L’omosessualità sussurrata da Oscar Wilde nel suo “Dorian Gray”
Brano tratto da un articolo di Alex Ros* pubblicato sul settimanale The New Yorker (Stati Uniti) del 8 agosto 2011, liberamente tradotto da Innocenzo Pontillo, parte prima
Oscar Wilde non era un uomo che aveva particolari paure, ma le prime recensioni de “Il ritratto di Dorian Gray (The Picture of Dorian Gray) devono averlo fatto riflettere. Il suo scritto racconta di un uomo che non invecchia mai, mentre il suo ritratto diventa decrepito al posto suo. Era stato pubblicato nel 1890sul numero di luglio di Lippincott’s, una rivista di Filadelfia (Stati Uniti) ma con una distribuzione inglese.
Il Daily Chronicle di Londra lo definì un racconto “impuro”, “velenoso” e “pieno degli odori mefitici della putrefazione morale e spirituale”. La St. James Gazette lo ritenne “cattivo” e “nauseante” e suggerì che il Tesoro o la Società di vigilanza potessero perseguire l’autore.
La cosa più inquietante fu un breve articolo sullo Scots Observer che affermava che, sebbene “Dorian Gray” fosse un’opera di qualità letteraria, trattava di “questioni adatte solo al dipartimento investigativo criminale o ad un’udienza a porte chiuse” e sarebbe stato di interesse principalmente per i “nobili fuorilegge e ai pervertiti ragazzi del telegrafo” – alludendo al recente scandalo di Cleveland Street, che aveva messo in luce l’attività di un bordello maschile a Londra.
Nel giro di cinque anni, Wilde si troverà condannato proprio per “aver commesso atti di grave oscenità con alcune persone di sesso maschile”.
Wilde aveva esitato a far trascrivere il manoscritto de “Il ritratto di Dorian Gray” proprio a causa del suo contenuto omoerotico.
Il furore della stampa perciò non deve sorprendere: nessun lavoro di narrativa tradizionale in lingua inglese era arrivato così vicino a descrivere il desiderio omosessuale. Le pagine iniziali lasciano pochi dubbi sul fatto che Basil Hallward, il pittore autore del ritratto di Dorian, sia innamorato di lui.
Una volta che Dorian scopre i suoi poteri divini, compie vari atti atroci, incluso l’omicidio; ma per la sensibilità vittoriana la sua azione più indicibile sarebbe stata la corruzione di una serie di giovani. (Basil dice a Dorian: “C’era quel disgraziato ragazzo nelle Guardie che si è suicidato. Eri suo grande amico. C’era Sir Henry Ashton, che ha dovuto lasciare l’Inghilterra, nascondendo il suo nome. Tu e lui eravate inseparabili.”)
Ai processi subiti da Wilde nel 1895, gli avvocati avversari lessero ad alta voce brani tratti da “Dorian Gray”, definendolo un “libro sodomitico”. Wilde andò in prigione non perché amasse i giovani, ma perché ostentava quell’amore e il suo “Dorian Gray” divenne la principale manifestazione della sua spudoratezza.
Wilde morì nel 1900, in un fatiscente hotel di Parigi, all’età di quarantasei anni. Da un giorno all’altro era nata una leggenda: Wilde il martire omosessuale, Wilde il ribelle contro la morale.
Un nascente movimento per i diritti dei gay lo abbracciò come l’eroe di una grande sfida. Quando, nel 1967, Craig Rodwell aprì una libreria per gay e lesbiche a New York, la chiamò Oscar Wilde Memorial Bookshop, e dopo i disordini di Stonewall del 1969 Rodwell utilizzò la mailing list della libreria per aiutare a organizzare la prima parata del gay pride. Fino alla fine degli anni Ottanta, si potevano ancora trovare giovani appassionati di libri che facevano i conti con la loro (omo)sessualità leggendo Wilde.
Che Wilde si considerasse o meno parte di una causa, il coraggio di certo non gli mancava.
Le molteplici versioni di “Dorian Gray”, dal primo manoscritto sopravvissuto, che si trova alla Morgan Library; al dattiloscritto inviato all’editore del Lippincott’s, che la Harvard University Press ha appena reso disponibile in un’edizione “non censurata”; al testo pubblicato da Lippincott sino alla versione ampliata del libro nel 1891; mostrano che Wilde decise, frase per frase, fino a che punto voleva spingersi.
La libreria intitolata a Wilde ha chiuso nel 2009, vittima non solo del declino della vendita dei libri, ma anche del parziale trionfo della missione di Rodwell, suo fondatore. Oggi infatti, in molte grandi città, i gay e le lesbiche non sembrano più aver bisogno di luoghi sicuri dove ritrovarsi. E non sembrano più aver bisogno dei non detti di Oscar Wilde; i giovani gay di oggi possono divertirsi con l’arguzia e la saggezza di Neil Patrick Harris.
Tutto ciò lascia Oscar Wilde in un limbo interessante. Cosa potrà dirci in un tempo, forse non troppo lontano, in cui l’omosessualità avrà cessato di essere una fonte di conversazione?
* Alex Ross è il critico musicale del New Yorker dal 1996. Il suo primo libro, il bestseller internazionale The Rest Is Noise: Listening to the Twentieth Century, è stato finalista al Premio Pulitzer e ha vinto un National Book Critics Circle Award. Il suo secondo libro, la raccolta di saggi Listen to This, ha ricevuto un ASCAP Deems Taylor Award.
Testo originale: How Oscar Wilde Painted Over Dorian Gray