L’omosessualità è un peccato? No, è un modo di vivere l’amore
Email inviataci da Luigi, rispondono Paolo, volontario del Progetto Evangelici e Letizia Tommasone*, pastora e Teologa Valdese
Pace a voi. L’Amore di Dio, quando entra nel cuore, per la Grazia Sua, “per esserci Ravveduti e chiesto perdono e salvezza“, ecco porta pace, gioia ineffabile, quella che ho trovato sulla mia via di Damasco, sulla mia via che va da Gerusalemme a Gerico; ci porta a camminare col Grande Signore Cristo, nelle Sue Vie, e LUI ci porta a non peccare più, affinché quella veste bianca che ci dona, possiamo mantenerla in santità.
Ci porta a non guardare il prossimo con pregiudizio, ma ad ascoltarlo, e potergli predicare che Dio manda il Salvatore, Cristo Gesù Suo Figlio; che vuole salvare tutti coloro che si Ravvedono dal loro peccato e si convertono a Lui, facendo frutti degni di Ravvedimento.
Ora vi chiedo, e vi chiedo di non fraintendermi, se intravedete un comando di Dio in quei precetti dell’A.T. ed anche nel Nuovo Patto, quando Lui comanda di non avere relazioni omosessuali, descrivendoli abominevoli. Poiché nel contempo Lui, ha comandato di non rubare, di non commettere adulterio, dove chiedendogli di esprimersi a riguardo, rispose agli accusatori di non giudicare, e alla donna, che Lui non la condannava, ma che non commettesse più adulterio.
Ecco, parliamo di Ravvedimento e Conversione a Cristo, ma credo sia bene conoscere che cosa sia e “quale sia” il Peccato, che lo ha condotto a dare la Sua Vita alla Croce per distruggerlo, affinché nella nostra conversione, potessimo allontanarcene. Ecco se io fossi un adultero o ladro, poiché Cristo mi ha perdonato e salvato, non potrei e non dovrei più camminare in quelle vie che ho percorso e credere di vivere la fede, convinto di essere approvato da Dio.
Quindi credo che lo stesso principio, vada applicato al peccato di omosessualità/sodomia, visto che: adulterio ed omosessualità, sono descritti come peccati, impurità, da cui separarsi.
Questo è il mio pensiero, che volevo condividere nel Dialogo, e mi sarà gradito, ogni vostro commento.
Dio vi benedica
La risposta di Paolo…
Caro Luigi, pace a te, comprendo benissimo la tua posizione e sai perché? Perché sono le prime cose a cui noi credenti omosessuali pensiamo, non appena realizziamo la possibilità di poter AMARE una persona del nostro stesso sesso. Ti invito a leggere la mia lettera, che invita le chiese evangeliche a riflettere. Si parte dal rifiuto dell’idea di poterlo fare e arriva a realizzarsi, soltanto quando il cuore vince le paure e decide di lasciarsi andare all’Amore.
Personalmente per anni mi sono interrogato sul considerare o meno l’omosessualità come un peccato, perché anche io non sapevo darmi delle risposte, ma negli anni il Signore mi ha guidato fino a comprendere.
Sul nostro sito ci sono innumerevoli articoli che illustrano come l’omosessualità e i versetti citati nella Bibbia, in verità, parlano di altro, così come lo stesso termine “omosessuale” nell’antichità, non esisteva, e il concetto di coppia omosessuale odierno è completamente differente. Nella sezione “Riflessioni” puoi trovare gli approfondimenti di cui ti ho parlato.
Intanto ti ringrazio per il tuo dialogo, e ti invito a considerare l’amore tra due persone dello stesso sesso, come qualcosa di diverso rispetto ad un “peccato”. Dio ti benedica. Paolo
La Pastora* risponde…
Partiamo dalla constatazione che comprendiamo la parola “peccato” in modi diversi. C’è chi considera il peccato come un comportamento o una serie di atti e chi invece vi vede la grande frattura, la grande lontananza da Dio. Nel primo caso uscire dal peccato richiede un grande investimento della persona e il peccato viene caricato di riprovazione morale. Ovviamente in questa situazione tutti condizionamenti sociali e culturali vengono a condizionare la visione morale di chi richiede il “ravvedimento”. Perché questo ravvedimento non è un movimento che accoglie Dio nella propria vita ma è lo sforzo di adeguarsi a certe regole morali, per esempio passando da una condizione omosessuale a una eterosessuale.
Ma Gesù dice “io non giudico nessuno”, e quando guarisce o restituisce integrità alla vita delle persone le chiama alla loro piena dignità di figli o figlie di Dio, quella che la società intorno non riconosce loro.
Chi vede il peccato come lontananza da Dio – e io sono fra questi – vede anche che nessuno dei nostri sforzi ci può far uscire da quella condizione. E’ solo Dio stesso che ci accoglie con la grazia incondizionata, che si volge a noi, che ci permette di scoprire chi siamo veramente ai suoi occhi: persone amate pienamente e non a partire da una “conversione” di identità sessuale.
La grazia di Dio ci chiede riconoscenza, e per questo ci rende liberi: liberi e libere di amare e di vivere con gioia, e non sotto il peso di un ricatto morale.
Per quanto riguarda i testi biblici: la Parola di Dio attraversa i nostri linguaggi e si mostra anche a volte per contrasto con le culture umane che hanno osato proclamarla. Ma è lo Spirito di Dio che rende viva la nostra comprensione della Parola nella parola. Perciò la Scrittura non è un codice normativo, ma una domanda che continuamente ci fa ricordare che siamo creature di Dio e che viviamo della liberazione e redenzione che Dio opera nella nostra vita.
Detto questo, e per essere diretta, non sono d’accordo di mettere l’orientamento omoaffettivo sullo stesso piano di un disordine morale come l’adulterio o sociale come il comportamento violento e aggressivo.
L’omosessualità non è un peccato ma un modo di vivere l’amore, è dono di Dio per chi accetta sé stesso, fa parte della dimensione creaturale che tiene in sé così tante differenze che non sappiamo neanche vederle tutte.
La vera conversione mi fa rivolgere verso quella grazia di Dio che mi rende libera, libero, nella dimensione in cui mi trovo, e mi insegna a esprimere l’amore di cui Dio ha colmato la mia vita.
Letizia Tomassone*
* Letizia Tomassone è pastora della Chiesa valdese e metodista di Firenze e docente incaricata di “Studi femministi e di genere” alla Facoltà Valdese di Teologia di Roma