Mancuso, l’anima e il suo destino
Recensione di Silvia Lanzi, volontaria del Progetto Gionata
Si tratta di un libro, questo di Vito Mancuso, non recentissimo – è uscito infatti nel 2007 – ma che alla sua uscita ha suscitato un “caso letterario” come di rado, o mai, capita ai libri di filosofia.
Come recita il titolo L’anima e il suo destino, in questa sua nuova fatica l’autore si domanda se esista, e come sia, la vita dopo la morte (il che sottintende il quesito fondamentale dell’esistenza, o meno, di Dio): domanda di senso fondamentale, a prescindere dalla risposta per ogni uomo che si consideri tale.
Questo libro, è appunto un tentativo di risposta. E sottolineo tentativo. E questo è un punto di forza dell’opera.
Mancuso infatti propone i suoi pensieri e le sue riflessioni, senza spacciarle per verità assolute.
Ed è, a mio parere, molto bello prima di tutto per la sua linearità e semplicità (non è il solito libro di filosofia scritto in modo incomprensibile, arzigogolato e oscuro – leggi “testo accademico/dispensa universitaria”), ma è scritto in modo piano, semplice e senza quella torma di microscopiche note a pie’ pagina che distraggono gli occhi e la mente – l’unica condizione necessaria per poter apprezzare questa semplicità, è che il lettore abbia almeno un’infarinatura di filosofia e del suo linguaggio.
Come ho sottolineato prima, si tratta di un libro sincero. Mi piacciono le persone come Mancuso, che sono sempre alla ricerca della verità e che sono assolutamente limpide.
Si tratta di persone felicemente irrequiete. Libere. Che non hanno paura delle proprie idee ma neppure le sbandierano come fossero verità assolute. emplicemente le propongono, e si aspettano che dall’altra parte arrivi qualcosa, magari l’inizio di un dialogo fecondo.
Poi si tratta di un libro estremamente nutriente. Infatti, si trova tanto da ruminare dopo aver finito di leggerlo. Mi piace il verbo ruminare. Mi fa venire in mente la quiete, il silenzio. Uno spazio tutto per sé (la stanza woolfiana, per me che vivo di letteratura) in cui pensare e meditare. E chissà che l’humus ricco di questa lettura non faccia altre idee nel lettore.
Infine è, anche se non del tutto, condivisibile. Certe pagine mi lasciano perplessa, è vero. Ma è vero anche che Mancuso espone, non mi stancherò mai di scriverlo, le sue idee appunto per quel che sono – convinzioni sue – senza spacciarle per verità assolute.
Tra queste mi ha colpito profondamente l’idea della vita come relazione di amore e reciproco arricchimento e il profondo ottimismo che l’autore nei confronti dell’umanità – assunti che, sia pure con sfumature un tantino diverse, mi sento di condividere anch’io.
E poi mi piace quell’appello alla coscienza laica, che mi trova del tutto d’accordo, dal momento che, secondo me la coscienza e il libero arbitrio sono i doni più grandi e preziosi che ci sono stati fatti.
Insomma, L’anima e il suo destino è un libro ben scritti e intenso; un libro che fa stare svegli e fa (ri)scoprtire il gusto della ricerca, della tensione verso Dio. Il che credo che sia il vero significato della vita.
Vito Mancuso, L’anima e il suo destino, ed. Raffaello Cortina, 2007
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