Nelle vite dei credenti LGBT, distrutte per guarirli dall’omosessualità
Articolo di Elizabeth Hernandez* pubblicato sul sito del quotidiano Denver Post (Stati Uniti) il 18 agosto 2019, liberamente tradotto da Silvia Lanzi
Per evitare di doversi ritirare dall’Università Cristiana del Colorado, la diciottenne Journey Mueller accettò di malavoglia di entrare in un programma privato di counseling della scuola di Lakewood dopo che gli amministratori avevano saputo che stava mettendo in discussione la sua sessualità.
Journey riferisce di non aver raggiunto l’obiettivo che il suo counselor aveva fissato per lei: diventare eterosessuale. Abbandonò invece gli studi dopo che molte settimane di vergogna l’avevano portata a tali e tanti pensieri suicidi che riusciva a malapena ad andare avanti.
“Sento che quello che è successo ha spezzato qualcosa dentro di me” ha detto la ragazza, ora ventenne: “Vorrei che all’università sapessero che impatto tutto questo hanno avuto nella mia vita. Tutto è cambiato: la mia carriera professionale, il mio modo di interagire con il mondo. Da allora ho tentato di suicidarmi due volte. Vorrei che conoscessero il danno che hanno causato. Credo che pensino davvero che quello che fanno è giusto, ma invece è molto dannoso”.
Dal 2014 le persone omosessuali del Colorado possono sposarsi legalmente, e Denver è accogliente verso i cristiani LGBTQ, ma anche mentre la cultura cambia, alcune organizzazioni conservatrici cristiane continuano a praticare terapie che possono essere deleterie per le persone queer.
Al college, dopo aver portato avanti un counseling pastorale che doveva eliminare la loro attrazione omoerotica, tre donne del Colorado hanno condiviso con il Denver Post il trauma che dicono di aver subìto, che le ha portate ad autolesionismo, pensieri suicidi e disturbi alimentari.
All’inizio di questo mese (agosto 2019) è entrata in vigore in Colorado la proibizione di praticare terapie di conversione sui minori. La disposizione, che proibisce agli erogatori di cure mediche o di salute mentale statali di intraprendere percorsi di counseling con lo scopo di cambiare l’orientamento sessuale o l’identità di genere dei pazienti, non avrebbe potuto proteggere Alana Chen**, Michelle Cox e Journey Mueller.
La nuova legge si applica solo a persone sotto i diciotto anni e non include il counseling praticato dalle organizzazioni religiose, ha detto Daniel Ramos, direttore esecutivo di One Colorado, un’organizzazione di attivisti LGBTQ. Ramos definisce terapia di conversione “ogni tentativo mirato a cambiare l’identità sessuale o di genere di qualcuno”.
Alana Chen, Michelle Cox e Journey Mueller hanno tutte detto che la loro salute mentale si è sgretolata mentre si sottoponevano ad una cura da loro assimilata alle terapie di conversione. Tutte e tre hanno cercato un aiuto psichiatrico che le potesse aiutare a superare il trauma subìto durante il counseling pastorale, sia all’Università Cristiana del Colorado che nelle loro chiese. Queste giovani, le cui vite un tempo ruotavano intorno alla loro chiesa e alla loro fede, hanno affermato di aver voltato le spalle proprio a ciò che per loro era un conforto e una guida.
“Sono molto soddisfatta che sia passata la legge sulle terapie di conversione, ma che succede se hai passato i diciotto, sei in una scuola legata a una chiesa e il tuo cervello non è ancora completamente sviluppato? Si viene bullizzati, assillati e manipolati da leader religiosi che nell’ambiente scolastico sono autorità riconosciute, e si rischia di essere espulsi” dice Michelle Cox.
Jim McCormick, vicepreside dell’Università Cristiana del Colorado, dichiara che l’ateneo non è coinvolto in alcuna terapia di conversione: “Il centro di counseling dell’università cerca di affiancare gli studenti che hanno incertezze sul proprio orientamento/identità sessuale, camminando assieme a loro e fornendo supporto emotivo e spirituale”.
Le terapie di conversione hanno un impatto negativo su chi le subisce, minori o adulti, che include depressione, ansia e il rischio di perdere la fede quando il paziente è credente, afferma Clinton Anderson, direttore dell’Ufficio per le Problematiche LGBT dell’Associazione degli Psicologi Americani.
“Interventi mirati ad un esito prefissato, come la conformità di genere o l’orientamento eterosessuale, compresi quelli volti a cambiare l’identità di genere, l’espressione di genere e l’orientamento sessuale, sono coercitivi, possono essere dannosi e non dovrebbero fare parte della routine dei trattamenti sanitari,” ha dichiarato l’Associazione.
“Sentivo che avrei messo tutto a repantaglio”
Quando una compagna di stanza divulgò la sua sessualità all’amministrazione dell’Università Cristiana del Colorado durante il suo anno da matricola nel 2017, Journey Mueller venne deferita all’ufficio amministrativo, che le propose le seguenti opzioni: rinunciare ai suoi comportamenti e lasciare la scuola alla fine del suo primo semestre, rinunciare ai suoi comportamenti e iniziare il programma di counseling dell’università, o abbandonare immediatamente gli studi.
“Decisi di terminare l’anno, perché a quel punto minacciavano di dire tutto ai miei genitori, mettendo a rischio la mia relazione con loro. Avevo una borsa di studio che mi permetteva di pagare l’università, e sentivo che avrei messo tutto a repentaglio, il mio futuro tutto intero, se non avessi intrapreso il counseling.”
Prima di iniziare gli studi in questo ateneo, gli studenti devono sottoscrivere un patto riguardante il loro stile di vita e studiare una guida che comprende una sezione dal titolo “Relazioni omosessuali”, la quale sottolinea che “le Scritture ammoniscono contro il peccato costituito dai rapporti omosessuali”.
La guida dello studente dichiara che potrebbe essere necessario allontanare temporaneamente o in maniera definitiva dalle squadre di atletica, da posizioni di leadership e da altre attività gli studenti che si interrogano sulla propria sessualità. Finché gli studenti omosessuali sono continenti, la guida afferma che possono rimanere.
La guida incoraggia gli studenti che si interrogano sulla propria sessualità a rivolgersi al centro di counseling dell’università per trovare “risorse pastorali per guidarli e aiutarli nelle loro difficoltà”. Gli studenti che “portano avanti una relazione omosessuale” o attuano “comportamenti omoerotici” saranno sanzionati, e possono anche essere espulsi.
Il vicepreside McCormick ha rifiutato di rispondere ad altre domande sulle implicazioni del counseling rivolto alle persone LGBTQ, e se il suo obiettivo sia aiutare gli studenti a diventare eterosessuali.
“Stavo andando all’inferno?”
Attorno al 2009, quando era al liceo, Alana Chen fece coming out con un sacerdote della parrocchia di san Tommaso d’Aquino a Boulder (Colorado). Il prete iniziò in modo informale a guidarla durante gli anni di scuola, chiedendole di non dirlo ai genitori.
Nel 2013, dopo l’immatricolazione all’Università del Colorado di Boulder, Alana continuò a frequentare la parrocchia, sottoponendosi ad un counseling più professionale al Centro Cattolico Sacro Cuore, già conosciuto come Clinica Regina Coeli. La ragazza cercava di riconciliare la sua identità sessuale con il sogno di diventare suora.
“Sentivo molta vergogna, ed ero in ansia. Non riuscivo a dormire. Non potevo smettere di pensarci. Sarei andata all’inferno? Ma ero estremamente fiduciosa, e mi sembrava che la Chiesa e il counseling mi avrebbero salvato. Più peggioravo, più mi ci aggrappavo” disse in seguito.
Mark Haas, portavoce dell’arcidiocesi di Denver, ha dichiarato che sarebbe inappropriato commentare nello specifico il counseling di Alana, ma ha aggiunto: “Rifiutiamo qualsiasi pratica manipolativa, coercitiva o pseudoscientifica”.
Un counseling credibile permette al paziente di stabilire obiettivi, e le esperienze di vita e le ragioni per cui lo si cerca sono, dice Haas, “assolutamente uniche per ciascuno. In particolare, Gesù Cristo ha chiamato la sua Chiesa ad amare e a camminare con chiunque sia in difficoltà, ed è una missione che ci sforziamo di vivere ogni giorno”.
Lo scorso gennaio l’arcidiocesi di Denver ha sponsorizzato una conferenza di Andrew Comiskey, fondatore di Living Waters e Desert Stream Ministries, che lo stesso Comiskey descrive come un ministero volto a “guarire la sessualità e le relazioni malate”, con l’impegno a “superare l’omosessualità”.
Il Centro Cattolico Sacro Cuore di Boulder offre prestazioni cliniche in varie sedi del Colorado, e opera anche nelle scuole cattoliche e nelle realtà arcidiocesane.
Alana venne ricoverata in un ospedale psichiatrico nel 2016, dopo che la famiglia le aveva scoperto ferite autoinflitte sulle braccia. La ragazza in seguito prese le distanze dalla Chiesa, smise di frequentare l’università e iniziò cura psichiatriche di lunga durata.
“Credo che il counseling religioso sia ciò che mi ha portato al ricovero in ospedale” dice Alana, che ora ha ventitré anni e frequenta un college in Arizona: “Mi vergognavo così tanto che cercavo conforto ferendomi. Ora ho completamente perso la fede. Non so cosa credere riguardo a Dio, ma penso che, se un Dio esiste, non ha più bisogno che io gli parli”.
“Pensavo di poter cambiare”
Michelle Cox, che aveva iniziato a studiare all’Università Cristiana del Colorado nell’autunno del 2003, aveva un’amica che rivelò la sua omosessualità ad un cappellano dell’università: “La scuola ha un sistema di delazione, in cui si incoraggiano gli studenti a parlare gli uni degli altri”.
Il patto implicito con l’ateneo porta gli studenti a sottoscrivere l’“impegno a confrontarsi con i membri della comunità qualora deviino dai valori morali stabiliti dall’università […] così come quello di coinvolgere l’ateneo qualora, dopo essersi confrontati, continuino a comportarsi in modo inappropriato”.
Michelle venne mandata al centro di counseling, dove il terapista tentò ripetutamente di individuare un momento della sua infanzia che avrebbe potuto spiegare il perché fosse attratta dalle donne, chiedendole se fosse stata abusata, o emotivamente distante dai suoi genitori.
“Ero sottoposta a molte costrizioni, mi minacciavano di dirlo ai miei genitori, o di espellermi. Mi sembrava che nessuna delle risposte che davo fosse abbastanza buona. Iniziai a dire che ero stata cresciuta in modo sano, e che ero vicina ai miei genitori, e poi dicevano quanto fosse innaturale e peccaminoso provare questi sentimenti, e che non stavo adempiendo al mio ruolo di donna nella Chiesa. Ero davvero depressa. Ho pensato di poter cambiare. Ci ho provato davvero tanto” dice Michelle.
Recentemente Michelle, ora trentaquattrenne, ha trovato una lista di pro e contro dell’essere omosessuale che aveva compilato all’epoca. Nella colonna dei contro, aveva scritto: “Niente matrimonio, niente figli, andrò all’inferno”.
Quando l’attrazione omoerotica di Michelle non sparì, iniziò ad odiarsi: si affamava, eccedeva con l’esercizio fisico, e si induceva il vomito: “Sembrava che a nessuno importasse di questi aspetti negativi della mia vita. Volevano solo che diventassi etero”.
A Michelle (che ha appena comprato casa, si sposerà a settembre, ed è stata per undici anni in una clinica per disturbi alimentari) spezza il cuore ricordare come si sentiva allora.
“Non siete soli”
Journey ha cercato di rimettere insieme i pezzi del suo futuro dopo che le terapie di conversione l’avevano mandata in frantumi: “In quelle sessioni di counseling il terapista mi diceva esplicitamente che per me l’obiettivo sarebbe stato quello di diventare eterosessuale”.
Il counseling le aveva inculcato che la sua sessualità era sbagliata e contro la volontà di Dio: “Non andavo più a lezione, e cominciai ad avere episodi di autolesionismo e pensieri suicidi. Sapevano che quello che dicevano non era vero, ma non sapevo come venire fuori da quella situazione”.
Daniel Ramos, assieme alle tre donne che hanno parlato con il Denver Post, ha festeggiato la proibizione delle terapie di conversione sui minori, ma dice che c’è ancora molto lavoro da fare nell’ambito della salute mentale per i giovani LGBTQ.
Ci vogliono più adulti che facciano sentire i giovani LGBTQ amati e accettati, e c’è bisogno di loro nelle scuole e nei centri medici, perché a nessun giovane si dica mai più che la sua identità è sbagliata, e che non deve amare chi ama: “Essere omosessuale non implica la perdita della fede” dice Michelle, che tuttavia ammette che la sua esperienza universitaria l’ha fatta allontanare dalla sua Chiesa: “Non siete soli. Dovete essere esattamente quello che siete, e non c’è nulla di sbagliato nell’essere omosessuale. Avrei voluto che qualcuno lo dicesse a me”.
* Elizabeth Hernandez ha iniziato come collaboratrice esterna al Denver Post nel 2014, e ha continuato a collaborare fino alla sua assunzione definitiva nel 2015. Si occupa di argomenti relativi all’educazione superiore e problemi che riguardano i lettori più giovani (alloggi a prezzi accessibili, debiti per prestiti studenteschi, social media e altro ancora), dagli adolescenti fino ai millennial. È laureata in giornalismo all’Università del Colorado di Boulder, e il suo orgoglio è raccontare storie sulle minoranze del Colorado in modo compassionevole e responsabile. Come prima persona della sua famiglia a laurearsi, Elizabeth attinge dal suo retroterra quando si tratta del confortare gli afflitti e affliggere chi vive nel comfort. Email: ehernandez@denverpost.com Seguitela su Twitter: @ehernandez
* Nota della redazione: una delle donne di cui si parla in questa storia, Alana Chen, è stata trovata morta nella contea di Boulder (Colorado) lunedì 9 dicembre 2019
Testo originale: Colorado’s new ban on conversion therapy wouldn’t have protected these LGBTQ women. Here’s why.