Nella chiesa cattolica le persone omosessuali non devono essere curate ma accompagnate
Editoriale pubblicato sul settimanale cattolico Vita Nueva (Spagna), n.3231 del 10-16 luglio 2021, liberamente tradotto da Innocenzo Pontillo
Per la prima volta nella storia è emerso che la Santa Sede sconfessa le cosiddette terapie di conversione dell’omosessualità. Dopo un lungo periodo di indagine la Congregazione Vaticana per il Clero ha sconfessato le pratiche dell’organizzazione spagnola “‘Verdad y libertad” (ndr che opera per la cosidetta “guarigione” delle persone omosessuali).
Pur essendo quello un ente laico e non canonico, va ricordato che non pochi credenti hanno partecipato alle sue attività. Inoltre i suoi promotori si appoggiano alle realtà religiose per giustificare i loro metodi considerati “settari”, come hanno riferito al (settimanale cattolico spagnolo) Vida Nueva le persone che li hanno subiti e che hanno collaborato all’indagine del Vaticano.
La realtà è che l’omosessualità non può essere curata, perché non è una malattia, come ha stabilito l’Organizzazione Mondiale della Sanità ben 31 anni fa. L’approvazione delle leggi che sanzionano questi programmi e le denunce pubbliche contro questa organizzazione li ha portati ad agire clandestinamente per evitare di essere sanzionati, ma non li ha fatti scomparire. Sfortunatamente, coloro che li sostengono nella loro guerra permanente contro l’ideologia di genere, lo fanno nascondendosi dietro l’affermazione che sono perseguitati e presentandoli come martiri e diifensori della legge naturale.
La presa di posizione del Vaticano spinge a una maggiore fermezza da parte dei responsabili della formazione delle persone consacrate e di coloro che sono in prima linea nei processi di accompagnamento e direzione spirituale, al fine di agire per seganlare e soccorrere coloro che possono essere coinvolti in queste dinamiche.
Allo stesso modo, come sostiene l’indagine del Vaticano, è urgente sradicare questa iniziativa prima che il problema si aggravi. Basta ascoltare una singola vittima o il co-fondatore del gruppo per scoprire le (gravi) conseguenze che (questa cosidetta “terapia”) si lascia dietro. Una Chiesa che è madre non può permetterlo.
Educare all’affettività e alla sessualità non è indottrinare o prescrivere, è accompagnare e discernere, per vivere la verità di ciò che si è. Ma, soprattutto, implica accogliere senza giudicare, partendo da una misericordia che si fonda sul fatto che ogni persona è figlia di Dio, creata a sua immagine e somiglianza, perchè l’amore di Gesù si offre a tutti senza eccezioni.
Accettare e accogliere la diversità non è rinunciare al cattolicesimo o lasciarsi invischiare nella confusione relativistica.
Testo originale> Editorial: Ser gay no se cura, se acompaña
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