Il matrimonio cristiano e la famiglia oggi, tra impegno e norma
Testo della teologa suor Margaret Farley* tratto dal libro Just Love: A Framework for Christian Sexual Ethics, Continuum International Publishing Group (USA), agosto 2005, pagg. 245-246, liberamente tradotto da Giacomo Tessaro
Questioni descrittive e normative. Non c’è dubbio che oggi, come in ogni luogo e tempo, alcuni matrimoni sono felici e altri no. Alcune volte, la relativa felicità o infelicità si collega alle convinzioni sulla natura del matrimonio, altre volte no; talvolta esse hanno chiaramente a che fare con i problemi strutturali delle famiglie, ma non sempre. Chiunque rifletta attentamente sull’esperienza famigliare ritiene sia giusto trasformare le prassi oppressive, ma non tutti sono d’accordo su cosa sia oppressivo o su come dovrebbe svilupparsi la trasformazione. Il matrimonio e la famiglia sono nel mezzo delle cosiddette “guerre culturali” di oggi e di battaglie politiche più che mai incerte. Quasi tutti desiderano che queste due istituzioni generino benessere e sviluppo umano; i cristiani desiderano anche che esse, assieme al contesto in cui si trovano, conducano a una relazione con Dio.
È generalmente accettato che il matrimonio richieda impegno: significa prendere su di sé particolari tipi di obblighi che altrimenti non si avrebbero. Anche la vita in famiglia richiede impegni e obblighi, molti dei quali non sono liberamente scelti, come gli obblighi dei figli verso i genitori o dei fratelli e delle sorelle tra di loro. Tali obblighi sono “dati”, non dipendono da una scelta, ma con il tempo richiedono di essere ratificati da una libera scelta e da un libero impegno. Il matrimonio e la famiglia richiedono impegni verso le persone: amore e cura, contenimento e sostegno.
Fino a che tali impegni rimangono nell’alveo delle normali aspettative della società, essi non riguardano solo l’amore e la cura: per il bene dell’amore e di chi amiamo, ci impegniamo di fronte a delle istituzioni che ci richiedono di rimanere fedeli al nostro amore, perciò prendiamo un impegno o ratifichiamo i nostri obblighi di fronte a una istituzione che riconosciamo. Il matrimonio è una cornice istituzionale per l’amore e non riguarda solo il sesso, bensì un intero cantiere di vita da condividere insieme: qui stanno la sua gloria e i suoi problemi. Questa cornice per l’amore, scelta o ratificata, implica non solo relazioni di lealtà ma un crescere insieme, una vita condivisa intrinsecamente buona in se stessa, in quanto getta un ponte tra le generazioni e si apre al mondo: qui stanno i suoi tesori e i suoi potenziali disastri.
Come le relazioni umane sono o dovrebbero essere governate da determinate norme o principî etici (in particolare, da norme di giustizia), così anche le cornici istituzionali in cui si sviluppa l’impegno per tali relazioni dovrebbero essere soggette a norme di giustizia; in caso contrario, possiamo metterle in discussione o dimenticarle, oppure possiamo avvizzire nell’attesa. Cosa può significare tutto questo per la nostra concezione del matrimonio e della famiglia, ed anche per la nostra vita?
* Suor Margaret A. Farley, nata il 15 aprile 1935, fa parte della congregazione americana delle Sisters of Mercy (Suore della Misericordia) ed è professoressa emerita di etica cristiana presso la Yale University Divinity School dove ha insegnato etica cristiana, dal 1971 al 2007, ed è stata anche presidente della Catholic Theological Society of America (Associazione Cattolica dei Teologi d’America). Il suo libro Just Love (2005), ha avuto numerose critiche e censure da parte della Congregazione per la Dottrina della Fede per le opinioni morali espresse, considerate divergenti dal magistero cattolico, ma ha ricevuto invece ampio sostegno e approvazione dalla Leadership Conference of Women Religious (Conferenza delle Religiose degli Stati Uniti) e della Catholic Theological Society of America (Associazione Cattolica dei Teologi d’America).