Nascere due volte al quinto Forum dei cristiani LBGT
Testimonianza di Alex pubblicata sul blog cattolico di Mauro Leonardi “Come Gesù” il 9 ottobre 2018
Alex ci racconta la sua ricca esperienza d’incontro, confronto e scambio con tante persone omosessuali come lui, con genitori di persone LGBT, con teologi, animatori, sacerdoti e pastori e con il vescovo di Albano Laziale, Marcello Semeraro, nella cornice del 5° Forum dei cristiani LGBT tenutosi presso la Casa di Accoglienza San Girolamo Emiliani dei Padri Somaschi dal 5 al 7 ottobre 2018.
Nascere due volte, come spiega Gesù A Nicodemo, significa tanto per le persone omoaffettive e transessuali credenti. La Chiesa non deve continuare a rifiutare la fatica che questa gestazione comporta perché i frutti sono decisivi per il suo futuro, e sono dolcissimi.
Anche per i genitori delle persone LGBT stare accanto al figlio significa metterlo al mondo daccapo, con nuovi connotati affettivi da conoscere, esplorare ed accompagnare, sulle rotte fantasiose e multicolori di Dio. Significa risorgere da semplici genitori a vere e proprie metafore dell’amore di Dio. E’ Dio infatti che dilata il suo cuore all’inverosimile e raggiunge l’uomo non solo per dargli la vita, ma anche per scrutarlo fino in fondo e farlo risorgere attraverso questo suo amore.
Questa dilatazione del cuore è richiesta a tutto il popolo di Dio, che ritrova dinanzi a sé, nella persona omosessuale, “la spada” che divide i cristiani dai membri di un fan club. E’ l’occasione per rendere davvero universale la Chiesa.
Nascere due volte, per le persone LGBT stesse, significa passare dal venerdì alla domenica e quindi prendere la croce, baciarla, capendo che non c’è un solo grammo del loro dolore che possa considerarsi vano. Perché se una pianticella, per farla vivere, devi faticare e soffrire per provare a darle energia anche al buio, devi preoccupartene e proteggerla da tempeste e fulmini, devi nutrirla in lunghi tempi di siccità, quella pianticella diventa ancora più amata, quel contadino affaticato diventa ancora più accorto ed esperto, quell’amore quando fiorisce è ancora più amato e per questo può diventare addirittura amore esemplare al cospetto di chi germoglia in serre ampie e benedette.
Logiche capovolte quelle del dolore, dinamiche paradossali quelle di Gesù, che ha scelto gli ultimi e i timorati per dare vita a qualcosa di universale. E’ solo tra poveri che ci si comprende cristianamente. E’ solo superando la logica autoreferenziale che la Chiesa cresce e le persone LGBT crescono. E forse ciò che è più urgente è fare un servizio a Dio, dare giustizia ad un volto deturpato da connotati di limitazione, oppressione, discriminazione, esclusione, disprezzo di una forma di amore che invece non può che venire da Lui e che desidera nascere e restare in vita, nella passione e nella solidarietà.
Noi cristiani LGBT siamo Chiesa quando comprendendo il valore del nostro dolore, allora lo riusciamo a purificare da rabbie, rancori e inutile risentimento. Allora sì che possiamo mettere questo dolore al servizio della Chiesa stessa e della società. Dotare di senso il nostro dolore è fare in modo che ci inizi a schiacciare non più al suolo, ma sul torchio dell’amore, quell’amore ancora più difeso, capito, protetto, amato, forte della sua debolezza, fondamentale nel suo essere scarto: una meraviglia ai nostri occhi.
Dotare di senso le sacre scritture è un altro servigio che l’amore LGBT farà alla Chiesa, in modo che si orienti verso una lettura davvero cristiana, cioè esclusivamente al servizio del capolavoro di Dio: della vita umana realizzata e magari in compagnia.
Sono state le certezze della dottrina, scagliate contro di noi, che hanno ostacolato il nostro cammino sul ponte verso la Chiesa. Certezze abortive. Non vogliamo fare lo stesso errore! Vogliamo porci senza nostre rigide certezze, sapendo di non sapere, con la saggezza spalancata della povertà. D’altra parte non è forse un mistero, nel disegno universale di Dio, quest’amore che va, potente e vero, verso lo stesso sesso e che appare rivoluzionario e incurante delle logiche “naturali”?
E allora vogliamo liberare il cammino sul ponte dalla Chiesa verso di noi eliminando muri e pietre di certezze e rivendicazioni che non rispettino il cammino necessariamente e sapientemente lento della storia verso la verità. Sul ponte che va dalla Chiesa verso di noi vogliamo stendere il tappeto rosso della povertà, dell’umiltà e della prudenza. Facendo rete: coinvolgendo i “diversi da noi” (!) e le generazioni. Perché il dolore che accompagna il nostro amore è letame che fertilizza l’amore di Dio e lo rende ancora più amato e incarnato.
Sogniamo un linguaggio più attento e inclusivo ed il fiorire di iniziative pastorali che ci accompagnino alla gioia della vita in Cristo e che consolidino le nostre relazioni quotidiane e le rendano sante e quindi durature, fedeli, significative, esemplari, felici, libere.
Io Alex, personalmente, voglio dire che stare ad Albano Laziale – tra tante persone LGBT unite in preghiera ed ascoltare tanti sacerdoti, pastori e teologi che ci hanno parlato dell’amore-e-basta – ha rappresentato il forte e chiaro esaudimento, da parte di Papà, delle mie preghiere.
La frase che mi porterò nel cuore l’ha pronunciata uno dei tanti sacerdoti che ci hanno accompagnato in una delle tante veglie di preghiera del forum: “La tradizione è custodire il fuoco, non adorare le ceneri” (Gustav Mahler).