Maddalena, la prima apostola giunta dal margine
Riflessioni bibliche di Luigi T.
L’identificazione della Maddalena con la donna adultera di Gv 8, 1-11 è stata messa in dubbio e superata dalla più recente e attenta riflessione teologica. Può tuttavia ancora servire – quasi come artificio letterario – a fare di Maria Maddalena la sintesi di ogni esperienza di emarginazione e di condanna, già solo per il suo essere donna prima ancora di ogni altro giudizio morale possibile. Solo in questo senso va letta la scelta dell’Autore, senza dunque alcuna pretesa di storicità, oltre che come omaggio alla tradizione, anche liturgica, della Chiesa.
Il primo incontro
La posero in mezzo e gli dissero: “Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio”. Il tuo primo incontro con Lui è stata come una violenza. Ti hanno buttata lì, a terra, in mezzo, spogliata di ogni intimità, la tua nudità esposta così, senza pudore.
Ti trascinano davanti a lui, mentre forse ancora tenti di ricoprirti, sorpresa in flagrante adulterio. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra, e allora tu puoi guardarlo, senza alzarti da terra, solo sollevando gli occhi.
Forse, chissà, si è abbassato con quella scusa di scrivere a terra perché voleva che tu ne vedessi il volto, non solo le gambe, i piedi. Tu non sai quante donne, quanti uomini, ti invidieranno, Maria, perché a te è stato dato di incontrare il suo volto mentre tutti ti condannavano.
Non sai quanti trascinati nudi saranno gettati in pasto a volti inferociti, senza nessuna misericordia, senza nessun
pudore, in un giudizio senza rispetto di nessuna intimità, e non troveranno un volto a dirgli: «Io non ti condanno».
E forse quello che di quel giorno ti resterà sarà anche un fastidio, come per qualcosa di sudicio, di sporco, per averlo sentito chiamare «Maestro» da quegli ossessi, come se non si potesse chiamarlo in questo modo se non con l’amore con cui, da oggi, lo farai tu.
Non darvi fastidio
Dopo il primo incontro rischiamo di perdere le tue tracce, nella folla di volti, cuori e parole che si accalcano sul Maestro. Ma chiunque sia stato innamorato sul serio ti riconosce, capisce che non puoi che essere tu, quando una donna venne con un vasetto di olio profumato; e fermatasi dietro si rannicchiò piangendo ai piedi di lui, e cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di olio profumato.
Chiunque abbia amato lo capisce che sei tu, Maria. E non lo capisce solo perché non puoi essere stata che tu, così innamorata, a fare uno spreco così: olio di nardo purissimo, costosissimo. No,
lo capisce dal silenzio. Te ne stai in silenzio a quei piedi, a baciarli e accarezzarli lenta, mentre lui – il Maestro – ti lascia fare e ti difende.
I piedi erano stata la prima cosa che avevi visto di lui, quel giorno al tempio, quando ti avevano
trascinato lì davanti. E ora ti lapiderebbero di nuovo, se non ci fosse lui ancora a salvarti. Ci furono alcuni che si sdegnarono fra di loro: “Perché tutto questo spreco?”. Ed erano infuriati contro di lei.
Allora Gesù disse: “Perché le date fastidio?”. Perché al Maestro piacciono questi sprechi. Al Maestro piace vederti lì, senza parlare, solo ad accarezzalo con una tenerezza e una sensualità che ancora oggi chiedono il rispetto di non guardare troppo, di non darle fastidio – di non darvi fastidio.
L’ultimo nardo
Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala. Ora è lui che hanno trascinato, spogliato, violentato. Giudicato senza pietà, senza misericordia.
Ma tu non puoi far nulla. Non lo puoi salvare, come aveva fatto lui al tempio, con le pietre già pronte. O come ti aveva salvato quanto ti eri messa a baciargli i piedi. Non puoi far nulla: puoi solo «stare».
E non immagini che, proprio ora che stai lì senza poter far nulla, Lui, ancora una volta, sta salvando te. E non come al tempio, o quella volta a cena, no: ti sta salvando in un modo che non immagini, in un modo che non finisce, in un modo che nessuno potrà strapparti, neanche le pietre di chi non
crederà al tuo amore.
Maria, sua madre, è stata preparata a perderlo. Se le parole dell’angelo non erano chiarissime, non lasciavano invece scampo quelle che le aveva detto Simeone, quando Gesù aveva appena quaranta giorni: «Una spada ti trafiggerà l’anima».
Ma tu invece no, a te nessuno l’aveva predetto, nessuno ti aveva preparato. Tu pensavi fosse per sempre. Ogni amante pensa che è per sempre.
Forse ti sei avvicinata di nuovo a quei piedi, di nuovo a quelle gambe; ancora in silenzio; questa volta solo con le tue lacrime. Ma a Gesù sarà bastato, per sentire di nuovo il profumo del nardo che quel giorno aveva riempito la casa.
Dodì
Non può farlo qualcuno prima di lei, no, deve arrivare lei per prima. La mattina del giorno dopo il sabato corre, all’alba, perché nessuno tocchi il suo corpo prima di lei, nessuno lo accarezzi, lo profumi, lo adori prima di lei.
Il dolore della madre era stato preparato, sì, ma la madre presentiva anche che quella non sarebbe stata la fine. La Maddalena no. Il dolore la fa impazzire, come un animale ferito: corre, piange, non capisce, non vede, chiede «Dove l’avete messo?» senza neanche chiarire ‘chi’, come se non ci fosse che lui.
E quando Lui si mostra vivo, neanche lo riconosce: lo confonde per il giardiniere. A calmarla è la sua voce, che la chiama per nome – quella voce che aveva una volta calmato altre tempeste: «Taci, calmati»; ora calma le tempeste del suo cuore: «Maria!».
E lei risponde come l’ha sentito chiamare da chi voleva condannarla, la prima volta che l’ha visto: «Maestro». Che abisso tra il «Maestro» di quei giudei e il «Maestro» di Maria, quel mattino dopo il sabato. E chissà che non sia stato il pudore dell’evangelista, o di lei stessa (quante volte avrà raccontato quella storia), ad aver nascosto dietro quel «Maestro!» un’altra parola.
Quella che Maria si sarà lasciata finalmente scappare, dopo l’incubo di averlo perso per sempre. «Amore mio, dodì, basta, trascinami con te, corriamo».
Il paradiso ha il profumo di quel giardino dell’alba dopo il sabato. Ed è il profumo di un nardo sprecato.