Mi sono accorta di essere una lesbica cristiana “senza famiglia”
Testimonianza di Elisabetta sul IV Forum dei Cristiani LGBT (Albano 15-17 maggio 2016)
La meditazione introdotta da Padre Piva nel workshop “Chiesa casa per tutti” ha rappresentato il primo momento importante che ho vissuto al Forum dei Cristiani LGBT. Ci è stato proposto il brano di Abramo e Isacco con una lettura nuova per me: il padre scioglie il possesso con il figlio e lo libera, lo accompagna a Dio, perchè Lui solo sa come può essere piena la vita di ogni persona, quindi, nonostante lo smarrimento iniziale, Abramo si fida, consegna il figlio a Dio. Quella richiesta di sacrificio che avevo sempre inteso come una prova di fede quasi disumana, è diventata, in quest’ottica, la fiducia nella capacità liberante di Dio. Ma soprattutto mi è stato utile il confronto con gli altri partecipanti al gruppo, ci siamo scambiate le riflessioni e ho notato che tutti evocavano i rapporti con i propri familiari mentre la mia meditazione era andata esclusivamente sul senso “proprietario” che ho con i miei progetti e il mio futuro.
È stato molto significativo prendere coscienza di questo, mi sono accorta di essere una cristiana lesbica “senza famiglia”, forse ho rimosso la dimensione che, al momento, più mi mette in disagio. Ho detto negli ultimi anni a mia madre e a mio fratello della mia omosessualità (mio padre è mancato da tempo), ma ancora faccio fatica a parlarne, loro non chiedono per discrezione, così c’è questo non-detto tra noi che interrompe la schiettezza e la spontaneità quando ci troviamo insieme (vivo da anni in un’altra città).
Il secondo momento che ricorderò del forum è stato il workshop: “Quando il coming out irrompe in una famiglia cristiana”, guidato dalla psicologa Arianna Petilli. Ci è stato descritto il cammino di progressiva presa di coscienza che fa una persona omosessuale, dalla negazione alla rabbia o paura di perdere l’affetto, alla sopportazione (“ok, ma meglio non farlo sapere in giro”), all’accettazione serena, senza più sottrarsi alla visibilità. Sono fasi in cui mi sono riconosciuta ma soprattutto mi ha giovato capire che questo lento percorso, che in me avanza da alcuni anni e non è ancora arrivato al pieno compimento, questo lento percorso è lo stesso che cominciano a fare i familiari dal momento in cui ci si apre con loro.
Forse a vederlo da fuori è un’osservazione banale, ma mi ha fatto bene immedesimarmi nella loro reazione, non so se c’è stata nel loro animo negazione, colpevolizzazione, vergogna, non ne abbiamo mai parlato, durante il workshop ho capito che i familiari hanno necessità che si racconti loro l’interiorità affettiva di una persona omosessuale, perchè è una realtà che comunemente non conoscono, e se non sono io a parlargliene, loro non hanno la possibilità di comprendere.
Per questo ho deciso di scrivere una testimonianza, ormai il mio coming out l’ho fatto e posso solo provare a “raddrizzarlo”, ma ho capito che ho sbagliato i tempi e le modalità, se potessi tornare indietro eviterei tutta la drammatizzazione emotiva che mi è venuta: a mio fratello l’ho detto un po’ furiosa e in lacrime, perchè ero stata brusca nel chiedergli di non mettersi più su internet dal mio pc, lui ha intuito che avevo dei “segreti” e per un senso di colpa gli ho spiegato cos’è che gli nascondevo, ma in sostanza – anche se avevo un gran peso a nasconderglielo – comunque non ero pronta a condividere, e così la situazione è diventata un po’ convulsa e ancora oggi evitiamo di prendere il discorso…
Ecco, spero per le nuove generazioni che sempre più ci sia informazione e aiuto per chi si trova in situazioni simili, anche nelle parrocchie sarebbe bene parlarne, sarebbe prezioso trovare sacerdoti sensibili e documentati, perchè è molto importante arrivare al coming out in famiglia preparati.
Un testo che spiega bene tutto ciò è quello di Brogliato-Migliorini “L’amore omosessuale” (Cittadella editrice), soprattutto è utile la parte “Orientamenti pastorali” (mentre il capitolo iniziale sulla psicoanalisi mi ha lasciata un po’ perplessa ma non è il luogo, questo, per discuterne). Anche la relazione che Migliorini ci ha presentato al forum mi ha molto colpito, ma riporto solo un’osservazione perchè le altre sono presenti nel libro: “Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro appena udì che era il Signore, si cinse ai fianchi la sopravveste, poiché era spogliato, e si gettò in mare” (Gv 21,7). Ecco, non sempre Pietro riconosce Gesù, in questo caso, dopo la resurrezione, ha bisogno che un altro discepolo glielo indichi, allo stesso modo possiamo sperare che le azioni dei cristiani lgbt aiutino il papa e i custodi del magistero della Chiesa a vedere forme dell’esperienza umana finora rimaste oscure e contribuiscano a illuminarle.