Le parole di Suor Emmanuelle. Una suora ribelle
Articolo di Nancy Ferroni tratto da La Dernière Heure del 21 ottobre 2008, liberamente tradotto da Domenico Afiero
Ha vissuto dal suo ritorno dall’Egitto, nel 1993, in una casa di riposo di Nizza dove sarà sepolta. Ma avrebbe voluto terminare i suoi giorni al Cairo, tra i poveri che ha assistito per tutta la vita. Eppure Suor Emmanuelle pur se costretta a ritornare in Francia non ha mai cessato di far sentire la sua voce chiedendo più volte al Papa di rivedere le posizioni del Magistero cattolico sui tanti temi “caldi”, dopo una vita spesa a rendere “felice gli altri.”
Perché come amava ripetere “gli uomini non sono felici quanto dovrebbero”. Questa è una delle sue ultime interviste.
Se avesse una bacchetta magica o un desiderio da realizzare?
“Tenterei di rendere felice gli altri. Gli uomini non sono felici quanto dovrebbero. Con gli emarginati delle bidonvilles, pur non avendo un conto in banca, si rideva tutto il giorno. Come ridevamo tutti insieme, non lo si può neanche immaginare! Nessuno si lamentava: una sola volta, in più di vent’anni, una persona si è messa a piangere sulle mie spalle”.
E’ stata Lei a scegliere di chiamarsi Suor Emmanuelle ? “Certo, l’ ho scelto io questo nome. Emmanuelle significa ‘ Dio tra noi ’ e l’ ho trovato bello senza mai esitare”.
Quanto al Belgio, ha un bel ricordo? “Un buon ricordo. Adoro più il popolo belga che quello francese. I francesi non sono semplici; i belgi lo sono di più e sono brava gente”.
Lei si sente metà belga e metà francese? “Assolutamente. Sono francese, io!”
Anche egiziana? “Quanto all’essere egiziana (un sorriso che la dice lunga), l’ammetto: sono egiziana. Ho la nazionalità egiziana che ho ottenuto dalla moglie di Nasser. E’ stato un evento straordinario! Quando sono arrivata alla dogana e ho mostrato il mio passaporto, ho detto agli agenti in arabo di essere egiziana .
Loro non credevano ai propri occhi. Tutto questo, per me, ha molto più importanza che ricevere una medaglia o un’onorificenza. Sono fiera e contentissima di essere egiziana “.
In Egitto Lei ha, in qualche modo, cooptato o coinvolto per la Sua causa una suora di rito copta… “Lei parla di Suor Sarah! Ero andata in una cittadina in cui venni a sapere che delle suore di rito copto ortodosso accoglievano volentieri dei cattolici ed io avevo scritto loro per chiedere se potevo andarci per prendere qualche lezione di arabo.
Quando vi sono arrivata, ho visto una suora con la sottana sollevata che lavava la scala. Le avevo chiesto di parlare con la superiora e lei rispose che era proprio lei la superiore. A dire la verità, non mi era mai capitato di vedere una superiore fare quel genere di lavoro domestico.
Quella religiosa era Suor Sarah. Abbiamo vissuto più di 22 anni assieme . Degli anni davvero eccezionali, senza mai avere un diverbio , perché quando iniziavo ad andare su tutte le furie, lei non rispondeva un’acca . Di conseguenza, io finivo col zittirmi. L’indomani, Suor Sarah mi chiedeva con garbo se non mi fossi arrabbiata troppo il giorno prima. Lei continua a vivere al Cairo e vigila su tutto”.
Tra i voti che Lei ha pronunciato, cioè obbedienza, castità e povertà, quale è stato il più difficile da capire? (Un lungo silenzio). “Dipende un po’ dai momenti, è vero. Ho amato un uomo ed ero già una suora. Potevo scrivere a Roma e sciogliere i voti, ma non ho voluto. Ho combattuto e ci sono riuscita. La cosa non è finita da sola, ma è stato una lotta. Avevo giurato e, quindi, ho voluto mantenere il voto. Così , decisi di non veder più quell’uomo . In questo modo, non avrei più avuto il desiderio di stare con lui. Ed è proprio quello che è accaduto. Lui non ha saputo nulla della faccenda.
Poi, anche il voto dell’obbedienza è stato duro. Quando ho dovuto lasciare Il Cairo mi sono trovata davanti ad un dilemma: o lasciavo gli emarginati per obbedire oppure restavo con loro per servirli. La soluzione, evidentemente, non era facile da trovare. Ho chiesto un mese per riflettere e me ne hanno accordato tre.
Ho trascorso tutto il tempo della riflessione a Gerusalemme e ho capito che i miei superiori avevano ragione. Ho capito cosa era giusto fare, anche se, ovviamente, avrei preferito morire tra gli emarginati del Cairo.
Quando ho lasciato gli emarginati della capitale egiziana, ho ripetuto i miei voti e abbiamo pregato tutti insieme. E’ stato toccante! Ve ne era uno , che non aveva neanche una moneta, e mi ha regalato un pacchetto di fazzolettini profumati”.
Testo originale:J’ai aimé un homme”