Matrimonio gay: no alla coalizione dell’odio
Appello* tratto dal sito de “Le Monde” (Francia) del 17 novembre 2012, liberamente tradotto da www.finesettimana.org
Non passa giorno senza che i gay e le lesbiche francesi siano pubblicamente insultati. Si potrebbe datare l’apparizione di questa aggressione permanente dal 4 febbraio 2005, quando un deputato UMP ha osato dichiarare a loro riguardo: “Dico che sono inferiori moralmente”.
È stato l’inizio di una litania astiosa proseguita con una dichiarazione parallela a proposito del matrimonio gay: “E perché non (parlare) delle unioni con animali?”, nel pieno dei lavori della commissione per le leggi dell’Assemblée Nationale (25 febbraio 2011).
Queste frasi hanno potuto essere pronunciate perché certe persone sono “senza complessi”. Si ritengono autorizzate a dire tutto ciò che pensano, se questo si può definire pensare. Il responsabile di questa degradazione del modo di esprimersi in pubblico è l’ex presidente della Repubblica, la cui campagna elettorale è stata caratterizzata dall’omofobia.
Fin dalla sua dichiarazione di candidatura, in piena crisi mondiale, non ha parlato prima di tutto di economia, no, il primo punto da lui presentato è stato il rifiuto del matrimonio gay (11 febbraio). Alcuni giorni dopo (19 febbraio) dichiarava che i gay “non amano la Francia”.
L’idiozia di simile affermazione, considerando la storia, da Luigi XIII al maresciallo Lyautey, non ha trattenuto dal parlare un uomo che, per finire, ha schernito i gay, dicendo che sono in contraddizione nel volere il matrimonio, visto che rivendicano il “diritto alla differenza” (17 aprile).
Somiglianza, differenza, qualunque cosa i gay e le lesbiche dicano, hanno torto. Peggio, non ne hanno il diritto. Visto che glielo si rifiuta. Non bisogna quindi sorprendersi del fatto che i discendenti politici del “sarkozysmo” si siano scatenati all’annuncio del progetto di legge timidamente definito “matrimonio per tutti”, come se le parole gay e lesbica fossero vergognose.
Durante il dibattito per la presidenza dell’UMP, Fillon ha dichiarato la sua “opposizione totale al matrimonio omosessuale”,seguito da Copé che ha affermato che “non celebrerà nessun matrimonio omosessuale” (25 ottobre). Tre giorni dopo, lo stesso Copé ha pensato di organizzare delle manifestazioni contro il matrimonio gay. Si è unita a lui su questo punto quella che alcuni hanno soprannominato sua sorella di latte, Marine Le Pen (1° novembre), che ha poi chiesto un referendum sulla questione (4 novembre); la prossima proposta sarà la gogna?
L’offesa è non solo quotidiana, ma pluriquotidiana: lo stesso 4 novembre il deputato Laurent Wauquiez prometteva l’abrogazione se la destra tornasse al potere. Il 5, la deputata Valérie Pécresse prevedeva l’annullamento dei matrimoni. La crescente forza dell’insulto politico è manifestata molto bene dal numero dei deputati e dei senatori UMP che hanno firmato una petizione contro il matrimonio gay: erano 82 nel gennaio 2012, e 180 in ottobre. Da dove arriva l’idea che il matrimonio gay metterebbe in pericolo la Francia? I dieci paesi del mondo in cui esiste hanno forse visto orde di gay e di lesbiche dipingere di rosa le statue de grandi?
David Cameron che dice: “Sono a favore del matrimonio gay perché sono conservatore” (10 ottobre) è forse un cattivo britannico? Un cattivo conservatore? Un cattivo uomo? Barack Obama, che, nel suo discorso di elezione, ha dichiarato: “Che voi siate (…) gay o eterosessuali, potete realizzarvi in America” (7 novembre), vuole forse la distruzione della civiltà occidentale? I politici francesi che fanno quelle dichiarazioni demagogiche, solleticano un elettorato che dovrebbero invece educare. François Mitterrand ha ottenuto il suo status di statista affermando, mentre era candidato alla presidenza e sapeva che la maggioranza dei francesi era contraria, che avrebbe chiesto l’abrogazione della pena di morte se fosse stato eletto. Nel caso del matrimonio gay, la maggioranza della popolazione lo approva. I rappresentanti di tutte le religioni si sono uniti nella corsa all’insulto.
Il 14 settembre, il cardinale di Lione associava il matrimonio gay alla poligamia e all’incesto. Il 3 novembre era l’arcivescovo di Parigi e cardinale che, in nome della democrazia partecipativa, approvava manifestazioni contro questo matrimonio che “distruggerebbe le basi della nostra società”. Lascio a ciascuno di voi qualificare come vuole un uomo che chiama democrazia partecipativa delle manifestazioni di piazza e invita a parteciparvi, mentre il papa viene eletto da 120 cardinali che non rendono assolutamente conto ad un miliardo di fedeli.
Non insisteremo sul silenzio non partecipativo del clero quando di trattava di impedire i torrenti di pedofilia che hanno portato quasi all’annientamento delle Chiese irlandesi e statunitensi, per non parlare solo dei paesi in cui gli scandali sono diventati pubblici. Usando in maniera molto dubbia la parola “lobby”, il cardinale e arcivescovo di Parigi sa di che cosa parla, poiché, in questo caso come in molti altri, la sua Chiesa fa “lobby” in maniera accanita.
Sembrerebbe che per lui “lobby” sia un gruppo che difende interessi che non gli piacciono. Il cardinale è stato preceduto, il 19 ottobre, da venticinque pagine scritte contro il matrimonio gay dal grande rabbino di Francia e seguìto, il 6 novembre, da una dichiarazione nello stesso senso fatta dal presidente del Consiglio francese del culto musulmano (CFCM). La collusione dell’odio è così patente che il Consiglio francese del culto musulmano, che non sapevamo essere così ecumenico, rinvia, sul suo sito, agli attacchi degli altri culti.
La Federazione protestante di Francia assicura che il matrimonio gay “non è un regalo da fare alle generazioni future” in una petizione firmata anche dai ministri delle Chiese luterana, greca, anglicana e armena. Occupandosi di faccende di diritto civile che non le riguardano in considerazione della separazione di Chiesa e Stato, questi culti desidererebbero forse l’unione delle Chiese e dello Stato per un migliore ostracismo dei gay e delle lesbiche?
I media riproducono questi attacchi con una premura che sembra rasentare la compiacenza. Anche qui, attacchi quotidiani contro i gay e le lesbiche, e rarissime pubblicazioni di interventi che presentano il punto di vista opposto.
Il 3 ottobre, Le Figaro ha pubblicato diverse pagine contro il matrimonio gay basate sui “psi” [ndr.: psicanalisti, psicologi, ecc.], di cui invita di solito a diffidare. Ogni giorno è tornato alla carica, pubblicando ad esempio un appello di sindaci che intenderebbero “scioperare” contro una legge che non è neppure ancora stata votata. Dov’è il rispetto della legalità giustamente sostenuto da un giornale conservatore?
Il 28 ottobre, Le Monde pubblicava l’intervista di un teologo cattolico membro del Comitato consultivo nazionale di etica, diretta contro i gay: “Gli omosessuali vogliono entrare nella norma sovvertendola”. Che l’autore di un’asserzione di tale disprezzo possa essere membro di un comitato di etica è motivo di stupore. Avrà senza dubbio dimenticato le pratiche dei primi cristiani che hanno sovvertito le istituzioni dell’Impero romano fino ad impadronirsene.
Tutti questi insulti non avrebbero potuto essere espressi cinque anni fa. Gli indugi del governo e il rinvio della votazione della legge fanno sì che, fino al momento del voto, gli insulti continueranno. Abbiamo deciso di non sopportarli più pazientemente. Non firmiamo petizioni di professione. Tra noi ci sono gay, lesbiche, eterosessuali. Alcuni di sinistra, altri di destra, alcuni cristiani, altri ebrei, altri agnostici. Indipendentemente dal loro orientamento sessuale, alcuni hanno figli. Alcuni sono celibi o nubili, altri sposati. Nessuno deve render conto a nessuno sul proprio modo di vivere.
La maggior parte ha avuto genitori eterosessuali e, tra loro, alcuni hanno avuto un’infanzia infelice. Non accusano di questo l’eterosessualità. Alcuni hanno genitori omosessuali e hanno avuto un’infanzia felice. Non ne attribuiscono il merito all’omosessualità. Non abbiamo i pregiudizi dei nostri nemici. I gay e le lesbiche rendono servizi alla Francia non meno di strani teologi o politici senza idee.
I populisti omofobi si rendono conto che le loro diatribe facilitano il passaggio all’azione? Che, se delle persone, che si presuppone siano responsabili, parlano in maniera irresponsabile, la brutalità si sentirà giustificata?
In tutto questo, il matrimonio è un pretesto. Una volta che sarà acquisito, l’omofobia non cesserà, ed è quella che bisogna criminalizzare. Se c’è qualcosa di pericoloso in una società è la lobby della stupidità e dell’odio.
(*) Collettivo: Charles Dantzig, scrittore; Dominique Fernandez, scrittore; Christophe Honoré, regista; Olivier Poivre d’Arvor, direttore di France Culture; Ludivine Sagnier, attrice; Danièle Sallenave, scrittrice
Altri sottoscrittori del testo: Josyane Balasko, attrice; Jean-Luc Barré, scrittore, direttore della collezione Bouquins; Alex Beaupain, cantante; Pierre Bergé, presidente della Fondazione Pierre Bergé – Yves Saint Laurent, azionista di Le Monde; Martin Béthenod, direttore di Palazzo Grassi – Punta della Dogana; Geneviève Brisac, scrittrice; Sylvain Bourmeau, giornalista; Robert Cantarella, regista; Maxime Catroux, editrice; Manuel Carcassonne, vicedirettore generale delle editzioni Grasset; Edmonde Charles-Roux, scrittrice, presidente dell’Académie Goncourt; Patrice Chéreau, regista; Jean-Paul Civeyrac, regista; Kéthévane Davrichewy, scrittrice; Jean-Baptiste Del Amo, scrittore; Vincent Delerm, cantante; Diastème, regista; Virginie Despentes, scrittrice; Florence Dormoy, produttrice; Ferrante Ferranti, fotografo; Marcial Di Fonzo Bo, regista; Marina Foïs, attrice; Louis Garrel, attore; Thomas Gornet,scrittore; Olivier Gluzman, produttore; Marianne James, attrice; Pierre Jourde, scrittore; Thierry Klifa, regista; Jean-Marie Laclavetine, scrittore; Valérie Lang, attrice; Eric Lartigau, regista; Catherine Leblanc, scrittrice; Katia Lewkowicz, regista; Claude Lévêque, artista; Amin Maalouf, scrittore, dell’Académie française; Thierry Magnier, editore; Sébastien Marnier, scrittore; Philippe Martin, produttore; Chiara Mastroianni, attrice; Arnaud Meunier, regista; Jean-Paul Montanari, direttore di Montpellier Danse; Gaël Morel, regista; Amélie Nothomb, scrittrice; Anne Percin, scrittrice; Patrick Rambaud, éscrittore, membro dell’Académie Goncourt ; Eric Reinhardt, scrittore; Serge Renko, attore; Mathieu Riboulet, scrittore, premio Décembre 2012; François de Ricqlès, presidente de Christie’s France; Pierre Rigal, coreografo; Cédric Rivrain, disegnatore; Thomas Scotto, scrittore; Abdellah Taïa, scrittore; Karin Viard, attrice; Eric Vigner, regista; Edouard Weil, produttore e Cathy Ytak, scrittrice.
Testo orioginale: Mariage gay: non à la collusion de la haine