L’origine coloniale dell’omofobia in Africa
Testo tratto dal rapporto di Amnesty International “Quando l’amore diventa un crimine. La criminalizzazione delle relazioni tra persone dello stesso sesso nell’Africa subsahariana” (2013), pubblicato sul sito GayChristianAfrica.org nell’ottobre 2019, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Il contesto storico della criminalizzazione
Spesso, quando si discute di diritti LGBTI in Africa, si invocano la cultura e la tradizione africane come argomentazione contro la sessualità “occidentale” e omosessuale, ma in realtà la sessualità omoerotica e le identità di genere non convenzionali hanno una lunga storia nell’Africa subsahariana; sono invece le leggi che le puniscono ad essere spesso un retaggio occidentale.
Ciononostante, negli ultimi dieci anni molti politici africani, come anche molte figure religiose di differenti confessioni, hanno definito le identità LGBTI “non africane”, guadagnandosi così il sostegno dei conservatori. Spesso i media vengono utilizzati per attizzare l’odio e la paura verso le persone LGBTI, e in alcuni Paesi i progressi nella protezione dei diritti umani sono seguiti da violenti colpi di coda, che mirano a privare ancora di più le persone LGBTI dei loro diritti fondamentali, in nome della “volontà popolare”: le persone LGBTI possono, per esempio, vedersi negare l’accesso alle cure mediche.
La sessualità omoerotica e le identità transgender sono sempre esistite nelle società africane, come ovunque nel mondo. In alcune zone dell’Africa, determinate concezioni del “sesso” precedenti la colonizzazione sembrano aver consentito una certa tolleranza verso le relazioni omosessuali; inoltre, il matrimonio tra donne è stato recensito tra più di quaranta gruppi etnici in tutta l’Africa meridionale, il Benin, la Nigeria, il Kenya e il Sud Sudan.
Una pittura rupestre ritrovata in Zimbabwe, risalente a più di duemila anni fa, ritrae delle relazioni sessuali tra uomini. Sappiamo che le società zulu, haussa e yoruba accettavano gli uomini che non si conformavano alle norme di genere, molti dei quali avevano rapporti sessuali tra loro. Presso gli Shona, i guaritori tradizionali attribuivano gli orientamenti sessuali e le identità di genere non convenzionali alla possessione da parte degli spiriti; le persone “possedute” non venivano però criticate, e spesso anzi erano rispettate. La lingua shona contiene parole come murumekadzi (uomo-donna), che designa un uomo che acquisisce il ruolo di una donna, e mukadzirume (donna-uomo), che designa una donna che acquisisce il ruolo di un uomo: in ambedue i casi, questo implicava generalmente avere una relazione “eterosessuale” con un altro uomo o un’altra donna. Nel nord dell’Uganda i Langi conoscevano degli uomini chiamati mudoko dako, che erano trattati come le donne e potevano sposarsi con altri uomini. Sempre in Uganda, è nota la lunga tradizione dell’omosessualità nel regno di Buganda.
In ogni caso, se le differenze nell’orientamento sessuale e nell’identità di genere, in certe regioni dell’Africa e prima della colonizzazione, sono state tollerate (almeno in una certa misura), le potenze coloniali hanno poi imposto il proprio punto di vista e le proprie norme in materia di sessualità e di genere.
Gli Africani sono stati indotti dalle potenze coloniali, e dalle religioni che esse portavano con sé, a considerare il disprezzo e la paura verso chi esprimeva un orientamento sessuale o una identità di genere non convenzionale come un segno di progresso e civiltà. Alcuni ricercatori ritengono che gli Europei che hanno scritto dell’Africa, pur avendovi osservato delle relazioni omosessuali, ne abbiano poi negato l’esistenza: non c’era posto per tutto questo nei modelli coloniali che gli Africani dovevano seguire.
L’epoca coloniale
La maggior parte delle potenze coloniali hanno imposto, nelle rispettive regioni, dei codici penali che punivano determinati comportamenti sessuali, leggi che non hanno origine nel diritto consuetudinario locale; al contrario, sono state concepite e imposte proprio perché quelle regioni erano considerate dai colonizzatori dei rifugi per i “crimini contro natura”, che le potenze europee volevano sopprimere dalle loro nuove società.
Solitamente le leggi che nell’Africa coloniale punivano i rapporti consenzienti tra persone dello stesso sesso si ispiravano ai codici delle potenze coloniali, fondati sulle regole morali cristiane predominanti. Nel Regno Unito le prime leggi contro l’omosessualità sono entrate a far parte della common law fin dal Medioevo, con il fine di proteggere i “principî cristiani” della società, i quali stabilivano che la sessualità era destinata esclusivamente alla procreazione: in origine era assolutamente proibito avere rapporti sessuali senza intenzione di procreare, oltre che averne con persone non cristiane. I “rapporti carnali contro l’ordine di natura” erano considerati un’offesa non solo nei confronti del corpo e dello spirito dell’individuo, ma anche nei confronti della società tutta. Oggi, se le ex potenze coloniali hanno abolito tali concezioni, le antiche leggi hanno lasciato molte tracce nei codici penali dell’Africa subsahariana.
L’Inghilterra e il Galles hanno abolito le leggi che punivano i rapporti consensuali tra persone dello stesso sesso nel 1967, e questo non ha potuto toccare i Paesi africani, i quali hanno ottenuto l’indipendenza tra gli anni ‘50 e ‘60. L’Uganda e il Kenya, i quali erano rispettivamente un protettorato e una colonia della Gran Bretagna, ancora oggi dispongono di leggi che puniscono i “rapporti carnali contro natura con un’altra persona” e “l’oltraggio al pudore”. La legge ugandese è stata ulteriormente inasprita nel 1990, e oggi prevede l’ergastolo come massimo della pena per ogni persona che “intrattiene un rapporto carnale contro natura con un’altra persona”.
Dal 2009 il Governo ugandese ha tentato a più riprese di far approvare dal Parlamento un progetto di legge mirante a inasprire ulteriormente le pene per le persone “colpevoli di omosessualità”.
La Francia ha depenalizzato l’omosessualità nel 1791, ma nelle sue colonie, in particolare in Camerun, ha sempre imposto leggi contro la sodomia, per meglio controllare la società. Tali leggi continuano ad essere applicate con una frequenza inquietante. Basile Ndjio, docente all’università di Douala, che ha condotto varie ricerche sui comportamenti discriminatori, ha spiegato ad Amnesty International perché, a suo avviso, è così diffusa l’intolleranza violenta verso le persone e la comunità LGBTI, profondamente radicata nel passato coloniale del Camerun: “Sul piano storico, prima dell’epoca coloniale, che ha profondamente modificato l’immaginario e le prassi africane in materia di sessualità, la maggior parte delle società tradizionali africane erano caratterizzate da tolleranza e apertura. Contrariamente a quanto di solito si pensa, la colonizzazione occidentale ha portato [in Africa] l’omofobia, e non l’omosessualità, che già faceva parte delle nostre società. Le amministrazioni coloniali, con le loro leggi contro la sodomia, non hanno fatto che mettere in pratica la visione moralista della Chiesa, la quale considerava i rapporti tra persone dello stesso sesso un’espressione di primitivismo culturale, e hanno indotto gli Africani ad adottare una sessualità ‘moderna’, vale a dire ‘eterosessuale’”.
I Paesi Bassi, a partire dal XVII secolo, hanno imposto il diritto romano-olandese nella parte sud-occidentale dell’Africa meridionale, e anch’esso prevedeva pene per i rapporti omosessuali. Tali leggi sono state conservate anche dopo l’arrivo dei Britannici, che nel 1806 sono divenuti la nuova potenza coloniale [della regione].
Il Sudafrica è stato il primo Paese al mondo a proibire esplicitamente la discriminazione fondata sull’orientamento sessuale, nella sua Costituzione emanata nel 1996; nel 1998, ha abolito tutte le leggi antisodomia. Tuttavia, il Governo deve lavorare ancora molto per proteggere efficacemente le persone LGBTI dagli attacchi violenti di cui sono vittime.
Testo originale: Quand aimer devient un crime. Le contexte historique de la criminalisation des relations entre personnes de même sexe en Afrique subsaharienne
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