Maria, madre di Dio e della mia fede gioiosa di persona queer
Testimonianza di di Emma Cirslik* pubblicata sul sito Sojourners (Stati Uniti) il 16 giugno 2023, liberamente tradotta da Marcella
Anche se la Chiesa Cattolica Romana potrebbe non essere d’accordo con me, la mia fede cattolica non ruota attorno a un uomo, ma piuttosto a una donna.
I suoi capelli sono coperti da un velo opaco e indossa una lunga veste bianca avvolta da un manto azzurro. Ha le mani tese e dalla punta della dita partono raggi di luce che s’irradiano lungo i suoi fianchi. Il suo nome è Maria, madre di Dio, e sono in Lei le fondamenta della mia fede cattolica e della mia gioia queer.
E’ stato solo verso i miei vent’anni che iniziai a vederla come la profetessa queer che aveva sfidato le convinzioni di genere del suo tempo.
Da bambina, quando vivevo in una vasta periferia di Chicago abitata per lo più da gente polacca ed italiana , la sentivo sempre vicina. Recitavo il Rosario ogni notte, passando e ripassando le dita sui grani della corona di mia nonna fino a sentirmele doloranti.
Maria stava dietro le quinte di ogni chiesa che visitavo, sorridendo gentilmente, anche quando inciampavo nella navata, irritata e col libro dei salmi tra le mani. Era una consolazione, un angelo custode materno, che mi seguì fino agli anni della mia scuola media.
In quel periodo partecipai ad un ritiro spirituale organizzato da una chiesa della diocesi per le ragazze cattoliche della scuola media.
All’evento era stato dato il titolo “Bellezza Vera”. Erano gli inizi del 2000, anni in cui raggiunse l’apice il movimento culturale della purezza, che equiparava l’astinenza e la purezza sessuale alla salvezza.
Dopo ore nella chiesa, ci mettevamo in fila lungo la navata centrale, borbottando e punzecchiandoci a vicenda. Ognuna di noi camminava sola e portava all’altare una rosa bianca, che simboleggiava la nostra promessa di purezza.
Maria stava sull’altare a rappresentare il modello di donna al quale dovevamo ispirarci.
Anche se non intenzionalmente, il rituale mi allontanava da Maria. Mentre da bambina la sentivo camminare con me lungo quella navata ogni domenica, incoraggiandomi ad incrociare le braccia e a chiudere gli occhi in preghiera, quel ritiro e la mia scuola media stessa mi facevano sentire sola.
Durante quel ritiro mi insegnarono che Maria era la vergine ideale, madre e moglie eterosessuale, incarnazione della purezza sessuale, trasformandola così in un simbolo di pura iperfemminilità e facendomi sentire estranea ad una immagine che vedevo come l’unica rappresentazione della divinità femminile.
Nei sei anni successivi, mi impegnai a trasformarmi nel modello di donna che credevo Lei fosse, ma alla fine crollai.
Al college, mentre lavoravo come assistente ricercatrice per il programma di storia orale LGBTQ+ di Muncie , nel corso di un’intervista con l’unico videografo sostenitore del matrimonio queer dell’Indiana, sentii parlare della purity culture (cultura della purezza).
Ricordo che stavo facendo nel contempo ricerche sulle tradizioni del velo tra le giovani donne cattoliche: una pratica strettamente connessa alla purezza sessuale e di genere.
Quando scrissi le conclusioni delle mie ricerche, qualcuno m’incoraggiò ad analizzare la mia esperienza di fede ed in quale modo essa coinvolgeva il mio genere e la mia sessualità.
Come risultato, rivolsi di nuovo l’ attenzione a Maria. Lei era ancora nell’angolo di ogni chiesa che visitavo, ma per anni evitai il suo sguardo, nel timore che giudicasse la persona che ero diventata per non essermi trasformata in una sua versione.
Fu solo quando iniziai la Queer and Catholic: Un programma di storia orale presso la Pacific School of Religion, dove imparai l’importanza che dava Maria ai cattolici queer.
Era la loro mamma, così come era la madre di Dio; proprio per la persona che Maria era, li amava e li accettava per quelli che anch’essi erano. Per molti teologi e laici LGBTQ+ questa prospettiva di Maria è ciò che li collega a Lei e legittima la loro appartenenza al cattolicesimo.
La Pastora bisessuale ed attivista Elle Dowd sostiene che Maria è profetessa per il fatto che la storia dell’Annunciazione coincide con quella di Zaccaria (Luca 1, 8-23, 26-38). Pur essendo stati visitati entrambi dall’Arcangelo, solo Maria crede alle sue parole ed è in virtù di questa sua fiducia che è trasformata nel tempio che ha dato al mondo il Messia Gesù Cristo.
Anche se, per le tradizioni del suo tempo, a Maria sarebbe stato proibito di entrare nella parte più interna e più sacra del tempio di Gerusalemme per via del suo genere, il suo grembo è diventato un tempio superiore, per aver portato Cristo.
Luca dà anche una versione critica dell’episodio dell’Annunciazione, annotando la perplessità di Maria sul concepimento di un figlio senza conoscere uomo. L’Arcangelo Gabriele le risponde:”Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra (1, 34-35).
La pastora queer Rev. Angela Yarber sovverte l’idea che Maria, Giuseppe e Gesù rappresentino il prototipo di famiglia eterosessuale. Rifacendosi alla teologia di liberazione femminista, sostiene che lo Spirito Santo è femmina ed il racconto dell’Annunciazione è decisamente queer, essendo donne i due genitori di Gesù. La Yarber dice :”Dio è Colei… Maria e Colei che E’ (Dio), ed hanno dato al mondo Gesù. Gesù ha due mamme!”.
Richiamando il tema trattato da Sojourner Truth alla Convenzione Donne dell’Ohio del 1851, secondo il quale Cristo è venuto al mondo per opera di Dio e di una donna, Yarber dice: “L’uomo non ha nulla a che fare con Lui !”.
Scrive la Yarber: “Io credo nel potenziale di una Maria queer per incoraggiare, rafforzare, ravvivare ed inorgoglire la comunità queer per essere quella che è, per rendere onore e celebrare la bellezza delle famiglie che riusciamo a creare nonostante le molte minacce del mondo”.
Per la Yarber, si tratta in definitiva di fidarsi delle interpretazioni teologiche queer e del loro potenziale per creare una chiesa affermativa ed accogliente. Maria può essere perciò considerata la liberatrice queer dai ruoli tradizionali di genere e di sesso.
La versione di Maria che mi fu data negli anni della mia scuola media non esiste. Fu la creazione di culture ed istituzioni che mirarono a sostenere il ruolo tradizionale del genere, la sacralità del patriarcato e la purezza sessuale.
La teologia della liberazione queer mi ha dato la prova che Maria condivide l’orientamento e la volontà della mia fede cristiana.
*Emma CIESLIK è una studiosa di religione ed una persona queer disabile, operatrice museale a Washington (Stati Uniti).
Testo originale: Mary, Mother of God, Help Me Find Queer Joy