Sodoma. L’omosessualità nell’Occidente cristiano dalla tarda antichità al Settecento
Sin dalla mia tesi di laurea ho studiato la storia dell’omosessualità. L’interesse è nato da motivi biografici. Era circa il ’98, ed ero un giovane omosessuale che stava tentando di trovare un posto nel mondo.
Alla ricerca di un’identità, volevo dare un contributo al cambiamento della società. Col senno di poi, non so se fosse la scelta giusta dal punto di vista del mio cammino personale.
Cercavo di compensare con una comprensione intellettuale un piano affettivo ancora pieno di conflitti e contraddizioni. Questa scissione ha creato molte difficolta per il mio sviluppo psicologico, fino a spingermi ad abbandonare per molti anni la ricerca. Ora, con una maggiore maturità personale (anche se il lavoro non è mai compiuto!), sono tornato ad affrontare questi temi (e la ricerca come lavoro), e sono contento che il libro che ho scritto sia stato adottato in corsi universitari e letto da molte studentesse e studenti.
Credo che la cosa più importante sia riuscire a integrare, attraverso il dibattito, sesso e sessualità nella sfera pubblica. Il sesso è una forza sconcertante, di cui si prova paura e vergogna. Intorno ad esso si sono costruite maschere e difese. Quando se ne parla in contesti formali si cede alla battuta, al risolino nervoso, spesso in sintonia con stereotipi che, nella strada o al bar, giustificano, o addirittura preparano, la violenza sessista, patriarcale e maschilista.
Questo fa sì che il discorso pubblico sul sesso finisca per essere monopolizzato da forze conservatrici, prime fra tutte in Italia la Chiesa Cattolica, che sono le prime responsabili di un approccio al sesso tossico e disinformato. Opporre a queste forme egemoniche la retorica dell’amore uguale per tutte e tutti, indipendentemente dall’orientamento sessuale e dalla identità di genere è, a mio avviso, un modo di aggirare l’ostacolo. Esistono molte forme di amore (quello tra genitori e figli, l’amore amicale).
È un amore sessuato quello di cui si parla quando si affronta la questione delle minoranze sessuali. Credo si debba cercare di imparare a parlare di sesso da persone adulte se si vuole evitare l’imbarazzo (e la paura) che ancora suscita in molti (anche coloro che provano con sincerità a essere “progressisti”) l’omosessualità.
Perché nel tuo libro hai affrontato un periodo di tempo così ampio?
La mia ricerca di archivio si è sempre basata su fonti specifiche e circostanziate. Ho studiato il controllo della sodomia a Lucca e ora mi sto concentrando sui legami tra eresia radicale, ateismo e trasgressione sessuale. Tuttavia, per capire i contesti e le metodologie, ho sempre letto molto, e con attenzione, la bibliografia scritta sulla storia dell’omosessualità, in tutte le lingue che sono in grado di leggere. Mi sono ritrovato dopo la mia tesi di dottorato con pagine e pagine di appunti, che costituivano un’ottima base per un’introduzione generale all’argomento.
Come hai fatto a documentarti?
Svolgendo le mie ricerche, ho sentito il vuoto di pubblicazioni nell’ambito accademico italiano sull’argomento e ho creduto che fosse importante proporre una sintesi di carattere bibliografico. Ci sono dei lavori ottimi, come quello di Giovanni Dall’Orto (Tutta un’altra storia, 2015) ma che difficilmente possono essere utilizzati come strumenti di lavoro. La documentazione per questo libro, dunque, a differenza dei miei lavori di indagine archivistica, è per lo più la bibliografia secondaria, ovvero la letteratura storica scritta finora sulla storia dell’omosessualità prevalentemente nel contesto europeo, anglofono e latino americano.
Ovviamente, la mia esperienza di ricerca personale si riflette in molte pagine del libro, in cui do conto della mia esperienza di ricerca diretta. Inoltre, da storico, la mia lettura dei libri scritti da colleghi mi spinge ad avere un’attenzione critica particolare alle metodologie. Si tratta quindi di una disamina critica di un campo di indagine svolto alla luce della mia esperienza personale nel campo.
Come è cambiato, nel corso del periodo da te analizzato, l’atteggiamento verso l’omosessualità?
Innanzi tutto è importante sottolineare che lo studio è incentrato sull’Europa occidentale e, dal XV-XVI secolo in poi, sulle colonie iberiche d’oltremare. Non si tratta quindi di una sintesi di storia dell’omosessualità in generale ma in una parte del mondo che, nel periodo studiato, è stata sotto l’influenza del Cristianesimo come religione dominante.
Il mondo greco e romano lasciavano spazio all’espressione del desiderio omosessuale. Tuttavia, è fuorviante parlare di una “tolleranza” del mondo classico che sarebbe poi stata sostituita dalla repressione religiosa dopo l’avvento del cristianesimo. È vero che in Grecia il rapporto pederastico svolgeva un ruolo nell’educazione dei giovani, ma ci sono testimonianze di atteggiamenti molto differenti nei confronti di questo modello (a seconda della classe sociale o dell’area geografica, della formazione culturale e del codice espressivo di chi redigeva le fonti oggi a nostra disposizione).
I rapporti pederastici erano comunque fortemente regolati. Nel mondo Greco e Romano la passività dell’adulto era vista con disprezzo e talvolta punita legalmente. L’idea accettata era che un maschio adulto in una posizione di potere avesse il diritto di penetrare soggetti a lui subordinati, indipendentemente dal loro genere.
In questo contesto, il cristianesimo ha introdotto la condanna di ogni manifestazione del desiderio omosessuale. In parte come elemento identitario, in contrasto con la cultura dominante, in parte anche introiettando esperienze filosofiche e religiose di ascetismo già presenti nel mondo classico. Il concetto di “contro natura”, per esempio, come l’idea una normatività della legge naturale, sono costrutti derivanti dalla filosofia greca e romana e in particolare dallo stoicismo.
Nel primo medioevo sembra che i rapporti omosessuali non abbiano destato troppe preoccupazioni. Fu a partire dal XI secolo, e in maniera crescente nei secoli successivi, che la Chiesa sviluppò una vera e propria ossessione nei confronti del controllo del desiderio sessuale. Le ragioni sono molteplici. Il rafforzamento del potere centrale del papato e il suo desiderio di competere con i poteri secolari per il predominio politico e spirituale sul mondo cristiano occidentale portò a fare della castità un segno distintivo della superiorità ecclesiastica sui laici. Inoltre, con la crescita del dissenso interno attraverso la proliferazione di eresie e la presenza stabile di comunità ebraiche, e dei nemici esterni con l’affermazione dell’Islam sulle sponde opposte del Mediterraneo, il sesso contro natura divenne parte integrante dello stereotipo demoniaco del “nemico della fede”.
Fu in questo contesto che venne perseguito dai nuovi tribunali inquisitoriali. Tuttavia, il controllo della sessualità non conforme interessò anche le istituzioni civili, che col tempo divennero i principali agenti della sua sorveglianza. Pratiche omosessuali, soprattutto maschili, sono ampiamente documentate nei tribunali criminali delle città europee tra medioevo ed età moderna. Tuttavia, sembra che le istituzioni adottassero una strategia in cui si bilanciavano pene eclatanti (usate come deterrente) e un relativo “laissez faire”.
Le cose cambiarono nel corso del Cinquecento a seguito di due mutamenti epocali. Da un lato l’esplosione della Riforma protestante, che ruppe per sempre l’unità cristiana dell’Europa, dall’altro l’aggressiva espansione geografica degli Imperi iberici in America e Asia. La riforma attaccò, tra le molte altre cose, precisamente quella distinzione basata sulla castità che la Chiesa medievale aveva utilizzato per stabilire, sul piano simbolico, l’ordinamento gerarchico della società. La corruzione sessuale del clero era palese, e i protestanti rivendicarono la dignità del matrimonio. Mentre ne fu negata la natura sacramentale, esso fu innalzato alla dignità di una vocazione di vita sinceramente cristiana.
La Chiesa Cattolica rispose riconfermando, in maniera polemica, la sacralità del vincolo matrimoniale, ma muovendosi in una direzione analoga per quanto riguarda la rivalutazione del suo valore. Questi atteggiamenti comportarono in entrambi gli ambiti culturali una visione meno negativa nei confronti della sessualità umana, a cui però fece da contraltare l’allargarsi del baratro che divideva sessualità procreativa e non procreativa. Mentre in precedenza la convivenza di persone non sposate, l’esercizio della prostituzione e le pratiche omosessuali tra giovani erano, certo, controllate ma anche relativamente tollerate, dopo questa svolta storica con il sesso non matrimoniale e non procreativo non si sarebbe più potuto negoziare apertamente nella scena pubblica.
La conquista violenta dei nuovi mondi, invece, aprì nuove prospettive mentali. Gli esploratori prima, e i conquistatori poi, si trovarono ad osservare costumi sessuali molto diversi da quelli di cui avevano avuto esperienza, che includevano l’esistenza di ruoli sociali riconosciuti per persone con identità di genere non binaria e la pratica del sesso omosessuale in determinati contesti ufficiali, soprattutto rituali. Mentre da una parte queste osservazioni furono interpretate secondo lo schema medievale del “nemico della cristianità”, dall’altro favorirono un’osservazione di tipo “proto-antropologico” che stimolò un approccio naturalistico, oltre che religioso, alle questioni sessuali.
Questo mutamento fu alla radice della nascita di un approccio laico all’omosessualità femminile e maschile a partire dal Settecento ma soprattutto nell’Ottocento. Quest’ultimo, tuttavia, spesso tradusse in chiave scientifica gli stereotipi e le condanne della religione. Al confessore e al giudice si aggiunsero nuove figure professionali come criminologi, etnologi e sessuologi, impegnate a correggere o segregare donne e uomini che non si adeguavano alle aspettative correnti riguardo alla condotta sessuale e all’identità di genere.
Che relazione c’è tra repressione dell’omosessualità e controllo sociale?
La repressione si applica per lo più attraverso strumenti legali formali, mentre il controllo si opera a livello diffuso, dalla famiglia alle comunità (scuola, catechismo, esercito, vicinato). Le due forme coesistono e si alimentano reciprocamente, con equilibri che tuttavia mutano costantemente col tempo e a seconda del contesto. Ci sono stati periodi, come nelle realtà urbane del Quattro-Cinquecento, in cui a fronte di leggi draconiane una certa tolleranza sociale consentiva lo sviluppo di culture omosessuali anche molto complesse.
Certo, non si può negare che su di esse pesasse sempre e comunque lo spettro della condanna, che poteva arrivare fino alla pena capitale e, talvolta, all’orribile supplizio del rogo. Tuttavia, anche in moderne democrazie occidentali in cui la legge non solo supporta i diritti civili (fino al matrimonio e all’adozione) ma contrasta attivamente le discriminazioni, criminalizzandole, il bullismo può portare giovani donne e uomini al suicidio e gli omicidi di matrice omo, bi e soprattutto transfobica sono all’ordine del giorno.
Se le interazioni tra piano legale e vissuto sociale sono importantissime, bisogna però mantenere alta la vigilanza e non ritenere che il lavoro di tutela giuridica, che pure promuove trasformazioni oltre che proteggere diritti, rappresenti il coronamento ultimo delle battaglie di liberazione delle minoranze sessuali e di genere. Un lavoro culturale è sempre necessario per contrastare una violenza repressiva che agisce in maniera diffusa e decentrata.
Ringraziamo Umberto per la sua disponibilità e ci uniamo al suo appello ricordando ai nostri lettori l’importanza della cultura per disinnescare certe pericolose derive ideologiche che hanno un impatto negativo sul benessere e addirittura sulla vita, non solo dei componenti della comunità LGBTQ, ma di quelli di ogni minoranza sociale e politica mettendo in forse anche i più elementari diritti umani.
* Umberto Grassi e` un Marie Curie Global Fellow (Università di Verona, Università del Maryland). In precedenza, ha svolto le sue ricerche lavorando all’Università di Sydney (con l’ARC Centre of Excellence for the History of Emotions) e alla Scuola Normale Superiore di Pisa (all’interno del progetto firb “Oltre la Guerra Santa”). Ha pubblicato “L’Offizio sopra l’onestà: il controllo della sodomia nella Lucca del Cinquecento”, (Editore Mimesis, 2014, 211 pagine).
Umberto Grassi is the recipient of a Marie Sklodowska-Curie Fellowship. His project SPACES has received funding from the European Union’s Horizon 2020 research and innovation programme under the grant agreement n. 795514