‘Mio figlio è gay. E allora?’. Una madre racconta
Articolo tratto da Informacion.es (Spagna) del 2 settembre 2008, liberamente tradotto da Dino
Julian, che ha 25 anni, da tre anni vive insieme al suo ragazzo, sono registrati come coppia di fatto e non escludono di sposarsi. Una ulteriore storia della normalità con cui la comunità gay vive questi tempi. L’argomento di questo reportage però non è Julian, ma Celia, sua madre, una generazione precedente che ha dovuto adattarsi, con più o meno difficoltà, alla condizione sessuale dei propri figli. Un cambiamento a cui nessuno, o quasi nessuno, era preparato. La cinquantunenne Celia Juan dice che la prima cosa che ha pensato quando suo figlio le disse di essere gay è stata: “Sono del tutto impreparata”.
Questo è avvenuto sei anni fa, prima che Zapatero garantisse alla popolazione gay uguaglianza di diritti grazie alla legge che consente il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Celia riconosce che la dichiarazione di suo figlio, in quel momento, “è stato uno shock, ha rotto gli schemi, e chi lo nega non è sincero.
Una madre riesce ad intuire e noi due siamo sempre stati molto complici, ma dato che in fondo non si vuol vedere questa realtà, si evita l’argomento, finchè un giorno me l’ha detto, l’ho costretto io a parlarmene per non restare in questa incertezza”.
Quanto è durato questo shock? “Circa tre ore”, risponde con ironia la madre, che aggiunge subito: “E’ mio figlio, e per me non cambia nulla”. Rappresenta un cambiamento momentaneo dello stato d’animo, ma niente che possa stravolgere il nostro modo di vita nè il nostro rapporto.
Io l’ho sempre vissuto con normalità; anche il padre l’ha accettato, benchè in modo diverso poichè ognuno ha i suoi tempi. Se mio figlio non ha problemi, non voglio averli io.
Quello che non è logico è che i figli “escano dall’armadio” e che noi genitori, cerchiamo invece di infilarcisi. E’ ora di smetterla di dare tutta questa importanza alla condizione sessuale di una persona”.
Celia, che svolge il lavoro di educatrice infantile come suo figlio, ha accettato di essere la delegata ad Alicante di AMPGYL (Associazione di Madri e Padri di Gays e Lesbiche), creata nel 1995 a Barcellona, con gruppi presenti anche in altre 14 province, ed ha collaborato alla realizzazione un incontro organizzato quest’estate a Barcellona.
Lì Celia si è resa conto che “il fatto che io vivessi con naturalezza l’omosessualità di mio figlio non significava che gli altri la vivessero allo stesso modo o che in altre famiglie non ci fossero problemi. Ci sono persone alle quali si deve dare maggior appoggio ed è necessario stare accanto a loro, perchè questo dell’omosessualità dei propri figli non dovrebbe essere un problema per nessuno”.
Ricorda un padre “normalizzato”, come lei lo definisce, “che diceva che prima di conoscere la realtà di suo figlio raccontava barzellette sui “finocchi” ed affermava di aver agito proprio all’opposto di come avrebbe dovuto” e ancora si sorprende nel sentire quale grande sofferenza affrontano molte famiglie per accettare i loro figli ma si meraviglia di più nel verificare che ci riescono grazie all’aiuto e alla conoscenza; altri invece accettano questa realtà ma vivono ancora col timore del rifiuto sociale nei confronti del loro figlio.
Julian osserva che la comprensione della famiglia è fondamentale per andare avanti: “Possono insegnarti tante cose a scuola, ma l’appoggio in casa è basilare e, con questa premessa, non importa cosa ti verrà detto dagli estranei”, mentre sua madre ha aggiunto che l’importante è “guardare il fatto con serenità, che i genitori vedano che non sta succedendo niente di cui vergognarsi, che dobbiamo essere presenti per spianare la strada e che i nostri figli crescano emotivamente sani e forti” dopo aver affermato che c’è ancora molta strada da fare e che molte madri – e padri – devono attivarsi per evitare maggiori sofferenze ai loro figli, “siano gay, lesbiche e transessuali – sottolinea che – è un argomento molto serio di cui però si parla pochissimo”.
Il consigliere dell’Assistenza Sociale di Sax, Manuel Gomez Cano, ideatore del progetto e amico di Celia, l’ha incoraggiata a rappresentare l’associazione dopo che alcuni genitori gli avevano confidato “l’angoscia e i disagi con i quali si sobbarcavano la condizione dei loro figli, e i figli stessi le loro traversie nella completa solitudine, e che in molti casi la famiglia volta loro le spalle”.
Gomez assicura che il solo fatto di disporre di una corretta informazione migliora l’adattamento dei genitori “e non si può nemmeno immaginare come sia efficace il fatto che un genitore che si richiude in se stesso o vive con vergogna o senso di colpa l’omosessualità di un figlio, ascolti un altro che sia passato per la stessa esperienza e la viva con rispetto e dignità. Questo è fondamentale per i figli” ed ha aggiunto che anche se il maggior peso lo portano le madri, si augura che in futuro anche i padri se ne facciano carico.
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Testo originale: Mi hijo es gay, ¿y ahora qué?