Matrimonio gay, la battaglia di Obama alla Corte Suprema
Articolo del 26 marzo 2013 di maurizio molinari pubblicato su lastampa.it
La differenza fra nozze gay e eterosessuali viola la parità di diritti fra i cittadini garantita dalla Costituzione? È questo l’interrogativo a cui la Corte Suprema di Washington si propone di rispondere esaminando oggi il caso «Hollingsworth contro Perry» che divide l’America.
Dennis Hollingsworth è il leader del gruppo «ProtectMarriage» (Proteggi il matrimonio) che nel novembre 2008 vinse in California il referendum sulla «Proposition 8» facendo adottare un emendamento costituzionale contro le nozze gay, decretando l’annullamento di circa 18 mila matrimoni omosessuali già celebrati nel «Golden State».
Kris Perry è invece la lesbica di San Francisco che, assieme alla partner Sandy Stier ed alla coppia di gay di Los Angeles Jeff Zarillo e Paul Katami, ha presentato istanza di incostituzionalità contro la «Proposition 8» affermando che viola la parità di diritti fra i cittadini.
I nove giudici della Corte Suprema ascolteranno i rispettivi argomenti in un’udienza che si annuncia rovente perché sugli opposti fronti si sono schierati nomi, istituzioni e aziende private di primo piano, disegnando uno scontro di visioni assai più ampio della tradizionale contrapposizione fra progressisti pro-gay e conservatori anti-gay.
A sostenere la tesi di Hollingsworth contro le nozze gay è la Conferenza episcopale degli Stati Uniti assieme a 20 dei 38 Stati americani che proibiscono per legge il matrimonio omosessuale mentre a favore di Kris Perry e dell’equiparazione fra nozze gay ed etero ci sono l’amministrazione Obama – che parteciperà all’udienza con l’avvocato dello Stato Donald Verrilli – giganti dell’industria come Apple, Alcoa, Verizon e Xerox, e oltre 130 volti del firmamento conservatore guidati dall’attore Clint Eastwood.
La Corte Suprema esaminerà un secondo caso inerente allo stesso tema domani, trovandosi a pronunciare sulla costituzionalità del «Defense of Marriage Act», la legge federale che impedisce al governo di riconoscere le nozze gay anche negli Stati americani dove sono legali.
Le sentenze sono attese entro la fine di giugno ed il verdetto avrà anche un impatto politico perché il presidente Barack Obama è divenuto durante la campagna per la rielezione un dichiarato sostenitore della parità di diritti fra gay ed etero, equiparando questa battaglia – nel discorso del secondo insediamento a Washington – a quelle combattute in passato dalle donne e dagli afroamericani contro l’intolleranza e il razzismo negli Stati Uniti.
Un sondaggio di «Washington Post» e «Abc News» attesta che il sostegno alle nozze gay è al 58%, il più alto di sempre, ma la destra cristiana contesta questi dati. Ralph Reed, leader della «Christian Coalition», ribatte che «nei 34 referendum svoltisi sul matrimonio negli Stati americani i sostenitori delle nozze gay hanno vinto in appena tre occasioni» e Gary Bauer, ex candidato presidenziale repubblicano, aggiunge che «negli Stati liberal l’opposizione non scende mai sotto il 46-45%» a conferma che il fronte del «no» è «assai più massiccio di quanto non affermino i sondaggi d’opinione».
Talk show tv, trasmissioni radio, editoriali dei quotidiani e opposte manifestazioni di piazza completano il quadro di una battaglia che coinvolge gli americani assai più della tradizionale diatriba sull’aborto.
Anche grazie alle storie personali che la costellano: dall’avvocato conservatore Theodore Olson, con la moglie uccisa negli attacchi dell’11 settembre 2001, che sarà in aula a difendere le nozze gay al senatore repubblicano dell’Ohio Robert Portman che si è schierato a sorpresa a favore dei diritti omosessuali dopo aver appreso che il figlio Will è gay.