Ma di che Gender stiamo parlando?
Sintesi sul Seminario di Paolo Rigliano “Ma di che GENDER stiamo parlando?” (Trieste, 9 maggio 2015) organizzato dal Progetto Ruah
Il Progetto Ruah ha invitato lo psichiatra e psicoterapeuta Paolo Rigliano a Trieste il 9 maggio per un seminario di approfondimento sui temi riguardanti l’ideologia “gender”, l’identità e l’orientamento sessuale. Questi argomenti sono diventati centrali nel dibattito nelle istituzioni laiche e nella Chiesa cattolica grazie alla risonanza data dai lavori dei Sinodi sulla famiglia del 2014 e del 2015 e alle manifestazioni del movimento “anti-gender” e delle sentinelle in piedi.Che cosa si intende per “ideologia gender”? Cosa è cambiato nella società italiana adesso che sono sempre più visibili coppie e famiglie omosessuali, che nascono e crescono gruppi LGBT credenti, e che i temi delle diversità, del bullismo, e dell’omofobia sono entrati nelle scuole?
A queste domande Paolo Rigliano ha dato degli importanti spunti di riflessione, dialogando con i vari partecipanti, tra cui molti operatori del settore sociale ed educativo e della sicurezza. Rigliano ha lavorato per molti anni nel campo delle dipendenze ed è un esperto di sessualità ed affettività che ha scritto numerosi libri, tra cui “Gesù e le persone omosessuali” (Edizioni La Meridiana) e “Curare i gay. Oltre l’ideologia riparativa dell’omosessualità” (Editore Cortina Raffaello).
Rigliano è partito dalla parola “gender”. Si tratta di una parola inglese che ha un significato estremamente ampio e variegato e che corrisponde alla parola italiana “genere”. Il fatto che la parte più conservatrice della società e della Chiesa parli di “ideologia gender” fa pensare a una vera e propria strategia di comunicazione, perché utilizzando un nome straniero i conservatori indicano un’origine straniera, estemporanea, lontana e indotta da altri, agitando lo spauracchio di “fantomatiche lobby internazionali”. In realtà, il loro intento è di mascherare problemi reali di discriminazione e di diritto a vivere la propria identità con libertà e dignità.
La parola “gender” si riferisce non a un’ideologia, ma ad un insieme variegato di studi di genere che comprendono diverse teorie e che nascono a cavallo degli anni Sessanta a seguito delle prime affermazioni femministe. Infatti, il genere di appartenenza è significato per millenni per le donne l’appartenenza a una categoria considerata inferiore e subordinata agli uomini. Le prime studiose e militanti femministe presero consapevolezza che la cultura dominante aveva attribuito al sesso biologico, al proprio essere femmina, una condizione di inferiorità intellettuale, emotiva e spirituale.
Ad esempio, è stato comune pensare fino a pochi decenni fa che le donne non avessero un desiderio sessuale proprio, e che questo fosse prerogative esclusiva dei maschi. Gli studi di genere hanno iniziato circa 50 anni fa a rimettere in discussione la predeterminazione secondo il sesso biologico, smentendo innanzitutto le norme sociali che indicavano nella donna un essere inferiore intellettualmente, incapace di doti di intelligenza, di comando, e incapace di gestire responsabilità che andassero oltre la cura della famiglia e della casa. Le donne hanno ampiamente dimostrato di poter essere tanto brave quanto gli uomini a gestire aziende, a operare e fare carriera nelle forze armate, a prendersi incarichi politici e persino a esercitare l’uso della forza. L’altra faccia della medaglia era stata considerare gli uomini assolutamente non adatti a compiti che riguardassero la cura delle persone, o l’educazione dei bambini. Anche questo principio si è rivelato inadeguato di fronte alla realtà di uomini che lavorano nell’insegnamento delle scuole elementari o che operano nei servizi sociali o nel comparto sanitario.
Anzi, gli studi sulla psiche e sul cervello indicano ad oggi che sono più rilevanti le differenze tra persone dello stesso sesso piuttosto che quelle tra individui di sesso diverso. In parole povere, l’identità individuale, le caratteristiche e le risorse personali possono essere talmente varie da prescindere le differenze di genere e gli stereotipi. Ciascuno è portatore una propria identità unica ed irripetibile che non può essere né ridotta né incasellata in schemi di genere.
La vera ideologia è ritenere che ci siano canoni unici e assoluti di diversità tra uomini e donne e che sulla base del sesso biologico si predeterminino tutta una serie di caratteristiche intellettive ed emotive, come sta cercando di propagandare un nuovo movimento religioso-integralista nato negli Stati Uniti negli ultimi anni e diffusosi in Europa e in Italia andando a diffondersi in particolari settori della Chiesa cattolica. Stabilire che ci sono caratteristiche predeterminate sulla base del sesso biologico è qualcosa che cozza apertamente con il processo di crescita e sviluppo della propria personalità, unica e irripetibile, che tutte le per one sono chiamate a fare.
L’evoluzione della conoscenza scientifica ha disgiunto quindi l’appartenenza al sesso biologico dall’identità pre-determinata del “tutte le donne sono fatte in un modo, e tutti gli uomini sono fatti in un altro”. A sua volta, gli esperti hanno anche messo in discussione il ruolo di genere, cioè tutto quell’insieme di aspettative e di comportamenti legati all’essere donna o all’essere uomo, ad esempio il pensare che tutte le donne abbiano come compito primario fare figli e badare alla casa. Un passaggio ulteriore, è stato fatto alla fine degli anni Sessanta, quando è emersa l’analisi dell’orientamento sessuale. Fino a quel momento, il pensiero dominante era che l’uomo fosse attratto dalla donna e viceversa. In realtà, non c’è una correlazione tra l’essere maschio o femmina e l’orientamento sessuale, perché un uomo può essere attratto affettivamente e sessualmente da un altro uomo senza sentirsi per forza donna.
L’attrazione sessuale e affettiva è qualcosa che non può cambiare, che si forma nei primi anni di vita e che è frutto di meccanismo profondi e molto complessi. L’orientamento sessuale è l’identificazione nel proprio intimo di un altro che ne corrisponde profondamente e che dà un completamento alla propria essenza. Pertanto, il tema del cambiamento dell’orientamento sessuale non può essere preso alla leggera, perché va a toccare una profondità sacrale del singolo, della sua esistenza e delle sue modalità relazionali. Un’altra distinzione va fatta per i comportamenti sessuali che possono corrispondere o non corrispondere al proprio orientamento. Ad esempio, ci sono ancora molti omosessuali che nascondono il proprio reale orientamento adottando comportamenti eterosessuali, sposandosi con donne. Il comportamento può essere sempre fluido o manipolabile, ma questo non va a modificare l’orientamento. I teorici delle terapie riparative negli Stati Uniti hanno più volte dichiarato, di fronte ai tanti fallimenti incontrati nel cercare di trasformare i gay in etero, che se non si può cambiare l’orientamento, si possono modificare i comportamenti. E verrebbe da chiedersi a che pro se questo comunque implica uno stato di grave sofferenza interiore.
Ciascuno ha una propria teoria di genere, cioè ha un suo insieme di aspettative su cosa significa essere donna, essere uomo, essere gay, etc. Il giudizio che noi diamo agli altri, si riflette sempre su di sé e quindi bisogna essere doppiamente attenti e consapevoli che un’immagine distorta, limitata o negativa dell’identità di genere diventa un’immagine distorta, limitata o negativa di sé.
Il dibattito sul genere scatenato dalle polemiche su “gender” va accolto come occasione per accrescere la coscienza della propria identità sessuale e del proprio orientamento. Rigliano ha confutato l’accusa più comune rivolta dai conservatori verso la c.d. “teoria gender”.
Infatti, si sente spesso l’accusa che non ci saranno più ruoli, che non ci saranno più differenze e che un ragazzo potrebbe svegliarsi la mattina e desiderare di punto in bianco di voler indossare abiti femminili. La scienza smentisce apertamente queste accuse. In realtà, ognuno ha una sua identità e un suo orientamento e questi non sono modificabili capricciosamente o secondo libero arbitrio. Non si tratta di scelte fatte a tavolino dall’oggi al domani. Come anche sono sbagliate le teorie sull’orientamento sessuale fluido, sostenute ad esempio da Zygmunt Bauman, e che mascherano spesso la giustificazione per relazioni superficiali sia sul piano sessuale che soprattutto su quello affettivo.
L’obiettivo delle associazioni LGBT dovrebbe essere quello di garantire che ciascuno sia libero di sviluppare la propria personale identità senza discriminazioni e senza emarginazioni e che la società civile possa essere aperta alle pluralità dell’esistenza. I diritti degli omosessuali, così come i diritti dei transessuali, riguardano tutti, cioè riguardano il diritto di ciascuno di essere se stesso, di manifestare la sua personale identità, senza cadere in stereotipi dettati dall’esterno. Tutti sono chiamati ad avere il coraggio di essere sé stessi, o altrimenti, se si lascia che siano gli altri a pre-confezionare un’identità unica per tutti, non ci saranno più adulti.
Una conoscenza reale di sé è decisiva prima di tutto per le persone omosessuali, perché se continuano a rinchiudersi nel vittimismo e a credere di non potersi imporre e di non potersi far valere, purtroppo continueranno a perpetuare una situazioni di emarginazione e di minorità.