempi antichi e spiega perché la Versione di re Giacomo traduca malakoi come “effeminati”.
Ma è importante capire la differenza tra l’antica e la moderna nozione di ciò che rende effeminati. Paolo non stava condannando uomini alla moda che portano borsette; stava condannando un tipo di debolezza morale. La comprensione degli antichi Greci e Romani di ciò che significava maschile o femminile è abbastanza diversa da quella di oggi. I Romani del primo secolo non pensavano alla femminilità come ad un tratto puramente omosessuale. In quella cultura, ogni uomo che fosse più interessato al piacere che al dovere era considerato femminile, e gli uomini che brigavano per rendersi più attraenti “sia che tentassero di attrarre le donne, sia che tentassero di attrarre gli uomini, erano chiamati effeminati”. I Romani consideravano effeminati tutti gli uomini che cercavano il piacere, non importa con chi lo cercassero. Nei termini dei Romani del primo secolo, la maggior parte dei wrestler professionisti della WWF (World Wrestling Federation) sarebbero considerati effeminati a causa del loro apparente interesse in gusti, costumi e atteggiamenti iper-mascolini. Da questa prospettiva, Paolo condannava uomini che erano vanesi, paurosi e autoindulgenti.
In anni recenti, comunque, alcuni hanno suggerito che, nel contesto in cui appare in 1 Corinzi 6, malakoi potrebbe riferirsi specificatamente ai prostituti maschi che sarebbero serviti come partner ricettivi (molli, “come donne”) nel rapporto sessuale. In questa traduzione si riflettono due delle traduzioni inglesi più diffuse, la New International Version e la New Revised Standard Version. Dal momento che il termine malakoi è stato utilizzato per riferirsi agli uomini che esibivano tratti negativi associati con le donne nella cultura del primo secolo, non è difficile notare come il termine possa anche essere usato per riferirsi ai prostituti maschi. Sarebbero considerati sessualmente indulgenti (una caratteristica associata alle donne) quelli che giocano un ruolo ricettivo in un rapporto (altra caratteristica associata alle donne). Siccome qui Paolo usa malakoi in una lista di peccati sessuali, è possibile inferire che possa essersi riferito specificatamente ai prostituti maschi piuttosto che agli uomini lascivi in genere.
Tuttavia, indipendentemente dal fatto che Paolo intendesse riferirsi specificamente a prostituti o più in generale a tutti gli uomini considerati moralmente indulgenti, è evidente che il termine malakoi non ha nulla a che fare con la domanda che poniamo alla Scrittura. Non stiamo difendendo la prostituzione, né la vanità, né l’autoindulgenza. La nostra domanda è se le coppie dello stesso sesso possono vivere una relazione d’amore impegnata con la benedizione di Dio. Il termine malakoi non affronta questo problema.
La prossima frase chiave in questo passo è resa nella Versione di re Giacomo come “coloro che abusano di se stessi con l’umanità”. Una frase simile appare in una lista di peccati in 1 Timoteo 1:10. Entrambe le frasi sono derivate da una sola parola greca, arsenokoitai, che è abbastanza rara: questi due riferimenti biblici potrebbero essere il primo esempio che abbiamo di questa parola usata nella letteratura del tempo. Dal momento che la parola è così rara, probabilmente il suo esatto significato è andato perduto per sempre. Tuttavia, alcuni studiosi hanno lavorato duramente per fare un’ipotesi.
Una tecnica di traduzione è guardare alle radici delle parole prese isolatamente. Arsenokoitai è la combinazione di due termini esistenti, uno che significa “letto” e si riferisce al sesso e l’altro che significa “maschio”. Cosi, alcuni studiosi ipotizzano che il termine abbia qualcosa a che fare con l’espressione sessuale maschile, forse esclusivamente maschile, dal momento che la donna non è menzionata.
Sfortunatamente, questo metodo di traduzione spesso porta fuori strada. Per esempio, immaginate un traduttore del futuro che si imbatta nella parola “lady-killer” tra duemila anni e voglia sapere cosa significa. È chiaro che la frase è formata da due parole, lady e killer. Così dovrebbe significare una donna (lady) che uccide (killer), giusto? O una persona che uccide le signore? La difficoltà di ottenere una buona traduzione è chiara, in particolar modo quando sappiamo che lady-killer era un termine usato negli anni ’70 per riferirsi agli uomini che le donne presumibilmente trovano irresistibili.
Un modo migliore per capire quel che Paolo può aver inteso con arsenokoitai è quello di cercare altre occorrenze della parola negli scritti successivi alla sua epoca. Primo, due antichi scrittori della Chiesa che hanno avuto a che fare in modo esteso con i comportamenti omosessuali, Clemente Alessandrino e Giovanni Crisostomo, non hanno mai usato la parola nelle loro discussioni sui comportamenti omosessuali. La parola si presenta nei loro scritti, ma solo in luoghi dove è citata la lista dei peccati di 1 Corinzi 6, non in passi dove si discute dell’omosessualità. Questo suggerisce che non credevano che il termine usato da Paolo si riferisse al comportamento omosessuale.
Un modello simile è stato trovato in altri scritti del tempo. Ci sono centinaia di scritti greci di questo periodo che si riferiscono ad attività omosessuali con termini diversi da arsenokoitai. Se Paolo ha voluto riferirsi in generale al sesso omosessuale o a uno dei partner del sesso gay avrebbe avuto a sua disposizione altre parole conosciute e di uso più comune, non avrebbe dovuto ricorrere a questa ambigua parola composta, che le generazioni future avrebbero trovato difficile da tradurre. A quanto pare Paolo stava cercando di fare riferimento ad un tipo di comportamento un po’ più oscuro.
Questa conclusione è rafforzata da uno studio degli usi effettivi di arsenokoitai nella letteratura greca. Gli studiosi hanno identificato solo settantatré volte in cui questo termine è usato nei sei secoli dopo Paolo (non ci sono casi noti prima di Paolo). Praticamente in tutti gli esempi, il termine appare in una lista di peccati (come quelli di Paolo) senza alcuna trama o contesto che possa fare luce sul suo significato. In un caso, un autore greco usa il termine per catalogare i peccati degli dèi greci. In questo contesto, probabilmente, il termine si riferisce al momento in cui Zeus rapì e violentò un ragazzo, Ganimede. Arsenokoitai è usato anche in un’antica leggenda nella quale si dice che il serpente del giardino di Eden divenne una figura satanica di nome Naas. Naas utilizza una varietà di mezzi (tra cui dormire sia con Adamo che con Eva) per acquisire potere su di loro e distruggerli. In questa storia si dice che Naas andò da Adamo e lo possedette come un ragazzo. Il peccato di Naas è chiamato arsenokoitai. Questi esempi suggeriscono che arsenokoitai si riferisce a casi in cui un maschio usa il suo potere superiore o la posizione per trarre vantaggio sessuale da un altro maschio.
Questa premessa è rafforzata da un’altra tecnica di traduzione. Come abbiamo notato sopra, la maggior parte delle volte in cui arsenokoitai è usato nella letteratura greca antica, esso appare in una lista di peccati (proprio come in 1 Corinzi 6). L’esperienza comune ci dice che i compilatori di liste tendono a raggruppare insieme elementi simili (quando Tyler fa la lista della spesa, mette la verdura all’inizio, i latticini alla fine e il resto nel mezzo). In queste liste, spesso arsenokoitai è messo alla fine della lista dei peccati sessuali e l’inizio dei peccati economici o viceversa. Per esempio, in 1 Corinzi 6 lo troviamo tra malakoi (che potrebbe riferirsi alla prostituzione maschile) e “ladri”. In 1 Timoteo 1:10 la parola appare tra “fornicazione” e “mercanti di schiavi”. Ciò è coerente con il significato suggerito sopra, vale a dire che arsenokoitai descriva un maschio che si prende aggressivamente un vantaggio sessuale da un altro uomo. Esempi di questo tipo di comportamento potrebbe includere un uomo che ne stupra un altro (come nella storia di Sodoma o in quella di Zeus e Ganimede) o un uomo che usa il suo potere economico per comprare sesso da un prostituto che vende il suo corpo per sopravvivere. Quest’ultimo esempio è particolarmente accurato se si intende malakoi come riferito al prostituto, nel qual caso la lista di Paolo includerebbe sia il riferimento ai prostituti maschi (malakoi) sia agli uomini che si avvantaggiano di questi prostituti (arsenokoitai). Questo tipo di persona è uno stretto parente del ladro e dell’avaro, le due parole greche che più spesso seguono arsenokoitai nella lista dei peccati.
Un ladro, una persona avara e una che usa il suo potere per ottenere sesso stanno tutti prendendo qualcosa che non appartiene loro. Così, concludiamo che si comprende meglio il termine arsenokoitai come riferimento agli uomini che forzano sessualmente gli altri. Questa conclusione è coerente con la New Revised Standard Version, la traduzione inglese della Bibbia spesso considerata come la più erudita; essa traduce arsenokoitai come “sodomiti”. Come abbiamo già visto, gli uomini di Sodoma sono il massimo esempio di aggressione sessuale e oppressione. Sembra che anche la New International Version, una traduzione inglese più conservatrice, non sia del tutto a suo agio traducendo arsenokoitai con un riferimento generale all’omosessualità; in 1 Corinzi 6, si traduce il termine come “trasgressore omosessuale”, suggerendo che, commettendo il peccato qui riferito, si debba usare l’omosessualità in modo trasgressivo o offensivo.
Per ultimo, c’è un ulteriore approccio per trovare il significato di una parola oscura rilevante per la presente discussione. L’etimologia è un tentativo di rintracciare le origini di una parola, non solo i suoi componenti o l’uso che ne è stato fatto in seguito, bensì la sua origine. Per una parola antica come arsenokoitai, fare ricerca etimologica è spesso molto speculativo, ma alcuni studiosi hanno sottolineato che due parole greche unite per formare questa nuova parola appaiono l’una accanto all’altra (come parole diverse) in Levitico 20:13 nella traduzione dei Settanta (la traduzione greca dell’Antico Testamento che Paolo leggeva). Da questo si deduce che la parola sia stata creata da persone che avevano familiarità con questo passaggio e che Paolo probabilmente si stava riferendo a un comportamento proibito da Levitico 20:13.
Questo ci porta al punto di partenza. Come abbiamo già visto nella nostra discussione sulla legge dell’Antico Testamento, Levitico 20:13 è stato scritto in un contesto di pratiche sessuali cultuali, inclusa la prostituzione sacra. Nella Lettera ai Romani abbiamo visto che Paolo si riferisce a comportamenti omosessuali che accadevano in simili situazioni cultuali, quando le persone avevano abbandonato l’unico vero Dio per adorare gli idoli pagani. Se Paolo fa derivare il termine arsenokoitai da Levitico 20:13 (ed è un grosso se), ne conseguirebbe che Levitico 20 e Romani 1 fornirebbero la prova migliore del tipo di comportamento omosessuale che egli intendeva vietare, vale a dire le pratiche sessuali cultuali.
Dato lo stato attuale delle prove letterarie, è impossibile sapere se Paolo aveva intenzione di riferirsi a Levitico 20 o stesse usando il termine arsenokoitai più in generale per riferirsi a un uomo che si impone in modo aggressivo su un altro. Per noi non è necessario risolvere il problema. È sufficiente notare come sia chiaro che la terminologia di Paolo non si rivolge al tipo di comportamento su cui ci stiamo interrogando: due persone dello stesso sesso che si amano teneramente l’un l’altro e vivono una relazione impegnata.
Testo originale: No fems? No fairies? (1 Corinthians 6:9-10 and 1 Timothy 1:10)