Mamma, papà: sono omosessuale e non è colpa di nessuno
Riflessioni di Giuseppe M. del Progetto Giovani Cristiani LGBT
La società in cui viviamo è ossessionata dalla ricerca delle “cause” dell’omosessualità. Una volta trovata la “causa” di questo “male”, sarebbe facile scoprire un “rimedio”. Il bello è che ad oggi nessuno conosce perché il 5% della popolazione sia omosessuale. Ma d’altro canto perché dovremmo conoscere le “cause” dell’omosessualità, quando non conosciamo ancora perché il 95% della popolazione sia eterosessuale?
Detto in termini scientifici, l’American Psychological Association (APA) a cui fanno riferimento gli psicologi anche al di fuori dei confini americani, ha affermato inequivocabilmente che “nessuna specifica causa psico-sociale o legata alle dinamiche familiari è stata identificata per l’omosessualità” sostenendo anzi che l’omosessualità, esattamente come l’eterosessualità, ha una determinazione multifattoriale, dovuta all’interazione circolare di diverse istanze: biologiche, genetiche, psicologiche, antropologiche, culturali.
Quindi l’orientamento sessuale può essere determinato da specifiche dinamiche familiari come il famoso “padre assente”?
NO! In effetti questa è la tesi che va per la maggiore tra chi cerca di ridurre la multifattorialità che è alla base dell’omosessualità al mero fattore psico-sociale, ritenendo che sia l’educazione a trasformare bambini innocenti in “orridi” omosessuali. Anzitutto questa tesi si basa sul presupposto scientificamente non provato che eterosessuali si nasca e che invece omosessuali si diventi. Al momento non c’è una teoria che spieghi univocamente l’origine dell’orientamento sessuale, ma se assumiamo che si possa nascere eterosessuali, perché escludere a priori che si possa nascere omosessuali?
In più ad oggi non vi è alcuna evidenza scientifica a sostegno dell’ipotesi che l’orientamento sessuale possa essere significativamente influenzato dalle dinamiche familiari. Tutte le indagini che hanno provato ad incolpare madri possessive, madri assenti, padri castranti o padri assenti hanno sempre fatto un buco nell’acqua: ci sono persone gay, lesbiche, bisessuali in tutti i tipi di famiglie del mondo.
In particolare diverse scuole di psicanalisi enfatizzano, in merito alle principali cause riscontrabili all’origine dell’omosessualità, il tema del padre assente. “Assente” è da intendersi non propriamente nel senso fisico di non presente, quanto piuttosto estromesso, il più delle volte dalla moglie e dunque espropriato del suo ruolo di capo forte e premuroso. Oppure denigrato o umiliato a parole o nei fatti dalla moglie stessa, spesso di fronte ai figli. E la “madre-tipo” che emerge è quella prevaricatrice nei confronti del marito.
Ma in tutte le famiglie, tradizionali o meno, l’educazione dei figli è spesso delegata in maniera predominante alla madre, che non può fare a meno di essere “troppo” presente rispetto al padre. Ebbene: se così fosse, se davvero genitori come quelli descritti dovessero “causare” l’omosessualità dei figli, gli eterosessuali nel mondo sarebbero la minoranza! E in più, tutti i fratelli di omosessuali dovrebbero essere omosessuali, avendo condiviso lo stesso modello educativo!
Secondo gli studi condotti nei decenni passati, infatti, i figli hanno eguali probabilità di essere omosessuali sia in una famiglia dove ci sono genitori troppo presenti o troppo assenti, sia dove ci sono genitori “normali”. Non solo: se fosse vera l’ipotesi del “padre assente” i figli di “ragazze madri” sarebbero tutti omosessuali. E non vi è, come alcuni ingenuamente pensano, una maggiore incidenza di orientamenti non eterosessuali o di problemi legati all’identità di genere nei bambini e nelle bambine cresciute da due mamme o da due papà.
In sintesi: le dinamiche familiari non hanno influenza sullo sviluppo dell’orientamento sessuale; se un figlio o una figlia è omosessuale non è “colpa” né sua né dei genitori, perché l’orientamento sessuale è una componente innata della personalità che non è possibile modificare o ancora peggio “correggere” né attraverso l’educazione né attraverso alcun intervento mirato alla persona.
Quale è allora la reale influenza delle dinamiche familiari sulla vita di figli o figlie omosessuali?
Le dinamiche familiari hanno un rilevante impatto su come le persone fanno i conti e vivono l’orientamento sessuale (omo o etero), che si trovano ad avere. In particolare rispetto all’orientamento omosessuale, le ricerche documentano come il sostegno della famiglia di fronte alla rivelazione della propria omosessualità da parte dei figli è un fattore importantissimo per il benessere e l’adattamento psico-sociale delle persone gay o lesbiche.
Inoltre i genitori possono influenzare, tramite l’educazione, il modo con cui i figli vivranno il loro orientamento (sia etero che omosessuale), ossia se lo faranno con dignità o con angoscia, con una mentalità sessista ed egoista o con una mentalità altruista capace di amore, se come puro sfogo o come metodo di relazione con un’altra persona, se con gioia e felicità o con angoscia e vergogna. E questo vale tanto per i figli omosessuali che per quelli eterosessuali.
Se mio/a figlio/a preferisce giocattoli, giochi o attività più spesso utilizzati o praticati dal genere opposto è omosessuale o lo diventerà?
NO! Dobbiamo rassicurare tutti i genitori: il fatto che il vostro bambino non sfasci i giocattoli, non azzanni il gatto, non prenda a calci il cuginetto, si annoi a guardare le partite in tivù, o ancora… giochi con le bambole o ami Sailor Moon, non fa di lui un gay in erba. Allo stesso modo se la vostra bambina preferisce Big Jim a Barbie, Sandokan alla bella Marianna, ami travestirsi da cowboy, o passi il tempo tra soldatini, armi giocattolo e macchinine radiocomandate, non ha più probabilità di scoprirsi attratta da persone dello stesso sesso rispetto ad altri suoi coetanei.
Tutti i bambini, se lasciati liberi di esprimersi e di esplorare, giocherebbero mettendo in campo tutti gli aspetti della loro personalità, sia le componenti maschili che femminili, per esprimere sia gli aspetti di tenerezza che quelli di aggressività. Spazierebbero dal giocare con le bambole a improvvisare una guerra.
L’omosessualità è un orientamento sessuale e come tale non si definisce prima dei 12-14 anni. Solo alla pubertà, infatti, i bambini iniziano a provare quell’attrazione emotiva, affettiva e fisica che gli permetterà di scoprire da quale genere sono attratti. Dunque non c’è alcuna corrispondenza tra la tipologia di giochi prediletti durante tutta l’età scolare e le future inclinazioni sessuali.
Ecco perché la limitazione nei giochi, secondo gli stereotipi tradizionali che li dividono per convenzione in “maschili” e in “femminili”, rappresenta una forma di censura nei confronti della piena espressione della personalità e della creatività del bambino.
Bibliografia:
“Guida arcobaleno. Tutto ciò che devi sapere sul mondo LGBT+” a cura di B. Paoli, A. Ghisoni, M. Cikada; Golem Edizioni, 2018.
“Mamma, papà: devo dirvi una cosa. Come vivere serenamente l’omosessualità. Scritto da una madre e da suo figlio”, G. Dall’Orto, P. Dall’Orto; editrice Sonda, 2012.
“Curare i gay? Oltre l’ideologia riparativa dell’omosessualità” a cura di P. Rigliano, C. Jimmy, F. Ferrari; editrice Cortina Raffaello, 2012