Nella Chiesa per il gesuita James Martin, dopo Orlando, “è arrivato il momento di porre fine a questo ‘noi’ e ‘loro”
Trascrizione del messaggio video pubblicato dal gesuita James Martin sulla sua pagina Fecebook il 13 giugno 2016, traduzione a cura dell’Associazione Cammini di Speranza
Esiste una chiesa che parla chiaramente e senza lasciare dubbi dietro di sé. Ascoltate la dichiarazione del padre gesuita James Martin, della rivista “America” (the national Catholic magazine) sulla strage di Orlando e sul silenzio dei vescovi americani circa la motivazione reale della strage, e la mancata solidarietà con la comunità LGBTI… (potete vedere il video qui: https://www.facebook.com/FrJamesMartin/videos/10153544268041496/)
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“Ciao, sono padre Jim Martin, la pace sia con voi. Potrebbe non essere ancora chiaro cosa ha spinto il cecchino a uccidere ieri 53 persone in un gay club a Orlando. Probabilmente è stato un mix di infermità mentale, connessione con l’ISIS e omofobia.
L’ultima motivazione, l’omofobia, è stata confermata dalle parole del padre che ha dichiarato che il figlio era rabbioso per aver visto due uomini baciarsi a Miami. Anche sua ex moglie ha dichiarato di avergli sentito fare commenti anti-gay.
Tuttavia, ciò che non si può mettere assolutamente in dubbio è che il più vasto massacro per sparatoria della storia degli Stati Uniti sia avvenuto in un gay club e che la comunità LGBTI sia stata profondamente ferita.
Perciò, le persone di ogni parte del mondo non dovrebbero essere solidali solo con la gente di Orlando ma anche con i loro fratelli e sorelle LGBTI di tutto il mondo, in questo momento di dolore, perdita ma anche paura. Questo è il momento perché tutti i cristiani e tutti i cattolici facciano questo.
Purtroppo, di tutti i vescovi americani che hanno espresso le loro condoglianze dopo la sparatoria, uno solo, per quanto ne sappia, l’arcivescovo di Chicago Blaise Cupich, ha fatto esplicito riferimento alla comunità gay e si sia rivolto a loro.
Immaginate, per esempio, Dio mi perdoni, se la stessa cosa fosse successa ad un raduno di un particolare gruppo etnico: i leader cattolici avrebbero deprecato il massacro e avrebbero poi espresso con naturalezza il loro sostegno ai membri di quel gruppo etnico particolare.
Se il massacro fosse avvenuto, Dio mi perdoni ancora, dentro una chiesa di una particolare confessione cristiana, i leader cattolici avrebbero deprecato il massacro e avrebbero poi espresso con naturalezza il loro sostegno ai membri di quella confessione cristiana.
Ma, con una sola eccezione, questo non è accaduto con il dolore della comunità LGBTI. Questo è rivelatorio di come la comunità LGBTI sia invisibile per gran parte della chiesa. Anche nella morte sono invisibili. Per troppo tempo i cattolici hanno trattato la comunità LGBTI come ‘altro’. Ma per il cristiano non esiste il concetto di ‘altro.’ Non esiste il concetto di ‘loro’. Esiste solo ‘noi’.
E’ arrivato il momento di porre fine a questo ‘noi’ e ‘loro’. Non deve esistere il concetto di “loro” all’interno della chiesa, perché per Gesù stesso non esisteva.
Gesù si è costantemente rivolto alle persone ai margini, per portare tutti dentro. Coloro che sono invisibili per la comunità sono visti da Gesù. Lui rende ciascuno “noi”.
I cattolici hanno la responsabilità di far sentire ogni persona sentire prezioso e visibile, soprattutto nei momenti di perdita. Gesù ci chiede di fare questo. La Chiesa ha quindi bisogno di esprimere fortemente e pubblicamente la sua solidarietà con tutti ‘noi’ a Orlando.”