Mio marito per 17 anni mi ha nascosto la sua omosessualità
Lettera di Jeanne con risposta di Jacques Arènes* tratte dal settimanale cristiano La vie (Francia), 4 gennaio 2011, liberamente tradotte da Piero
“Ci siamo conosciuti e sposati giovani, e abbiamo conosciuto per 17 anni una felicità come ce ne sono poche. Sono nati tre bambini, tutto era meraviglioso. Mentre ero incinta del quarto mio marito mi informa che è omosessuale, che lo sa da sempre, e che è passato all’azione qualche anno prima.
Ha avuto tra 30 e 50 partner, alcuni dei quali non riconoscerebbe per strada, avendo fatto del resto correre dei rischi a me così come al suo futuro bebè… Mi spiega la sua sofferenza, il suo attaccamento a me, e mi supplica per restare. Io capisco, compatisco, accetto di restare insieme, l’amo sempre tanto, gli ridò la mia fiducia senza riserve.
In capo a 5 anni è partito definitivamente per vivere questa volta con un uomo. Il mondo per me è crollato. Avevo fatto tutti questi sforzi con la speranza insensata che saremmo riusciti a restare insieme. Mi sembrava il colmo dell’assurdo d’avere sopportato tutto ciò per arrivare qui. Mi sono fatta anche ricoverare qualche settimana.
Qui mi hanno aiutato a passare dallo stadio della compassione e della nostalgia a quello della rivolta e della collera. Ho fatto molti progressi da allora. Mi sono anche rifatta una vita, e questo va bene.
Ma, non sono andata avanti di un pollice sulla mia rivolta. Mia figlia maggiore, adolescente al momento della separazione, mi ha detto recentemente: “Ho perso mio padre. Lo cerco dappertutto. Non so dov’è. È sparito. È come se fosse morto. Quando lo vedo, è come se fosse qualcun’altro”.
Jeanne
La risposta di Jacques Arènes
Mi piace la sua strana, e dolorosa lettera. Strana perché si sprigiona da essa come il profumo d’una magia: lei è stata per anni sotto l’incantesimo di un uomo.
Nei tempi passati si citavano gli incantesimi inventati da streghe e maghi allo scopo di far cadere sotto il loro influsso quelli che si lasciavano convincere a bere il loro filtro d’amore.
C’è qualcosa dell’ammaliamento quando si resta con un coniuge, mentre tutto va molto male e il buon senso ci impone di fuggire a gambe levate… Ma, evidentemente, per cadere sotto l’incantesimo, bisogna proprio crederci in una maniera o in un’altra. E dunque convincersi, come lei descrive con precisione, che andrà bene lo stesso.
I motivi per crederci, lei li espone chiaramente. Innanzitutto, ci sono tutti i buoni anni passati insieme. Questi anni erano senza dubbio fondati su un malinteso, poiché suo marito non le ha mai esposto, in questo periodo, le questioni che lo tormentavano.
Non è la prima volta che sento questo genere di storia. Succede abbastanza spesso che uomini occupati dalla questione dell’omosessualità non lo dicono, per molto tempo, alla loro compagna. Innanzitutto perché è difficile da dire. Più aspettano, più l’annuncio passa per tradimento. Poi perché essi stessi vogliono “crederci”.
Certi uomini che hanno un orientamento omosessuale abbastanza profondo hanno il desiderio di fare coppia con una donna: per i bambini, per la solidità – relativa oggi, ma ugualmente! – di coppia eterosessuale, per paura della solitudine, e di perdersi nelle strette furtive con partner maschili di passaggio.
È certo, lei gli ha fatto da madre: egli ha trovato nella vostra casa rifugio, rassicurazione, tra due tempeste pulsionali. Avevate una relazione forte, quasi fusionale, in ogni caso dal punto di vista di lui poiché egli vede in lei una “sorella gemella”. Quando lei ha saputo, ha continuato facendo affidamento sulla solidità di ciò che era stato costruito, e sperando che ciò avrebbe permesso una ricostruzione.
Lei vi ha trovato, un po’, il suo tornaconto, nella misura in cui era nella posizione di rassicurarlo e di “salvarlo”. Posizione di potenza apparente, che è piuttosto quella della madre di fronte al giovane figlio. Ha forse fatto fatica a voltare pagina perché rimprovera anche a sé stessa tutto questo periodo in cui si è fatta “abbindolare”? Mi sembra che la ragione principale di questa difficoltà è tuttavia ciò che esprime alla fine della lettera. Di chi deve portare il lutto?
È infatti in seguito al dossier de La Vie sul lutto in occasione di Ognissanti – in particolare per la questione del lutto per qualcuno di vivente – che lei ha inviato questa lettera. La maniera in cui sua figlia, in un altro passaggio della sua lettera, formula il suo lutto, fa eco a quello di lei. Sua figlia è profonda e giusta.
Non riconosce più suo padre nell’uomo che vede ora. Come sua figlia lei ha l’impressione che non è lo stesso uomo. Chi è il “vero” e chi è il “falso”? Nessuno dei due forse…
Non sono rare oggi, queste traiettorie accidentate, in cui persone cambiano completamente vita, orientamento sessuale, mestiere, amici. Perché le persone cercano sé stesse molto più di prima, e hanno l’illusione di potere, un giorno, trovare il loro “vero” sé.
Succede anche che certi agiscono per anni in “falso self”, in una specie di personaggio a cui non aderiscono completamente e che vogliono essere.
Abbandonano un giorno la loro vecchia pelle sperando infine di vivere una vita “reale”. Ciò funziona talvolta, ma non sempre… La vera risposta non è da nessuna parte. E lei deve senza dubbio portare il lutto dell’uomo che lei aveva pensato che fosse. Ma, quello che è un enigma per lei lo è anche per lui. È per questo che voleva pensare che un giorno vi sareste ritrovati…
Non so se lei “deve” perdonare. È importante perdonare quando nessuna richiesta è stata fatta? Ma, il vero lutto da portare, che la aiuterà a voltare pagina, è rinunciare a capire completamente quello che è successo. Suo marito non ha probabilmente più di lei la recondita ragione della storia. Quanto a sua figlia, la cui sofferenza raddoppia la sua e accresce la sua rivolta, può fare la sua strada, che sarà evidentemente diversa da quella di lei.
Sua figlia deve liberarsi, nella costruzione della sua vita affettiva da un padre il cui desiderio è complesso, e deve operare con questo dato nel suo approccio d’adulta al desiderio maschile. L’esattezza di ciò che dice fa pensare che abbia i mezzi per camminare. Avere fiducia nelle capacità di lei l’aiuterà anche a voltare pagina.
* Jacques Arènes è uno psicologo cattolico che conduce la rubrica “Question de vie” del settimanale cristiano La Vie
Testo originale: Pendant 17 ans mon mari a caché son homosexualité