L’omosessualità nei Vangeli
Testo tratto dal libro di Daniel A. Helminiak*, What the Bible really says about Homosexuality, Alamo Square Press, USA, 2000, liberamente tradotto da Luca C.
Il Vangelo di Cristo non è tanto preoccupato delle questioni di purezza, che appaiono per lo più guardate come questioni “umane”, ma si preoccupa soprattutto dell’agire che sia buono o malvagio.
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L’innaturale presso i romani: socialmente inaccettabile
L’unico testo Cristiano che davvero affronta il tema dell’omosessualità è il primo capitolo della Lettera di San Paolo ai Romani. Questo testo ha gettato le basi della pretesa non naturalezza delle relazioni omosessuali. Questo è pure il testo dal quale molti ritengono che le malattie veneree non siano altro che una punizione per gli atti omosessuali.
Anche in questo caso, tuttavia, l’autore Daniel Helminiak, suggerisce che le conclusioni siano sbagliate. Di certo, non è possibile ritenere questo passaggio superficiale in quanto lungo e dettagliato in merito ai rapporti omosessuali, ma proprio per questa ragione, secondo l’autore, c’è pure molto materiale da analizzare e più lo si analizza a fondo e più ci si rende conto che non sia stato scritto da San Paolo con l’intenzione di condannare gli atti omosessuali.
Innanzitutto, di tutto il passaggio della lettera ai Romani 1:18-32 solo il verso 27 fa un chiaro riferimento agli atti omosessuali maschili, ed il verso 26 a quelli femminili. Alcuni studiosi, tra i quali John Boswell e William Countryman, sono arrivati ad una conclusione diversa da quella tradizionale.
San Paolo, piuttosto che condannare gli atti omosessuali, li tratterebbe in modo neutro; infatti, tanto gli atti eterosessuali quanto quelli omosessuali non sono né giusti né sbagliati in se stessi. Possono essere compiuti per il bene come per il male, ma in loro stessi non hanno connotazione positiva o negativa. Questa interpretazione si basa su tre punti:
1) Il vocabolario usato da San Paolo connota gli atti omosessuali come impuri ed in quanto tali, si è visto, possono essere soggetti alla disapprovazione sociale, ma non alla condanna etica!
2) la struttura del passaggio distingua e separa l’impurità e la disapprovazione sociale da una parte e il peccato ed il male reale dall’altra!
3) l’analisi dello schema complessivo della Lettera ai Romani mostra l’intenzione di San Paolo di insegnare in realtà che in Cristo la purezza che improntava tutta l’Antica Legge non è più così importante ed i membri della comunità cristiana non devono essere divisi per queste questioni!
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La prima lettera ai Corinzi e la prima lettera a Timoteo: abuso sessuale tra uomini
Anche in queste lettere il vocabolario usato è alquanto ambiguo e San Paolo più che riferirsi agli atti omosessuali consenzienti sembra alludere a tutti quei casi in cui avvengono, invece, degli abusi a danno di altri uomini o di bambini, sembra condannare la prostituzione maschile che è una forma di sfruttamento del corpo umano.
Quello che è certo è che trarre da queste lettere come da quella precedente ai Romani una condanna degli atti omosessuali è voler forzare il contenuto ad un fine specifico, omofobico.
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La decadenza del I° secolo dopo Cristo
Quando i Greci scrivevano dell’amore tra gli uomini, lo dipingevano come la forma più elevata di affetto. Includeva attaccamento emozionale, profonda comprensione, amicizia, condivisione di valori, impegno ad un fine comune.
Il Sesso non era assolutamente il focus principale della relazione, ma la virtù piuttosto, tuttavia, nella Roma Imperiale del primo secolo dopo Cristo, la decadenza morale era in ascesa. Gli uomini cercavano altri uomini e giovani ragazzi per fini esclusivamente sessuali, come alternativa ad un’offerta già molto ampia di prostituzione femminile.
C’era in genere molto sesso ovunque e le pratiche omosessuali erano il segno più evidente. Gli Uomini tenevano gli schiavi per abusarli come oggetto della loro lussuria e ragazzi e ragazze attraenti erano rapiti e venduti per il mercato del sesso.
A questo male allude chiaramente la lettera a Timoteo e presumibilmente anche la Prima lettera ai Corinzi essendo Corinto, molto più di Roma, nota per la sua depravazione morale. Pertanto, sfruttamento, abuso, diseguaglianze e lussuria e!rano l’obiettivo reale della condanna di San Paolo piuttosto che l’atto omosessuale in se.
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Gesù e Il Ragazzo schiavo del Centurione
Non c’è una testimonianza né nei Vangeli ufficiali né in quelli apocrifi del pensiero di Gesù circa l’omosessualità. Questa circostanza è significativa, come suggerito da Victor Furnish, del fatto che Gesù non avesse molto da dire al riguardo. Se non abbiamo a disposizione i suoi pensieri, restano però le sue azioni che parlano più forte delle parole, se proprio vogliamo. Infatti, esiste testimonianza dell’incontro di Gesù con una coppia omosessuale durante il suo ministero.
Sia Matteo 8:5-13 che Luca 7:1-10 raccontano infatti della guarigione operata da Gesù a favore del servo di un centurione Romano. Malgrado esistano alcune interessanti differenze tra i due testi,le somiglianze sono tali per cui è impossibile dubitare che Matteo o Luca alludessero a fatti diversi. Infatti, entrambi citano il centurione che proclama di non essere degno di ricevere Gesù nella sua casa e che si riferisce al giovane servo di cui chiede la guarigione con un termine “pais” che in greco può significare sia servo, ragazzo che figlio. Il centurione allude, invece, agli altri servi della casa con il termine generico di “doulos”.
Se leggendo Matteo si potrebbe arrivare a pensare che il Centurione alludesse al figlio, in quanto il termine pais si ripete continuamente, Luca è più preciso e chiarisce che il ragazzo è lui stesso un “doulos” ed era molto caro e prezioso al centurione.
Luca chiarisce, dunque, che il giovane era in rapporto di intimità con il centurione e che tra i due è fondamentale a spiegare la natura intima del legame di affetto tra loro esistente in quanto usa il termine “entimos”.
Tuttavia, il rapporto tra centurione e il ragazzo avrebbe potuto anche essere di natura platonica, ma il fatto che al tempo fosse normale per i soldati avere partner dello stesso sesso la mancanza di specificazione conferma la natura anche sessuale del loro rapporto.
Senza dubbio Gesù era, inoltre, al corrente di queste circostanze, Egli non era sordo, e sapeva perfettamente ciò che avveniva intorno a lui. Pertanto si può concludere con pochi dubbi che in questa circostanza almeno Gesù si imbattè in una relazione omosessuale e la sua reazione è altamente istruttiva. Egli elogiò la fede del centurione e restituì il giovane al soldato in buona salute.
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Conclusioni
L’approccio letterale alla Bibbia sembra, dunque, condannare l’omosessualità ma una lettura critica e storica della Bibbia la riconduce al suo contesto storico e culturale, da cui non può derivare certamente una condanna moderna all’omosessualità.
Si è visto che il peccato di Sodoma era l’inospitalità, la durezza di cuore, il Levitico condanna l’omosessualità sulla base di una concezione prettamente Giudaica dell’ordine universale e la Lettera ai Romani condanna l’omosessualità con l’obiettivo di distinguere i Cristiani – Giudaici dai Cristiani – Romani senza creare tuttavia divisioni in seno alla Cristianità e quindi sminuendo l’importanza della purezza rispetto all’agire corretto cristiano, che deve improntato alla carità ed all’accoglienza.
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* Daniel A. Helminiak, autore di “What the Bible really says about Homosexuality, ha conseguito al Boston College e all’Andover Newton Theological School un dottorato in teologia sistematica, ed un altro in psicologia pedagogica ad Austin nell’Università di Texas. Per 28 anni ha servito la Chiesa cattolica romana come sacerdote. Attualmente è membro di Dignity, l’associazione dei cattolici LGBT degli Stati Uniti.