Niente e nessuno ha il potere di rendere vana la nostra alleanza con Dio
Predicazione di Giorgio Rainelli, presidente della Refo, al culto evangelico per la giornata mondiale contro l’omofobia, chiesa Metodista di via XX Settembre di Roma, 16 maggio 2010
Care sorelle, cari fratelli. La lettera di Paolo ai Romani è cosi importante e fondamentale nella storia della chiesa che difficilmente si riuscirà a dire qualcosa di innovativo sul testo di questa predicazione.
Tutta la lettera é una dichiarazione alla libertà dalla legge ed é scritta per annunciare l’evangelo a coloro che sono a Roma: comunità domestiche o di vicinato, probabilmente comunità giudaico cristiane. Certamente l’Apostolo si rivolge anche a lettori provenienti dal paganesimo.
Essa è una lettera-evangelo che partendo dal suo tema centrale e disponendo gli argomenti in un certo ordine, illustra la dottrina di Paolo con l’intenzione di renderla un po’ familiare alla comunità prima che questa senta la predicazione e l’annuncio dalla viva voce dell’Apostolo.
In effetti tutta l’Epistola è un richiamo alla dottrina della giustificazione per fede, proviamo a vedere cosa dice Paolo a riguardo e come Dio afferma la propria giustizia.
Essere giustificati per fede comporta, semplificando e schematizzando, tre effetti fondamentali:la pace con Dio,l a speranza-certezza della gloria di Dio e dalla quale saremmo glorificati, la presenza e la vicinanza di Dio nella la vita di tutte e tutti noi: la vita di tutti i giorni, tutto questo si può riassumere con ”l’amore di Dio” per gli uomini e le donne; l’amore che ci giustifica, ci accoglie, ci salva in modo del tutto gratuito.
Se siamo giustificati per fede e salvati per grazia penso che a noi, uomini e donne, non resti che accogliere questo dono gratuito, possiamo “abbandonarci” senza remore o paure nelle mani di Dio sicuri e sicure che il suo sostegno non mancherà. Io sono un razionalista eppure provo quasi un piacere fisico ad abbandonarmi alla carezza delle mani di Dio.
Lui sarà sempre presente vicino a noi non in modo oppressivo, giudicante o dittatoriale ma lasciandoci liberi e libere nelle nostre scelte. Il Dio che condanna, giudica senza appello; il Dio interpretato come legge fine a se stessa ha cambiato volto, si pone come un padre e una madre amorevoli che sostengono i figli e le figlie nelle scelte, nelle difficoltà e nei momenti di gioia, Dio ribadisce con forza di essere il punto fermo nella vita di ognuno di noi, ed allora ”chi accuserà gli eletti di Dio?
Se siamo giustificati per fede e, gratuitamente, la grazia ci salva, ci rende liberi dai pesi della legge e “se speriamo ciò che non vediamo e lo aspettiamo con pazienza” e “lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza ”chi accuserà gli eletti di Dio?
Il Dio che ci giustifica e ci santifica non ci accuserà, il Cristo che intercede per noi non ci accuserà, lo Spirito che ci consola non ci accuserà.L’amore che ci lega a Dio attraverso Gesù è un “patto”, cosi forte che non si spezzerà, non si interromperà, è “un arcobaleno” che non svanirà anche quando noi, uomini e donne, camminiamo su strade che ci allontanano da Lui e da noi stessi e ci perdiamo nel deserto del nostro egoismo; chi si arrogherà, dunque, il diritto di accusare i figli e le figlie di Dio, gli eletti e le elette di Dio? La domanda che si è posta e si pone ancora oggi è: ma chi sono gli eletti e le elette di Dio? Come possiamo noi, uomini e donne, capire il disegno di Dio?
Tanto è stato scritto su questo argomento e troppo lontano ci porterebbe una tale discussione; posso solamente proporre una interpretazione personale che ha il valore che ha: se l’amore di Dio ci è donato gratuitamente, se la salvezza viene da Lui nonostante la nostra condizione di peccatori e peccatrici, se siamo tutti e tutte figli e figlie di Dio e i figli so’piezz’ ‘e core (come dice Edoardo De Filippo), allora siamo uguali nelle nostre differenze agli occhi del Padre.
Se “né morte, né vita, né angeli, né principati, né cose presenti, né cose future, né potenze, né altezza, né profondità, né alcun’altra creatura potranno separarci dall’amore di Dio che è in Cristo Gesù, nostro Signore ” (RM 8 : 36) quale scusa si trova per seguitare ad emarginare, perseguitare quelle figlie e quei figli di Dio, quelle sorelle e quei fratelli omosessuali?
In nome di cosa e di chi quell’accoglienza, tanto spesso ipocritamente sbandierata, viene poi realmente e sottilmente messa da parte e non praticata? Nel nome di quale dio si impedisce la condivisione di esperienze di fede nella vita comunitaria alle persone omosessuali?
In nome di quale interpretazione della legge divina si parla di diritto naturale e si ostacola l’amore di due persone in maniera più o meno palese? In nome di quale potere possiamo dire tu si, tu no, tu sei degno tu invece sei fuori.
Ma fuori da cosa? Dalle chiese o fuori dal rapporto con Dio, fuori dal patto che Dio ha fatto con l’umanità e che Lui non spezzerà nonostante le nostre infedeltà, i nostri tentennamenti, la nostra lontananza. Certamente non nel nome del Dio che ci giustifica per fede e ci salva con la grazia del suo amore.
Forse queste cose non accadono qui ed ora in questa comunità ma quante sono le storie di ordinaria emarginazione, di normale omofobia nella vita di tutti i giorni, nelle nostre chiese – così spesso giudicanti senza comprensione e senza amore.
Basti un banale esempio: io non ho nulla contro le persone omosessuali, anzi ho tanti amici come “loro”. Ed è questo loro che ti allontana, che ti fa sentire un marziano nemmeno avessi le corna verdi, le orecchie a punta, che accentua la diversità di uomini e donne che non sono diversi.
Un mio amico, lo conosco da circa da 30 anni, un giorno mi ha accompagnato in ospedale per una visita medica, le persone ci guardavano e noi guardavamo loro; mentre aspettavamo e chiacchieravamo del più e del meno, abbiamo cominciato a parlare della REFO e fin qui nulla di strano- chi conosce la REFO all’infuori un piccolo gruppo di persone e nelle chiese protestanti?Ma ad un certo punto, non so come, è uscito esplicitamente il discorso sull’omosessualità (parola scandalosa e piena di prurito) e dei rapporti con le chiese.
Alla parola omosessualità si è risvegliata una particolare attenzione ed è apparso un certo imbarazzo sui visi dei presenti; la gente seguitava a guardare e anche ad ascoltare; ad un tratto il mio amico ha avuto un momento di sbandamento ed ha detto “ ma mica crederanno che sono gay?” (veramente l’espressione è stata più colorita).
Mi sono fatto una grossa risata perché lui, eterosessuale, tanto per ricadere nell’uso di categorie predefinite, è l’uomo che ha meno problemi con l’omosessualità e con le persone omosessuali: ha appoggiato tutte le lotte per i diritti civili, porta lo striscione della REFO alle manifestazioni, è stato fotografato col lo striscione, è venuto col figlio a tutte le manifestazioni, penso che negli ultimi anni non si sia perso un gay pride o una manifestazione contro l’omofobia, è un credente, insomma è più di “gay friendly” un amico delle persone omosessuali, eppure per un istante…. ha avuto, come dire, paura? Tentennamento?
In seguito ne abbiamo parlato ed insieme cercato di capire e abbiamo capito che non c’è nulla da capire se non chiamo siamo tutti e tutte peccatori/peccatrici e santi/sante; solo che lui ne è cosciente, io forse ne sono cosciente, noi qui ne siamo coscienti; ma chi trancia giudizi con l’accetta e si chiama cristiano o cristiana forse dovrebbe riflettere e prenderne coscienza.
Questi due piccoli esempi di vita vissuta ogni giorno, non per piangersi addosso, è una cosa che non piace per me e nemmeno per gli altri, ma per far vedere che spesso non ci rendiamo conto, non ci accorgiamo di giudicare anche se non pensiamo di farlo…… come un riflesso condizionato.
E dunque chi si potrà arrogarsi il ruolo di giudice dei propri fratelli e delle proprie sorelle? Quale uomo o quale donna, credente o meno, potrà condannare, discriminare, umiliare in modo palese o subdolo le persone in base al proprio orientamento sessuale, alla propria identità di genere, al proprio lavoro, all’appartenenza ad una confessione religiosa, al colore della pelle o alla nazionalità?
Quale “sorella” o “fratello” potrà sostenere che la verità è depositata nelle sue tasche e solamente lei o lui interpretano correttamente la Parola? Chi da il potere di dire: tu sei un peccatore, una peccatrice e Dio non è con te per il solo fatto che ami una persona del tuo stesso sesso quando non c’è un solo giusto sulla terra e tutti e tutte siamo immersi e immerse in stessa dimensione di peccato?
La risposta è, e non può che essere, una sola!!!!! Va detta ad alta voce, anzi gridata: il suo amore ci rende liberi, ci fa essere vincitori, niente e nessuno (neppure la morte) ha il potere di rendere vana la nostra alleanza con Dio.
Nessun uomo, nessuna donna, nessuna legge, nessuna chiesa possono e potranno mai separarci dall’amore di Dio. Amen