Manif pour tous, un’invenzione francese di fronte alla crisi identitaria
Intervista allo storico americano Todd Shepard pubblicata sul mensile Têtu (Francia) del dicembre 2014, liberamente tradotta da Marco Galvagno
Lo storico americano Todd Shepard individua l’origine dell’attuale crisi identitaria della Francia nella fondazione stessa della Quinta Repubblica.
C’è un legame tra l’oppressione degli immigrati algerini e quella dei gay francesi.
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Da un punto di vista storico, come si può spiegare questo ripiegamento su di sé caratterizzato dall’emergere di movimenti di destra come la “Manif pour tous”?
Questi movimenti hanno saputo puntare il dito su due fenomeni contemporanei destabilizzanti: la debolezza della sovranità nazionale da un lato e la mondializzazione dovuta al capitalismo che distrugge i legami preesistenti.
Hanno individuato come bersaglio questi problemi, ma la risposta che forniscono consiste nel dare spiegazioni razziste e moraleggianti. Tutti i problemi contemporanei sarebbero per loro generati dall’immoralità.
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Lei sostiene che la Francia è stata trasformata dai modi in cui l’Algeria è diventata indipendente. In quale misura questa storia può spiegare la crisi identitaria attuale?
Noto l’assenza di spiegazioni data al momento dell’indipendenza algerina, propria di un approccio tecnocratico al problema. È anche il momento nel quale è stata fondata una repubblica ultrapresidenzialista con istituzioni che emarginano le istanze intermedie, come il potere legislativo. Abbiamo potuto osservare una radicalizzazione dell’idea nazionale che affermava ad esempio che gli algerini non potevano essere francesi.
È proprio a partire da questo momento, negli anni sessanta, che l’estrema destra ha cominciato a teorizzare la propria sconfitta in Algeria, che sarebbe dovuta al fatto che la Francia ha perso la propria virilità con un discorso sulla “razzializzazione”, diventato oggi un discorso sulla “femminilizzazione”. Vi è stata una diffusione di queste teorie dopo la sconfitta nell’Algeria francese; sono le stesse che oggi vengono riproposte dalla Manif pour tous o da Eric Zeymour.
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Bisogna dunque leggere la crisi attuale alla luce delle disfunzioni (in Francia) della Quinta Repubblica?
Sì, dato che con la Quinta Repubblica, nel 1962, si è creato un nuovo equilibrio istituzionale, diverso da quelli delle repubbliche precedenti: la repubblica presidenziale è impregnata dell’idea della figura di un uomo forte. Nello stesso periodo si è fatta strada una visione dell’identità nazionale europea, aperta sì, ma pur sempre bianca e razziale. Ad esempio, agli algerini è stata tolta la cittadinanza francese.
Non deve quindi sorprendere il fatto che la Francia negli anni ottanta abbia conosciuto crisi costanti sul tema immigrazione, che oggi investono anche il concetto di genere e di sessualità.
Nel 1962 la Quinta Repubblica era basata su un immaginario di genere. La debolezza di queste istituzioni, che si sono dimostrate incapaci di affrontare le sfide del XXI secolo, è dunque in parte fondata su questa “razzializzazione” e sulla difficoltà di concepire realtà che esulano dal modello eterosessuale tradizionale. Negli anni sessanta si è cercato di escludere i gay dallo spazio pubblico. I legami tra questi due fenomeni sono, a mio avviso, evidenti.