L’omosessualità nell’adolescenza. Testimonianze, problemi, stereotipi
Dossier di Rozenn Nicolle e Yves Tradoff tratto da jtexplique.fr, liberamente tradotto da Dino
Scoprirsi gay quando si è giovani non è mai un momento felice da vivere. Sia per gli adolescenti omosessuali che per i loro genitori la notizia può essere difficile da gestire.
In questo dossier trovate interviste, reportages e risorse per poter comprendere e per parlarne in famiglia.
L’adolescenza, in questo non c’è nulla di nuovo, è una tappa cardinale nella nostra esistenza, che permette di passare più o meno correttamente dall’infanzia alla vita adulta. E’ l’età dei grandi interrogativi, della ricerca di sè, e chiaramente della scoperta della sessualità. Verosimilmente è dunque alla pubertà che si rendono evidenti le preferenze sessuali.
Spesso i genitori riguardo ai loro figli hanno degli schemi di vita ben definiti, dei quali l’omosessualità non fa parte. Ma, dato che l’orientamento sessuale non è una scelta, non c’è molto da fare per cambiare questa tendenza, e per tutti la cosa migliore è adattarvisi.
Il percorso verso l’accettazione di una tale notizia per alcune famiglie sarà rapido, per altre invece sarà molto lungo. In ogni caso sarà costellato di inquietudini e di rimesse in discussione. E lo stesso sarà per l’adolescente omosessuale che presto o tardi dovrà parlare a quelli del suo entourage.
Comunicare con la famiglia
Accettare e in seguito assumersi la propria omosessualità nell’adolescenza e poi nella vita adulta è un passaggio difficile da superare. “Prima di accettare la mia omosessualità, è vero che ho avuto un periodo molto omofobo, poichè la cosa mi spaventava e non volevo essere così” confessa Samia, una giovane studentessa ventunenne musulmana. Della sua diversità se ne è resa conto fin dalla scuola, ma ne ha avuto la certezza solo quando è entrata all’università, dove ha incontrato la sua prima compagna.
Poi, l’aprirsi alla famiglia o anche ai propri compagni è un’altra questione. Spesso è la prima tappa nella vita di un giovane omosessuale. Non si deve dimenticare che prima di dare questo annuncio, o molto prima che la famiglia lo scopra, il ragazzo, o piuttosto il giovane adulto, è passato anche lui attraverso un vero e proprio interrogatorio su se stesso per cercare di capire quale sarebbe stata la reazione delle persone a lui vicine.
Doppiare questo capo per la maggior parte degli omosessuali è dunque molto complicato. “Penso che si debba farlo in un momento in cui ci si sente forti” spiega Katia, che fa parte del polo Gioventù del centro gay, lesbo, bisex e trans (GLBT) di Parigi.
Samia, che oggi frequanta un Master in logistica, ha imparato a vivere pienamente la sua omosessualità, ma lontano dalla famiglia. Dopo che sua sorella ha scoperto e rivelato l’omosessualità di Samia alla loro madre, la giovane donna è costretta a mentire: “Ho dovuto passare dei momenti difficili con mia madre, dicendole che era tutto finito, tanto per poterla rassicurare… e anche per poter rimanere a casa mia.
Le ho detto che era soltanto una cosa passeggera e per il momento questo è quanto lei crede. Sfortunatamente” spiega, prima di aggiungere: “E’ durissimo poichè c’è una specie di schizofrenia tra la mia vera vita e quella che oggi posso condividere con i miei genitori”.
Anche Lucie si è resa conto molto presto della sua attrazione per le donne, ma l’ha accettata solo quando era circa in seconda media, verso i 14/15 anni, anche se per lei è stato difficile parlarne subito al suo entourage: “Dentro la mia testa mi sono accettata molto presto (…), invece di fronte agli altri c’è voluto del tempo per venire allo scoperto”.
Lucia ha aspettato un anno prima di parlarne a sua madre, e poi ne ha aspettati altri due prima di affrontare l’argomento con suo padre. Malgrado le sue preoccupazioni, ha capito in fretta che i suoi genitori dubitavano già delle sue preferenze senza che questo creasse dei problemi.
“Non c’è mai stato alcun problema con i miei genitori, (…) mi hanno sempre detto che mi avrebbero amato quali che fossero le mie scelte e penso che questo fatto mi sia stato di grande aiuto” confida la ragazza.
Per quanto riguarda il futuro e la questione dell’omoparentalità le due ragazze si dicono ottimiste. Samia parla già di progetti, ma sa che la situazione rischia di complicare la sua futura vita famigliare. E’ molto lucida. “Non voglio assolutamente troncare i legami, ma un giorno dovrò fare delle scelte ed è certo che sceglierò di poter vivere la mia vita”, conclude tristemente.
Sbarazzarsi degli stereotipi
La visione che la società ha degli omosessuali non sempre è stata molto positiva. Molto spesso i gay vengono ironicamente presentati come molto effeminati o le lesbiche con un fisico da camionista.
“Io non mi ci riconosco” si indigna Lucie, prima di continuare dicendo: “Penso che alla fine ci sia da parte dei media più interesse a rafforzare la gente nell’immagine stereotipata che ha degli omosessuali piuttosto che a far vedere che l’ambiente omosessuale non è soltanto il Gay Pride, ragazzi a torso nudo o caricature di bambole che si presentano tutti insieme. Gli omosessuali non sono questo”.
Queste rappresentazioni riduttive che alimentano il malessere provato dai genitori in verità nascondono un ambiente molto più aperto e meno stereotipato di quello che ci viene mostrato.
Gli adolescenti omosessuali non sono nè più nè meno che adolescenti “normali”, che hanno gli stessi bisogni dei loro compagni etero, salvo forse che prima bisognerà ascoltarli e incoraggiarli a comunicare riguardo a questa “diversità” che li può turbare.
Senza cadere nella paranoia, è importante avere uno sguardo attento sui giovani omosessuali che hanno appena preso coscienza del loro modo di essere e il cui rischio di trovarsi di fronte ad idee pessimiste fino ad arrivare al suicidio è 5 volte più elevato che per un adolescente etero, secondo uno studio pubblicato nel giugno 2007 dall’INVS (Istituto di Vigilanza Sanitaria), confermato il 4 marzo scorso da un altro studio del Mag (Movimento di affermazione dei giovani GLBT).
Altro motivo di preoccupazione che ci può essere per i genitori dei giovani omosessuali è l’omofobia. Infatti non è facile immaginare il proprio figlio che riceve delle minacce, che viene insultato o addirittura subisce un’aggressione verbale o fisica a carattere discriminatorio.
Per esempio non è raro sentire delle coppie di donne lamentarsi della pesante e malsana insistenza di alcuni uomini nei loro confronti, o ancora di sentire un gay che viene trattato da “checca” per la strada.
“Con il tempo e crescendo non ci si fa più caso, anche se qualche volta è pesante da sopportare” testimonia Lucie. Per fortuna questo tipo di azioni va diminuendo e le mentalità si evolvono, in particolare grazie alla penalizzazione dell’omofobia avvenuta in Francia nel 2004 e grazie anche alla creazione dell’Halde (Alta Autorità di Lotta contro le Discriminazioni e per l’Uguaglianza) che hanno permesso di ridurre le espressioni discriminatorie punendole severamente.
Associazioni per i giovani omosessuali e il loro entourage
Da molti anni le associazioni che lottano per i diritti degli omosessuali stanno sorgendo dappertutto. La vera cognizione di causa è nata nel 1968 a New York dove, in seguito a numerose angherie inflitte ai gay dalla polizia, la polpolazione omosessuale si è ribellata.
L’anno successivo è nata una manifestazione sotto forma di commemorazione, ed essa ha così segnato la nascita di un nuovo percorso dell’orgoglio: il famoso Gay Pride, che ormai ha luogo ogni anno nelle grandi città dell’Europa e dell’America del nord.
Successivamente la causa omosessaule ha fatto molta strada ed ha determinato la creazione di numerose associazioni. In Francia i centri per gay, lesbiche, bisex e trans (GLBT) fanno parte delle associazioni più attive nella conquista dell’uguaglianza per tutti.
Oltre ad essere all’ascolto di coloro che accettano male la loro diversità, i centri GLBT spesso propongono delle attività, dei dibattiti e delle momenti culturali su temi che riguardano direttamente o indirettamente l’omosessualità.
Un pomeriggio con giovani gay, lesbiche, bisex e trans (GLBT)
E’ anche stato organizzato un polo dedicato alla gioventù. Ogni mercoledì presso il centrogay, lesbiche, bisex e trans (GLBT) di Parigi, Katia, operatrice del progetto, accoglie i giovani da 16 a 25 anni che vogliono condividere un momento conviviale con altri ragazzi “come loro”.
Oggi ci sarà l’improvvisazione teatrale, un’attività spesso apprezzata dai giovani. Mentre si aspetta che tutti arrivino, l’ambiente disteso permette ogni discussione. Seduti attorno ad un tavolo i giovani si aprono e discutono senza tabù in tono scherzoso.
“Come vanno gli amori?”, domanda uno, “Perfettamente…” fa eco un altro, con aria sognante. Poi altri partecipano ed evocano la loro vita privata con più o meno pudore. Qui le storie sono tutte diverse, ma sia che si tratti di un habitué o di uno nuovo, di un uomo o di una donna, che ci si accetti o no, l’accoglienza è la stessa per tutti.
L’omosessualità dunque ha molte sfaccettature e molti modi di essere interpretata dalla famiglia. L’incomprensione che possono avere certi genitori nei confronti dei loro figli è senza dubbio la peggior pena che può essere inflitta ad un giovane omosessuale, in aggiunta alle ingiustizie che da essa derivano e all’omofobia che infierisce ancora in un paese come il nostro ed ancor peggio all’estero, e oltre al peso di un tale segreto e della difficoltà di gestirlo.
Si può quindi volerne a tutti coloro per i quali l’omosessualità non è che un fardello che ha corrotto il loro figlio e l’ha cambiato per sempre? No. Non si può far altro che tentare di portare argomenti allo scopo di far entrare nelle menti che il fatto di amare una persona dello stesso sesso non è una malattia, e che non impedisce nè di essere felici, di essere innamorati e nemmeno, in un possibile avvenire, di costruirsi una famiglia.
Quattro domande a Jean-Claude Pinchon, presidente dell’associazione Contact
Jean-Claude Pinchon, ingegnere in pensione, nel gennaio scorso è diventato presidente dell’associazione Contact. Quasta associazione si incarica di aiutare e di ascoltare gli omosessuali ma soprattutto i loro genitori.
Vostra figlia è lesbica. Come avete reagito quando ve l’ha comunicato? Senza problemi! Ce lo ha detto al telefono mentre ci trovavamo in viaggio all’estero. Sul momento siamo stati sorpresi e poi delusi dall’idea di non avere nipotini.
C’è voluta una mezz’ora per rimetterci dalla notizia. Bisogna accettare i propri figli così come sono. Infatti soprattutto ci siamo chiesti come avevamo fatto a non accorgercene…
In seguito abbiamo deciso di rivelarlo a tutta la famiglia e anche ai nostri amici. Tutti l’hanno accettato, anche mia madre che ha 85 anni ed è molto cattolica.
Come siete arrivati all’associazione Contact? All’nizio volevamo informarci. Ci ponevamo degli interrogativi e siamo venuti ad una riunione aperta. Abbiamo incontrato altri genitori di omosessuali, talvolta anche con i loro figli, abbiamo parlato ed ascoltato.
Adesso è una decina d’anni che siamo in contatto con questa associazione, ci piace condividere la nostra esperienza. Mia moglie ed io ne abbiamo fatto parte attiva come amministrativ ed ora sono diventato presidente dell’associazione.
Quali sono le azioni portate avanti dall’associazione Contact? Proponiamo delle riunioni aperte per i genitori e i giovani omosessuali: è l’ascolto dell’altro e di ciò che egli ha da dire, ma anche l’incitamento a parlare della propria visione delle cose. Ci sono anche delle riunioni conviviali durante le quali viene invitata una personalità.
Inoltre i due psicologi che fanno parte di Contact si occupano di animare un gruppo di discussione e, con lo stesso schema, dei contatti individuali. Abbiamo poi realizzato una linea di ascolto telefonico sia per i genitori che per i giovani omosessuali, che è assicurata da volontari formati dalla Lega Francese per la Salute mentale.
Hanno dunque una specifica competenza per l’ascolto degli altri. Infine da tre o quattro anni facciamo anche degli interventi in ambiente scolastico (IMS). L’associazione Contact per questo ha ricevuto l’approvazione dell’Educazione Nazionale.
Cosa dite alle persone, genitori o adolescenti, che ricevete? Il nostro discorso cambia secondo il tono e lo stato d’animo in cui si trova chi ci contatta. Malgrado ciò che si pensa, l’omosessualità è sempre un argomento tabù. E anche se il vocabolario è cambiato, c’è sempre qualcuno che pensa che si tratti di una malattia.
Bisogna quindi essere prudenti, in particolare con i giovani. Questi ultimi sono più inclini a pensare al suicidio, soprattutto se si sentono respinti. Quanto ai genitori, si cerca di cambiare la loro visione negativa. Alcuni di loro, per esempio, rifiutano a tal punto l’omosessualità del loro figlio o della loro figlia che parlano addirittura di portarne “il lutto”.
Allora si mette in atto con loro un interscambio, raccontando la nostra esperienza. Ci si guarda bene dal giudicare, ma si cerca di far loro comprendere che il loro figlio non è in cattiva salute e nemmeno su una sedia a rotelle.
Testo originale: L’homosexualité a l’adolescence