Nella storia de “Il ragazzo dai pantaloni rosa” ho rivisto la mia adolescenza
Testimonianza di Andrea del gruppo Cristiani LGBT+ di Sicilia
Scrivo di getto! Quasi a caldo, a poche ore dalla visione del film “Il ragazzo dai pantaloni rosa”.
Questo film ha condiviso al mondo intero uno dei dolori più profondi e ha permesso che, un pezzettino ciascuno di questo dolore, lo condividessero e ne facessero esperienza tutti.
Quanto a me, che dire? Dopo aver visto questo film non so come sentirmi. Sento di essere solo un ragazzo che è arrivato ai sedici anni. Anche se avevo pensato di farla finita per un secondo. Uno soltanto. Non ce n’è stato un altro. Per questo ho avuto 16 anni, poi 26, ora 36. Perché quel pensiero è durato un secondo.
Mi capita di pensare ogni tanto, buttando gli occhi al cielo, a cosa davvero ha interrotto quel brutto pensiero; a cosa mi ha fatto davvero andare avanti. A volte mi capita di avere la risposta proprio sotto i miei occhi, ma non è così. Non ho ancora trovato una risposta e quindi vivo; attraverso la vita. E questo film ha attraversato la mia esperienza. Non identica, ovviamente, ma simile. A partire dal nome!
Andrea!
La madre che lo guarda come una creatura perfetta perché lo ha fatto lei. E quel ragazzo, così sensibile. Di una ampiezza emotiva sconfinante, strabordante, eccessiva. Esagerata, come direbbe la società! Quel sorriso che veniva prima dal cuore poi passava dagli occhi e solo dopo, una volta realizzata la magia, passava dalle labbra quasi come un tangibile segno. Andrea, di una tenerezza così concreta da confondere la grammatica, alla lezione di scuola “nomi concreti e nomi astratti”.
Un ragazzo coi suoi talenti, che perfino il padre ammette, con estrema serenità, di non averli ereditati dalla famiglia, quasi come un miracolo che andava ‘dimostrato’. Un adolescente “ancora piccolo” eppure protettivo; grande nella sua spiccata emotività. Fragile al punto da mettere in discussione tutto questo, pensando che fosse importante fare colpo sugli altri, perdendo se stesso, o perlomeno rinunciandoci un pezzettino alla volta.
Innocente e fiero di pensare che rinunciare a un pezzettino di sé avrebbe sicuramente portato un qualche beneficio. Andrea che confida i suoi più intimi segreti e succede che quelli ti vengono strappati come si strappa il cuore dal petto. Andrea viene lasciato nudo.
Andrea che si accorge di essere in trappola; di essere nella morsa del più velenoso dei ragni. E viene morso. E Andrea si rialza, prende i suoi occhiali e si allontana verso la più infima delle scelte.
Ecco, con una dose di pazienza anti-spoiler una descrizione così, dopo aver visto il film, calza perfettamente le scarpe di entrambi. Nel 2002 e nel 2012. Passano i decenni, ma le cose sembrano non cambiare!
Eppure, la differenza la fa quel secondo in più che non si è mai verificato nella mia vita. Ma una domanda, ogni tanto, me la faccio, come se l’è fatta Andrea: “ma si può credere in Dio, quel Dio che permette questo?”.
Quel ragazzino di 15 anni, dentro me, soffre ancora. Ma si è perdonato tutte le fragilità di cui si prendeva le colpe.
E quando guardo a quel ragazzino così indifeso e solo, piango. Perché ricordo il dolore, ma non solo. Piango la commozione, la fierezza di una storia che finalmente ho raccontato, ho testimoniato almeno un paio di volte.
Piango e mi prendo del tempo per crescere ancora, un pezzo alla volta; pronto a recuperare quei pezzi a cui avevo rinunciato per compiacere qualcun altro.
E perché allora Dio permette questo? Nel film prova a rispondere la nonna. Io penso a te, caro omonimo; caro Andrea…
Non so rispondere a questo! Ma la tua storia è (stata) la mia e da oggi ti porterò con me. E quando ritroverò la forza di una bella preghiera ‘de core’ ti ricorderò. Sempre.
Decido di vivere da dopo quel secondo in meno strappato ai pensieri suicidi anche per te. E oggi, pensa, sono anche insegnante. E ne vado fiero, seppur bistrattato e precario per colpa di uno stato che sembra dirmi in tutti i modi che non mi vuole, che non sono abbastanza. Ma questo? Questo vale tutte le mie due monetine (dal Vangelo di domenica 10 novembre 2024), tutte le sofferenze, le lacrime…Tutte! E lotterò! Lo farò anche per te.
Vorrei, senza troppe circostanze o giri di parole, che Teresa Manes potesse leggere questo pensiero. Vorrei abbracciarla forte e condividerle tutto il magone che porto dentro. Vorrei dirle che le lacrime di oggi mi hanno cambiato!
A Claudia e Samuele (attori del film) vi arrivi il mio abbraccio e tutto l’affetto possibile per la bellezza indicibile a cui hanno dato vita, portando viva una testimonianza incredibilmente forte.
Grazie Teresa, Grazie Andrea.
Il Tuo, omonimo!