Marco Bisceglia. Il prete che fondò l’Arcigay
Intervista a Rocco Pezzano
Marco Bisceglia è una straordinaria figura di prete lucano, sconosciuta ai più, fautore di una chiesa cattolica dalla parte degli ultimi che, sospeso a divinis, fece coming out e, nel 1980, contribuì a far nascere il primo Collettivo Omosessuale dell’Arci, da cui poi nacque l’Arcigay.
La sua vicenda eccezionale è raccontata dal bel libro del giornalista Rocco Pezzano “Troppo amore ti ucciderà – Le tre vite di don Marco Bisceglia” (ed. Edigrafema, 2013, 320 pagine), un viaggio nelle vicende dimenticate del nostro tempo.
A lui chiediamo: “chi era don Marco Bisceglia?”
Un uomo di fede, innanzitutto. Un pioniere che parlava fuori dal tempo, svincolato dalle secche del passato, dalle piccolezze del presente, dalle incertezze sul futuro.
La sua storia è così lunga e ricca di fatti, uno più sorprendente dell’altro, che è impossibile raccontarla tutta qui.
La riassumerei così: sacerdote lucano, studi da gesuita e animo da operaio, afferma la primazia del Vangelo, per questo motivo giunge ai ferri corti con i superiori gerarchici e infine è cacciato dalla sua chiesa da parte di un esercito di trecento carabinieri in assetto antisommossa. La sua ultima omelia commuove tutti, militari compresi.
Rimasto solo, in mezzo a una strada, va a Roma. E fonda l’Arcigay. Questa è l’ossatura della sua vicenda terrena. Su questo scheletro s’innerva un corpo di storie che comprendono il Ventennio, Guido Miglioli, padre Diez Alegrìa, Marco Pannella, suor Marisa Galli, Nichi Vendola, Luigi Di Liegro eccetera eccetera. Blocchi stradali, processi e condanne, Marco che diventa latitante e viene salvato da Sandro Pertini. E poi drammatici confronti con la propria coscienza, la paura di aver frainteso se stesso. E ancora, una vis polemica capace di fronteggiare chiunque, di andare contro gli interessi propri e l’affetto degli amici.
Un uomo celebrato all’epoca in mezzo mondo (ci furono reportage del New York Times e della Bbc) e divenuto paria per tutti. Insomma, quasi un secolo di storia italiana attraversato con una significatività e un’intensità rare.
Come hai scoperto la sua storia
Per caso, leggendo un trafiletto sul quotidiano La Stampa che parlava di lui come del “primo sacerdote che aveva sposato una coppia omosessuale”. Enorme panzana nata per un equivoco, ma il fatto che fosse di Lavello, paese della Basilicata, mi aveva incuriosito. Scritto un primo articolo, venni contattato dalla sorella di Marco, Anita, che mi ringraziò per aver ricordato la figura del fratello e mi disse di avere molto materiale su di lui.
Da lì cominciò la mia ricerca, che mi ha portato in giro per la Basilicata, poi in Puglia, poi a Roma e infine a Bologna. Per questo la base archivistica del libro è robusta: ho messo insieme faldoni e faldoni di documenti spesso inediti, lettere, testimonianze, vecchi articoli di giornale.
Perché hai deciso di raccontarla in un libro
La domanda corretta sarebbe: come si fa a non raccontare questa storia? Sono un giornalista. Non potevo credere che nessuno ci avesse scritto sopra un libro prima. Per me narrarla era diventato necessario, vitale per la mia etica professionale e la mia passione per le storie.
Quanto del cammino percorso da Marco Bisceglia rimane ancora attuale
Potrei limitarmi a riferire quanto mi riportano i suoi amici e sua sorella. Li chiamano spesso per dire loro: guarda, papa Francesco ha dichiarato oggi quello che Marco aveva detto quarant’anni fa, e per questo era stato perseguitato.
La sua visione della fede e del mondo aveva tratti profetici. Quello che diceva ad esempio sull’omosessualità negli anni Settanta era così tanto avanti sui tempi che ancora oggi sembra all’avanguardia. E dobbiamo la testimonianza su quell’episodio a un vero e proprio agguato tesogli, a tradimento, da due giornalisti del Borghese fintisi coppia gay.
La sua chiesa era quella di chi non si limita alle belle parole, e nemmeno agli atti, ma di chi vuole vivere nel profondo del proprio animo gli insegnamenti del Vangelo.
Ha creato una comunità di base diversa da tutte le altre: non c’erano intellettuali a infoltirla come altrove, ma operai e braccianti. Povera gente per la quale Marco traduceva i propri pensieri in parole semplici.
A lui non interessava portare persone verso la chiesa, meno che meno acquisire meriti, ma rinnovare la chiesa dall’interno, rifondandola – insieme ad altri amici e “colleghi” – sulla base di un messaggio di semplicità e purezza.
Detto questo, aveva un carattere impossibile, un’inflessibilità eccessiva e spesso un’ingenuità di fondo che ne viziava le posizioni. A volte era insopportabile. Non voglio nasconderne le ombre. Ma di sicuro la luce prevaleva, di molte lunghezze.
Il taglio netto fatto da Marco Bisceglia col mondo che aveva contribuito a creare (arcigay, comunità di Base) come te lo spieghi?
E’ l’aspetto più arcano della vita di Marco. Non voglio anticipare molto, mi piacerebbe che i lettori lo scoprissero seguendo il filo della sua vita. Ricostruirlo non è stato facile, sugli ultimi anni di Marco Bisceglia c’è come l’effetto di un buco nero, che ha assorbito tutto, anche la luce.
Alla fine sono riuscito a raccontare quegli anni fino alla fine.
Di sicuro posso dire che, a dispetto di quello che sembra – un taglio netto, un muro che separa il prima dal dopo – c’è un filo che collega quelle che chiamo “le tre vite di don Marco Bisceglia”. Ai lettori lascio la scoperta di quale sia.
Chi è Rocco Pezzano?
Innanzitutto, una persona che non riesce a parlare di sé in terza persona. Sono un papà innamorato dei suoi figli. E sono un giornalista innamorato delle sue storie.
Rocco Pezzano, “Troppo amore ti ucciderà – Le tre vite di don Marco Bisceglia” (ed. Edigrafema, 2013, 320 pagine)