Mamma papà sono gay! E ora che si fa?
Articolo di Mattia tratto dal Bollettino de “La Parola” del II° Semestre 2004
L’AGEDO (Associazione dei genitori, parenti e amici di omosessuali) accogliere i genitori proprio nei momenti in cui soffrono e non sanno cosa fare per farli riflettere e comprendere che non v’è nulla di male in un figlio/a omosessuale ed in un certo senso nell’aiutare i genitori a soffrire di meno aiuta anche i figli stessi. Perchè non dipende da loro come nascono i loro figli, se maschio o femmina, per cui se una persona nasce o si ritrova gay è sempre e comunque un figlio ed un genitore lo deve accettare ed amare così com’è, senza volerlo cambiare. Ecco alcune storie emblematiche di questo cammino.
Domenica 25 aprile (2004) a “La parola” (n.d.r associazione di credenti omosessuali di Vicenza ) è venuta a trovarci Paola dall’Orto, presidente dell’AGEDO (associazione di genitori, parenti e amici di omosessuali), che assieme ad altri genitori (Carla e Claudio), ha portato la propria testimonianza di madre di un gay.
Paola innanzitutto ha sottolineato che tutto ciò che lei ha fatto lo deve anche al marito, che l’ha sempre sostenuta, e al figlio Giovanni (ex presidente dell’Arcigay di Milano e attuale direttore del periodico Pride) assieme al quale ha scritto diversi libri (per esempio “figli diversi”).
Giovanni si è dichiarato omosessuale alla famiglia all’età di circa 17 anni. Questi inizialmente si sono spaventati dell’omosessualità del figlio in quanto sia la madre che il padre, educati da eterosessuali, credevano in quegli stereotipi che fin dal passato stigmatizzavano le persone omosessuali.
Per Paola e suo marito fu un duro colpo da assorbire, ma dopo questa iniziale paura entrambi hanno avuto la maturità ed il coraggio di affrontare l’argomento omosessualità tenendo anche contatti con il “mondo” gay.
Su invito del figlio Giovanni è nato poi un telefono aiuto per genitori di omosessuali.
Da queste sue esperienze nasce in lei l’idea dell’AGEDO in quanto aveva capito che un altro grande problema per una persona omosessuale, oltre alla propria autoaccettazione, era il dirlo alla famiglia in particolar modo ai genitori.
Altrettanto importanti le testimonianze riportate dagli altri due genitori presenti all’incontro (Carla e Claudio), che hanno sostenuto e rafforzato le tesi di Paola. Fin dall’inizio Carla sentiva che nel figlio Mauro c’era qualcosa che non andava poiché egli stava sempre da solo e aveva pochi amici. Dopo la confessione di Mauro i genitori sono entrati in crisi ma hanno avuto la maturità di affrontare subito il discorso e di parlarne con il figlio stesso.
Più complessa è stata invece la storia di Claudio, un papà che si è capito gay ed avente un figlio con lo stesso orientamento sessuale. In realtà Claudio sentiva di avere un’affinità particolare per i maschi fin da giovane ma l’esser cresciuto in un ambiente e con un’educazione prettamente eterosessuale lo ha portato a sposarsi (consiglio dato da un prete che gli aveva detto “sposati che ti passa”).
Claudio notò subito che il figlio aveva i suoi stessi atteggiamenti, e proprio perché si vedeva in lui, lo amava e nello stesso tempo lo rifiutava. Il coming-out del figlio, avvenuto all’età di 18 ani, fu un trauma per Claudio perché egli non si era ancora accettato e perché era ancora vivo in lui il ricordo di cosa volesse dire essere omosessuali.
Le mamme e i papa di oggi, purtroppo, sono disinformati sull’omosessualità e anche se i mass-media ne parlano di più rispetto a una volta ciò non significa che da parte loro ci sia una maggiore sensibilità e tolleranza.
É proprio su questo punto che l’AGEDO vuole andare a operare cercando attraverso la formazione di comprendere e considerare l’omosessualità in un’altra ottica col fine di eliminare stereotipi, comportamenti che possono danneggiare il rapporto genitore-figlio.
Da quanto è emerso dalle storie di Carla, Claudio e Paola il rapporto tra genitori e figli si è modificato dopo il coming-out. Questo cambiamento è stato in tutti i tre casi positivo poiché ha portato ad una maggiore sintonia e autenticità nel rapporto con i genitori.
Le mamme e i papa vogliono molto bene ai propri figli e per questo vogliono il meglio per loro; il dispiacere che l’omosessualità porta ai genitori è dovuto al fatto che il figlio avrà una vita più difficile degli altri.
L’AGEDO vede accogliere i genitori proprio nei momenti in cui soffrono e non sanno cosa fare per farli riflettere e comprendere che non v’è nulla di male nel figlio/a: in un certo senso l’AGEDO nell’aiutare i genitori a soffrire di meno aiuta anche i figli stessi.
In conclusione vorrei citare un mio pensiero nato da alcune riflessioni circa gli interventi che hanno animato il momento del dibattito: Sono i figli omosessuali in primis a essere troppo pessimisti e a farsi troppi problemi nel confessare la propria identità ai genitori perché credono che non li accettino e non li vogliano
più bene e quindi mettono in dubbio l’affetto genitoriale. Questo è un grosso errore e si commette perché il bene di una mamma e di un papà per i figli dovrebbe superare qualsiasi scala di misura.
I genitori sanno che non dipende da loro come nascono i loro figli, se maschio o femmina, sano o malato, ma indipendentemente da ciò i genitori vogliono bene al loro figlio. Per cui se una persona nasce o si ritrova gay è sempre e comunque un figlio ed un genitore lo deve accettare ed amare così com’è.