Mio figlio è gay, mia figlia è lesbica. Cosa cambia?
Articolo di Thérèse Jeunejan pubblicato sul sito Le ligueur (Francia) il 13 maggio 2013, libera traduzione di Marco Galvagno
Lo sappiamo, un ragazzo giovane può vivere nell’adolescenza attrazioni o relazioni omosessuali senza che necessariamente vi sia un legame con il suo orientamento sessuale in epoca adulta. Ma a volte il ragazzo vuole essere se stesso senza nascondersi o mentire, con l’aiuto dei suoi genitori se è possibile. “Mai avrei pensato che mio figlio potesse essere omosessuale, è vero che aveva dei gusti divesrsi dagli altri ragazzi della sua età. Mi rassicuravo aveva delle buone amiche. Verso i vent’anni ha cominciato a a preoccuparsi e a dimagrire. Pensavo che stesse vivendo una delusione d’amore o che la gelosia lo opprimesse. Quando gli facevo domande, non rispondeva. Fino al giorno in cui per caso ho scoperto la lettera di un suo amico. Era una vera lettera d’amore.
Il cielo mi è caduto sulla testa. Tuttavia la mia idea sull’omosessualità era messa in crisi dal tono poetico, affettuoso e raffinato della lettera. Non era un vizio. Si trattava di una relazione globale: affettiva e sessuale. Credevo che l’omosessualità si curasse e che si trovasse una soluzione. Ero mostruosamente sola, non osavo parlarne a nessuno, mi stordivo con il lavoro. Non vedevo alcuna via d’uscita, nessun avvenire per mio figlio. Un giorno ha tardato a rientrare da lezione, ero molto angosciata e se avesse avuto un incidente? Ed è allora che ho accettato veramente mio figlio così come è. Non accettarlo era rifiutare d’amarlo. Non è come l’ho sognato. Ma quale dei miei figli realizza i miei sogni?”, racconta una madre.
“Da qualche tempo Guillaume alla minima occasione parla di un suo amico nel quale trova un sacco di qualità. Ne parla così spesso che ci facciamo domande, una storiella con una sua amichetta si è chiusa rapidamente. Nostro figlio ha sempre avuto amicizie solo maschili. Si è affezionato a insegnanti maschi. Sarà omosessuale?”, si chiede una madre.
Come reagire? E bisogna reagire? Secondo alcuni fare domande sul suo orientamento sessuale ad un ragazzo che non è pronto rischierebbe di farlo chiudere in sé o bloccarsi. Sarebbe meglio mostrare che si è aperti a un cammino personale. Al contrario, le testimonianze dei giovani sottolineano come si siano sentiti sollevati dall’aver potuto ammettere la propria omosessualità ai genitori, quando loro gli sono andati loro incontro.
Senza dubbio non c’è una maniera buona e unica di comportarsi in questi momenti non facili da vivere. Sappiamo che nell’adolescenza un ragazzo può avere attrazioni o relazioni omosessuali senza che necessariamente vi sia un legame con l’orientamento sessuale che avrà nell’età adulta: “Un ragazzo o una ragazza che si definiscono omosessuali possono aver avuto relazioni amorose con un patner dell’altro sesso. Inversamente possono aver avuto relazioni sessuali con un patner del proprio sesso ed in seguito considerarsi eterosessuali.” Detto questo come vivono i genitori l’omosessualità di un ragazzo o di una ragazza giovane.
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Uno shock
Le mentalità si evolvono, ma nessun genitore è pronto a diventare genitore di un gay o di una lesbica. Venir a sapere che il proprio figlio è gay o che la propria figlia è lesbica non è una cosa scontata. A volte è una scoperta ed uno shock per dei genitori che non avevano mai immaginato questo orientamento sessuale.
In alcune famiglie è espressione di una realtà che sospettavano, che temevano o rifiutavano, dato che non era mai stata espressa. Alcuni, fortunatamente, meno numerosi dei primi, rifiutano il figlio o la figlia attratto da persone del proprio sesso, con il rischio di conseguenze disastrose, perché può provocare comportamenti autodistruttivi.
Al momento del coming out dei loro figli, i sentimenti degli adulti entrano profondamente in crisi, possono provare tristezza nel constatare di avere un figlio o una figlia molto diverso da come lo credevano. Dalla sua nascita i suoi cari immaginano la vita futura del loro bambino: scuola, studi, lavoro, famiglia. Se ogni genitore prova il lutto del bambino immaginato, questo lutto è molto più complesso, se vi si aggiunge quello dei nipotini immaginari anche se le coppie omosessuali, in certi stati, possono adottare bambini.
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Domande e paure
Molti genitori si chiedono perché non è eterosessuale? Nella ricerca di una spiegazione molti genitori vorrebbero trovare un colpevole e immaginano, ad esempio, che il loro figlio sia stato influenzato da un amico. Oppure si sentono mettono sotto esame: “Cosa ho fatto di male? L’ho coccolato troppo? O al contrario sono stato troppo severo? Cosa ho sbagliato nella sua educazione?”
Domande alle quali raramente gli adulti sfuggono, mentre si sa con certezza che l’omosessualità non è una malattia che si prende, né un comportamento derivante da un tipo particolare di educazione. Non è colpa di nessuno, nessuno è responsabile del proprio orientamento sessuale.
La paura di ciò che dirà la gente, dello sguardo dell’altro su di sé o sul proprio figlio o figlia può pure essere presente. La paura dell’avvenire: “Max o Caroline saranno accettati dai loro cari? Dalla società? Come sarà la loro vita? Saranno felici?”. A tutte queste va aggiunta la paura dell’aids che colpisce di più gli omosessuali. Tuttavia per alcuni genitori venire a sapere dalla bocca del proprio figlio della sua omosessualità non è per forza un dramma, può anche essere visto anche come un’immensa prova di fiducia.
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Aiutare e sostenere
Quando un ragazzo o una ragazza rivela la propria omosessualità è perché vuole essere se stesso senza nascondersi. Desidera avere relazioni autentiche con i propri cari: famiglia e amici. Forse vuole impegnarsi ora o più in là in una relazione amorosa. Per il suo equilibrio personale, la sua serenità e anche la sua felicità è importante che possa accettare la propria identità sessuale.
Il rifiuto del proprio orientamento sessuale può giungere fino a provare un’omofobia interiorizzata, cioè ad odiare se stessi. E un’immagine negativa di sé può portare a idee di suicidio o al tentativo di compierlo.
Come per ogni ragazzo giovane in difficoltà, poterlo ascoltare è importante. Ascoltare senza giudicare. Ascoltare questo ragazzo per capirlo, accoglierlo e avere fiducia in lui. Sostenerlo è continuare ad amarlo ovvio e dirglielo, manifestarglielo: è sempre la stessa persona non è cambiato dall’oggi al domani, perché ha fatto coming out.
D’altro canto volere cambiare o curare un giovane che rivela la propria omosessualità non ha senso. Non è ammalato. Però un aiuto psicologico può essergli utile, dato che non è scontato che viva bene l’omosessualità nella nostra società. Un’altra maniera di sostenerlo è accogliere il suo eventuale patner: un gesto semplice e forte al contempo.
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Affrontare le domande
Non è scontato per dei genitori affrontare lo sguardo altrui, della famiglia, dei colleghi, dei vicini: dire o non dire che il proprio figlio è gay, la propria figlia lesbica?
“Ho ricevuto un’educazione basata sulla paura del cosa dirà la gente, ho dovuto fare un lavoro su me stessa per liberarmene”, dice una madre. “Perché è necessario dirlo? Si dice mai che il proprio figlio è eterosessuale?” aggiunge un padre. Ma non c’è nessun motivo di nasconderlo. Quando qualcuno fa commenti del tipo “non ha ancora la morosa?”, rispondetegli “no ha il moroso”. Alcuni genitori consci della difficoltà di vivere l’omosessualità, sono diventati militanti nella lotta contro l’omofobia.
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E dopo?
Qualunque problema ci sia stato al momento del coming out, dopo un periodo di tempo più o meno, la maggior parte delle testimonianze dei genitori sono positive. Se il legame genitore rimane, qualsiasi cosa avvenga, non può che rafforzarsi.
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Testo originale: Ma fille, mon fils est homo. Qu’est-ce que ça change ?