Nel ”Lexicon vaticano” sull’omosessualità nulla di nuovo, ma solo affermazioni discutibili
Articolo di Paolo Rigliano tratto da Viottoli n°11 del 9 giugno 2003
Questo volume è stato curato dal Pontificio consiglio per la famiglia per “chiarire le ambiguità attraverso una ricerca approfondita della verità, guidati dalla ragione e illuminati dalla fede, in totale obbedienza al magistero” (Lexicon, p.14).
Quasi novecento pagine organizzate in 78 parole-chiave su vari temi, in particolare su sessualità, diritti delle donne, matrimoni, divorzi, unioni civili e omosessualità che “non è soggetto di diritti, poiché non ha alcun valore sociale… Resta un intrigo psichico che la società non può istituire socialmente…” (Lexicon, p.696). Di seguito alcune considerazioni di Paolo Rigliano (psichiatra, responsabile di una struttura territoriale presso l’Ospedale “San Carlo” di Milano).
Alcune considerazioni sulla voce “Omosessualità e Omofobia” del Lexicon della Chiesa Cattolica, a firma di Tony Anatrella, definito “psicanalista e specialista in materia di psicologia clinica e sociale”. Il testo si basa su alcune assunzioni indiscusse, date per assodate.
L’omosessualità è una tendenza sessuale parziale, effetto di un conflitto psichico irrisolto, che risale al momento dello sviluppo psichico. Essa non è di origine genetica.
E’ invece una fissazione dovuta a molteplici ragioni, per cui il bambino si rifiuterebbe di identificarsi con il genitore dello stesso sesso: “Egli rischia di predisporsi a cercare, in seguito, presso le persone di sesso uguale al suo, delle caratteristiche immaginarie di forza e di potenza che paventava nel genitore di sesso identico”.
L’estensore dell’articolo chiama a comprovare queste affermazioni le sue stesse ricerche (non citate) e la sua pratica clinica. “La psicanalisi, secondo il pensiero di Freud, ha proposto una teoria generale dell’omosessualità che resta confermata dall’esperienza clinica. L’omosessualità è una fissazione acquisita dalla pulsione sessuale, che la mantiene nella sua economia originaria ed esprime un fallimento dell’esperienza edipica e una regressione a pulsioni e a fantasmi pregenitali”.
Gli omosessuali sono “immaturi affettivamente, si adagiano su un fondo depressivo, che può essere compensato da rivendicazioni narcisistiche, da un bisogno di presentarsi come vittime degli altri (…) da un bisogno costante di riconoscimento”.
E’ vero il legame evidenziato da Freud tra omosessualità e paranoia come: “contrattacco e rivincita contro la castrazione, legata al limite rappresentato dall’immagine del padre per il figlio e della madre per la figlia”. “L’omosessualità è vissuta come una compensazione narcisistica a frustrazioni che il soggetto si è via via inflitto”. Essa esprime “in forma inconscia una relazione femminile con il padre”. Cui si accompagnerebbe un risentimento verso il padre, in relazione con un’impossibile identificazione paterna.
L’omosessualità femminile non è simmetrica a quella maschile. Nelle lesbiche si ha “una massiccia identificazione con l’immagine del padre paradossalmente accompagnata da un sincero disgusto per l’immagine maschile, che comporta altresì una diffidenza e un rifiuto sessuale degli uomini”.
L’omosessualità è favorita da immagini parentali mal individualizzate sessualmente e da tutto ciò che nell’educazione o nella società sopprime la differenziazione sessuale: “è sempre nel fallimento dell’identificazione sessuale che si sviluppa l’omosessualità”.
L’omosessualità deve venir sublimata, “diventando la pulsione della sociabilità”, altrimenti “l’individuo si trincera in una condotta difensiva rispetto all’altro sesso e a ciò che esso rappresenta”. L’omosessualità è ansia, angoscia, narcisismo, impotenza ansiogena: è “un intrigo psichico che la società non può istituire socialmente”.
Essa è contraria al legame sociale, che può essere fondato solo sull’identità maschile e femminile. Se l’ omosessualità diviene soggetto di diritti, “si rovinano i fragili equilibri stabiliti dalla ragione nel corso dei secoli e si aprono le porte a un mondo incoerente”.
“Ora, l’omosessualità non rappresenta alcun valore sul piano sociale e non ha nessuna finalità; favorisce una deviazione dei segni di riferimento fondamentali”. Totalmente negativa è la prospettiva di famiglie omosessuali, che possano allevare bambini: questi sarebbero intesi “come il duplicato del proprio io da rifare”.
L’omofobia è l’arma di cui si serve la lobby omosessuale per propagandare e far approvare un difetto psichico contrario al legame sociale. Con questa accusa le organizzazioni omosessuali intendono colpevolizzare gli eterosessuali: “Ogni critica, ogni riflessione sull’omosessualità diventa quasi blasfema, assimilata a un delitto: il delitto di omofobia”.
Riflessioni
Nessuna delle tesi sovraesposte ha un minimo di fondamento scientifico: nessuna prova può essere addotta – e viene addotta – e mai l’Autore pone il suo discorso sotto la cautela del dubbio. Autentiche falsità vengono spacciate per vere.
Solo due esempi: 1) Freud viene citato a sproposito, come se il suo pensiero fosse unitario e non evolutivo, e non si citano le sue ultime e definitive posizioni, che smentirebbero le asserzioni dell’Autore. 2) Il processo che portò all’abolizione dell’omosessualità come patologia dal Manuale Diagnostico-Statistico è completamente falsificato: esso viene addebitato alla lobby gay, mentre furono gli omofobi a promuovere un referendum da cui uscirono sconfitti.
Il testo è scritto malissimo, con equiparazioni, salti logici e contraddizioni insopportabili. La terminologia è spesso incomprensibile: si accavallano affermazioni stentoree e oscure, nette nella loro vaghezza. E’ un calderone vago e confusivo che rivela solo la straordinaria tortuosità di chi l’ha concepito.
Rivela, soprattutto, un’ignoranza sconcertante, contraria a tutte le acquisizioni degli ultimi decenni, non degli ultimi anni: per esempio, “l’identità è un dato di fatto”. Un guazzabuglio di piani e di livelli, di termini e di pseudoconcetti, affastellati senza ordine e discernimento. Tutto è fuorché un testo culturale scientificamente fondato: è una imposizione di fede manichea, intollerante, fondamentalista.
La ricostruzione dello sviluppo umano è quasi caricaturale e grottesca. Castrazione, identificazioni, pulsioni vengono affastellate alla rinfusa senza nessun ordine psicologico che possa anche solo essere pensato e verificato.
Di fatto, il testo non è analizzabile e criticabile in termini scientifici, perché non ha nulla di argomentato, non ha riferimenti verificabili a ricerche e risultati, non ha rimandi testuali, non ha una teoria di riferimento, non ci sono dati da confermare o smentire. Solo affermazioni dogmatiche e assai vecchie.
Affermazioni oracolari si alternano ad altre fantasiose (“Il bambino, come l’adolescente, passa anche per tappe di sovrainvestimento della propria persona, che viene qualificata di narcisista, di edipica, di identificazione, ma anche di bisessualità psichica, di accettazione della propria identità sessuale e di avvio verso l’eterosessualità. Precisiamo che la bisessualità psichica si verifica quando il soggetto interiorizza la differenza sessuale”). Costante è la confusione tra identità sessuale, identità di genere e orientamento affettivo e sessuale.
Certissima invece è la definizione dell’omosessualità come pura, estrema, inemendabile patologia: persino i tratti “positivi” degli omosessuali diventano controreazioni compensatorie della loro patologia costituzionale. A fondamento di questa confusione sta il concetto di identità sessuale: come se gli omosessuali non possedessero una identità completa e complessiva, dunque anche sessuale, e negassero l’identità maschile e femminile (senza specificare a quale livello avvenga siffatta negazione).
Quello che emerge è sempre l’ossessione cattolica per l’ordine naturale e divino in cui ogni piano dell’essere deve essere costretto: la logica è “o tutto o niente”.
Basta discostarsi da questo ordine per uscire fuori dalla natura, dal volere di Dio e dalla salute individuale e sociale. Allora si capisce che, affinché questa operazione persecutoria riesca, l’omosessualità deve essere definita come tendenza e pulsione sessuale, messa sullo stesso piano delle altre deviazioni, secondo la millenaria tradizione di squalifica, cui si allude demagogicamente: la pedofilia, il sadomasochismo, il libertinaggio, ecc.
E’ evidente nel testo un ricatto basato sul terrore: “Se si dà ascolto alla lobby gay, vedrete cosa succederà…”; e un tono da crociata, che vuole veicolare l’idea di essere sottoposti ad una minaccia, cui bisogna reagire in tutti i modi.
Si fabbrica opportunamente un nemico: l’ideologia di gender, di cui non viene fornita nessuna specificazione. E gli si addebita ogni nefandezza delirante: “Non è ragionevole pensare che si possa istituire l’omosessualità come ciò che è al tempo stesso la fonte della coppia e della famiglia”.
Ci si deve chiedere: quale argomento scientifico o sociale viene trattato in questi termini? Proprio questa ignoranza smaccata, questa volgarità diffusa in tutto il testo va interrogata: come mai la chiesa cattolica si affida a un personaggio di questa levatura per trattare un argomento così delicato, ancora tutto da indagare e pensare? Quale operazione si vuole condurre? Si vuole certamente ribadire, in termini che si presumono scientifici, la più netta, totale e assoluta condanna.
Si vuole confinare l’omosessualità nel novero delle malattie, anzi delle perversioni dello sviluppo: essa sarebbe pura deviazione sessuale, fissazione, regressione, immaturità, disordine sociale, antisocialità, infecondità. Nulla deve essere trascurato pur di negare, sempre e comunque, una possibilità di vita.
E di amore: mai viene pronunciata la parola affettività, non è mai sfiorata l’idea che l’omosessualità possa essere produttiva di legame e di relazione. Fondamento di questa visione è, appunto, il pregiudizio che essa sia sinonimo di negazione del legame sociale.
Se da un punto di vista analitico, scientifico, psicologico, il valore del testo è meno di zero, esso è però importantissimo per quello che vuole introdurre: il concetto di omofobia come violenza perpetrata dagli omosessuali.
Ecco che allora si chiarisce l’impianto del testo: allo stesso modo dell’antisemitismo perpetrato dagli ebrei, anche l’ omofobia è “un argomento di malafede”, un’invenzione offensiva e ideologica creata ad arte dai gay per attaccare tutti quelli che non la pensano come loro. In realtà, essa è frutto dell’eterofobia, la paura tutta omosessuale dell’altro sesso. Nulla viene detto delle persecuzioni che gli omosessuali hanno subìto, anche a causa della chiesa.
Della persecuzione antiebraica il testo segue la logica, la dinamica e i criteri. La descrizione delle organizzazioni gay fa pensare al complotto, alla sovversione, all’infiltrazione e alla degenerazione nel corpo sano della società, di cui pagheranno le conseguenze i figli.
Il potere di persuasione, di condizionamento e di pressione di queste organizzazioni è illimitato, inquietante, subdolo, minaccioso. Tutti i normali devono guardarsene, tutti ne sono minacciati: l’omosessuale nega la differenza, la base dell’omosessualità essendo “la ricerca dello stesso e del simile”.
E’ incredibile la somiglianza logica, metodologica, psicologica di questo testo con i più osceni scritti della persecuzione antiebraica e con i documenti di ogni caccia alle streghe. Moltissima parte del documento è diretta a fomentare la paura e l’angoscia per la subdola operazione perpetrata dalla lobby militante contro il diritto, contro l’ antropologia e la natura.
Senza nessun limite, l’Autore usa autentiche mostruosità psicologiche (“L’omosessualità è vincolata al narcisismo e alle fasi primarie della sessualità infantile: amore per la propria immagine, identificazione col genitore dello stesso sesso, oppure controidentificazione, esitazione legata all’identità sessuale ecc.”) per suffragare la sua tesi della sovversione omosessuale, che è “un invito a regredire e a instaurare ciò che di più primitivo vi è nella realtà sessuale umana, vale a dire la sufficienza narcisistica e la chiusura sull’identico e sul simile che ispira il razzismo”.
Voilà, ecco raggiunto l’effetto desiderato: i gay come cospiratori e distruttori, corruttori e veri razzisti. Stabilito questo principio fondatore, si può ribadire che l’omosessualità non è fonte di diritti perché “l’orientamento sessuale di una persona non è una qualità paragonabile alla razza, all’origine etnica”.
E l’Autore cita – non casualmente è l’unica citazione di tutto il testo – un documento della Congregazione per la Dottrina della Fede per avvalorare la sua tesi. Tale documento afferma che “includere l’orientamento omosessuale tra le considerazioni in base alle quali è illegale discriminare può facilmente indurre a considerare l’omosessualità come una fonte positiva dei diritti umani…. questo è tanto più nocivo in quanto non vi è alcun diritto all’omosessualità, la quale non dovrebbe costituire dunque il fondamento di rivendicazioni giuridiche”.
E’ questa la vera posta in gioco e l’autentico fine di questo testo: esemplare da un lato per nullità scientifica e falsità culturale, ma anche per la chiarezza dell’intento persecutorio: politico, culturale, istituzionale.
Tutto mira a sancire l’ impossibilità di considerare l’orientamento affettivo, sessuale e relazionale come diritto inalienabile dell’uomo, al fine di perpetuare una discriminazione che è tanto più plausibile in quanto si dà l’illusione di fondarla sulle certezze della scienza. Illuminante questo testo: alla miseria scientifica e culturale della chiesa cattolica su questo tema corrisponde un disegno lucidissimo e lungimirante.
Si avverte la sfida del pluralismo, della diversità, il processo di liberazione dalla morale più oscurantista e retriva, ma si presume di rispondervi, imponendo alla sfera politico- legislativa di restaurare l’ordine antico, sano, naturale, assoluto.
Il fine è impedire che si esprima, anche in sede legislativa, la democrazia affettiva che oggi rappresenta (questo documento lo testimonia con forza) il vero, nuovo fronte della liberazione gay e lesbica. Cioé: semplicemente umana.
Pontificio consiglio per la famiglia (a cura di), Lexicon. Termini ambigui e discussi su famiglia, vita e questioni etiche, Edizioni Dehoniane, Bologna 2003, 867 pagine