No binary. Voglio una terza parola, perché non mi sento né maschile, né femminile
Testo di Austen Hartke tratto da “Transforming: The Bible and the Lives of Transgender Christians” (Trasformazioni. La Bibbia e le vite dei cristiani transgender), editore Westminster John Knox Press, 2018, 225 pagine), capitolo 4, liberamente tradotto da Diana di Torino, revisione di Giovanna di Parma
Quando chiesi al pastore transgender M. Barclay se concordasse col concetto di luoghi intermedi nel tempo e nello spazio, la risposta mi stupì. Ho sempre pensato che tutte le persone transgender non binarie si identificassero in un luogo intermedio tra maschio e femmina, ma questa è un’idea sbagliata abbastanza comune, come mi spiegò Barclay.
Mentre il termine non binario è diventato un modo semplice di riferirsi a una persona che non ha una identità fissa maschile o femminile, il termine è intrinsecamente errato. “Dire che non sei binario suggerisce che esiste un binario e una cosa del genere non esiste”, così ha chiarito M. “Abbiamo creato questa formula e la nostra comprensione del genere è stata incasellata forzatamente in tale formula”.
Invece di considerarsi a metà tra maschio e femmina, Barclay e molte altre persone non binarie si considerano in modo completamente differente.
“Sono convinta di parlare della mia identità non binaria non come di qualcosa che sta in mezzo, ma come qualcosa in più”, mi ha detto Barclay “quindi, per esempio, come qualcuno che è bisessuale, non mi considero metà gay e metà etero. Sono altro. So che alcune persone non binarie si considerano metà uomo e metà donna, ma non io. Quando esaminiamo il concetto di genere non binario, abbiamo dinanzi a noi una varietà di cose piuttosto che una linea retta”.
Da quando il noto sessuologo Alfred Kinsey iniziò a pubblicare i suoi rapporti sulla sessualità nel 1948, le persone nel mondo occidentale sono diventate maggiormente consapevoli dell’esistenza di uno spettro della sessualità.
Mentre alcuni si identificano come gay o etero, classificandosi rispettivamente come 1 o 6 sulla scala Kinsey, più persone si collocano nella fascia media. Allo stesso modo, negli ultimi 20 o 30 anni, ci siamo sentiti più a nostro agio con l’idea di genere – in particolare l’espressione del genere – che esiste lungo uno spettro con punti che vanno da A a Z oppure da F a M.
Però fare un grafico delle nostre identità lungo una linea a due dimensioni ha i suoi limiti; ossia non riflette in modo preciso la diversità che noi osserviamo. Non vediamo gli altri e noi stessi in solo due dimensioni, e i sostenitori bisessuali e non binari suggeriscono che è passato molto tempo e si potrebbe aggiornare la nostra ideologia. Forse, invece di insistere sul fatto che ogni persona può essere messa su un grafico, dovremmo guardare oltre e vedere la molteplicità di sessualità e identità di genere che esistono in 3D sparse nello spazio come stelle luminose.
Questa espansione nella nostra comprensione del mondo apre anche la porta a una nuova ammirazione per la creazione di Dio. Nel riconoscere quanto abbiamo frainteso del mondo, cambiando le nostre teorie, e i nostri comportamenti di conseguenza, stiamo ammettendo la nostra umanità e siamo umili di fronte al Creatore. Nello stesso modo, quando riconosciamo che il nostro linguaggio non rappresenta con precisione la realtà, allora creiamo nuove parole per illustrare i concetti.
“Una volta ho detto che non ero una donna cisgender, e la risposta è stata: “Oh ti devi sentire davvero mascolina”. “Ma la mascolinità non rappresenta chi io sono”, ha ammesso Barclay “Il nostro linguaggio per la mascolinità e la femminilità rappresenta la nostra dipendenza dall’idea del binario. Voglio disperatamente una terza parola, perché non mi sento né maschile né femminile, per cui vorrei più parole per nominare i nostri diversi modi d’essere nel mondo”.
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