Mater queer
Riflessione di Fabio Trimigno della Rete ZACCHEO, Cristiani Queer di Puglia
MATER DEUM. Si narra che Zeus per corteggiare Alcmena triplicò la durata della notte e, unendosi a lei con l’inganno, generò un figlio. Con la lunghezza del tempo consumato per procrearlo, Zeus preannunziò la forza eccezionale del figlio che sarebbe nato.
Alcmena partorì e, temendo la gelosia di Era (moglie di Zeus), abbandonò il neonato nel luogo che si chiama “campo di Eracle”.
Fu proprio Era a trovarlo nel campo e a chiamarlo Eracle e, presa da tenerezza per quel bambino, gli porse il suo seno per renderlo immortale.
Eracle si aggrappò al seno con la forza di un semidio e uno schizzo di latte si sparse nel cielo, generando la via lattea: rivoli di denso latte fluirono dal seno della Madre degli Dei e tinsero il firmamento del loro colore.
MATER LACTANS
“Mater Lactans” (la Madre che allatta) è un’iconografia ricorrente nell’arte cristiana, a volte accompagnata dall’espressione “monstra te esse matrem” – dimostra che sei madre – o con la definizione greca “Παναγία Γαλακτοτροφοῦσα (Panaghia Galaktotrophousa)” – Nostra Signora del Lattante.
E’ inevitabile la similitudine tra Era che allatta Eracle, un semidio (per metà umano e per metà divino) e Maria che allatta Gesù, il Figlio dell’Eterno, vero Dio e vero Uomo.
L’elemento umano e l’elemento divino come facce della stessa medaglia: da una parte la brillantezza della “luminosa via lattea celeste”, dall’altra la secrezione della “liquida via lattea terrestre”.
Anche Santa Caterina da Siena, in una lettera scritta a Madonna Bartolomea, sublimava il latte dell’amore materno nell’ardore del “latte della divina carità”.
Ma se il nutrimento per la vita scorre da sempre attraverso l’umidità e la fluidità del latte e l’immobilità di un cadavere si manifesta nella secchezza di quella stessa umidità e fluidità del sangue, emergerà inevitabilmente un legame profondo tra latte e sangue.
Il latte dunque, in questa oscura corrispondenza con il sangue, “si guasta” come dicevano le nostre nonne, rivelando un’immagine di morte: il volto sorridente della Mater lactans trasuda in un volto disperato della Mater dolorosa di Iacopone da Todi, il dolce latte in contrasto con le amare lacrime.
MATER DOLOROSA
Mater Dolorosa (Madre Addolorata), è un titolo con cui molte volte i cristiani invocano Maria, la madre di Gesù. Il titolo si basa su alcuni momenti della vita di Maria descritti nei vangeli o tramandati per tradizione: la profezia di Simeone (Luca 2,34-35), la fuga in Egitto (Matteo 2,13-21), la perdita del Bambino Gesù nel tempio (Luca 2,41-51), Maria lungo la via crucis (tradizionale, non biblico), Maria ai piedi della croce (Giovanni 19,25-27), Maria accoglie Gesù morto (tradizionale, non biblico), Maria vede seppellire Gesù (tradizionale, non biblico).
Nello “Stabat Mater” di Iacopone da Todi leggiamo: “Stabat Mater dolorosa iuxa crucem lacrimosa”, ossia “la madre addolorata stava in lacrime presso la croce”. L’immagine del latte versato dal suo seno si trasfigura nel sangue versato sulla croce.
Maria, madre dolorosa, soffre la “spada” profetizzata, perché Gesù rompe con la tradizione: Maria deve imparare ad essere madre di un uomo in rotta di collisione con il sistema religioso, politico e patriarcale, un uomo maledetto da non pochi.
MATER MALEDICTI
Maria è nata nei bassifondi di Nazareth, in Galilea. Maledetto il paese in cui nacque: paese di impuri e di terroristi.
Maledetto il suo nome: “Maria” era anche il nome della sorella di Mosè, una donna che fu lebbrosa, pertanto sinonimo di sfortuna e sciagura.
Maledetto il giorno in cui è nata: la nascita di una bambina era sempre causa di tristezza, al punto tale che, per scongiurarla, al momento del concepimento l’uomo doveva pregare con fervore (dal terzo al quarantesimo giorno) affinché nascesse un maschio; e quando era l’ora del parto, si cercava di alleviare il dolore della partoriente dicendole: “Non temere, che partorirai un maschio!”.
Far nascere una donna era “seme sprecato”, un disonore presso tutto il vicinato: un maschio virile, genera sempre un altro maschio virile! La donna era considerata bugiarda per nascita: era semplicemente un oggetto, una cosa costantemente impura per il mestruo: era solo recipiente, perché era l’uomo a dare la vita.
Maledetto il suo sposo: Giuseppe non ha lapidato Maria secondo la legge prevista, e alcune fonti extra bibliche raccontano che Giuseppe era chiamato “pantera”, ossia il ribelle, pertanto non moralmente gradito.
Maledetto quel figlio diverso: non sposarsi per un uomo era un disonore per la tradizione, e Gesù non solo non prese moglie, ma si attorniava di apostoli peccatori, uomini testardi e guerrafondai, prostitute, riccone annoiate dai mariti (Giovanna moglie di Chuza).
Maria era madre di un figlio che si lasciava toccare, baciare e profumare da donne impure e di dubbia moralità.
STABAT MATER QUEER
Eppure Maria stava presso la croce. Storicamente Maria potrebbe non essere stata presso la croce di Gesù: se fosse stata presente in lacrime sarebbe stata uccisa secondo la legge allora in vigore che proibiva parenti e conoscenti di avvicinarsi al condannato crocifisso. L’evangelista Giovanni è l’unico che la pone ai piedi della croce, sottolineando l’aspetto teologico: Maria, madre della Chiesa che viene consegnata a tutta l’umanità.
Ma resta il fatto che Maria rimane, rimane sempre, rimane contro ogni aspettativa e in ogni circostanza. Maria rimane quando il figlio sente l’abbandono del Padre, “Dio mio, Dio mio, perchè mi hai abbandonato?”
Maria rimane con un figlio fallito, un pazzo, un eretico, un criminale, un maledetto appeso alla croce, senza lo straccio di discepoli o amici testimoni in sua difesa quando viene condannato a morte.
Quando ogni speranza cade noi cosa facciamo?
Quando sembra che tutto giri contro di noi che facciamo?
Maria rimane: lei, Madre dei Profeti, si siede accanto ai maledetti, ai reietti di ogni tempo, agli ultimi, agli emarginati, agli incompresi, ai perseguitati, ai diversi, ai queer, ai non conformi, ai deformi. Maria rimane perché crede, e proprio perché crede non esistono apparizioni per Maria, non ne aveva bisogno. Le apparizioni, i santuari, le reliquie sono per gli increduli e i dubbiosi: essi vedono per credere. Maria invece crede per vedere.
Maria rimane, rimane lì, beata perché “Beati quelli che non hanno visto e credono”.
Maria scardina la realtà con tutta la “grazia” di cui è piena, ne capovolge il significato, diventando tabernacolo della potenza di Dio perché “Il Signore è con lei”.
Maria, Madre dei Profeti, da maledetta tra i maledetti si trasfigura nella “benedetta fra tutte le donne”, crede per poi vedere e si affida: affidandosi accoglie, e nell’accogliere non prevede il futuro, ma legge il tempo presente, incarna il “nunc”, incarna l’oggi per vedere con i suoi occhi il “frutto benedetto” del suo stesso seno. Cos’è stato quel seno se non quello che ha nutrito il Figlio dell’Eterno, il Dio dell’Universo che si è nutrito del latte della nostra umanità?