Noi cristiani incapaci di ribellione di fronte all’omofobia
Riflessione* di Claudia Mori tratta dal Corriere della sera del 8 aprile 2007
Il pensiero della tua struggente disperata solitudine e sofferenza di bravo ragazzo che ti ha portato ad ucciderti in quel modo, non mi dà pace. Penso a tutto il dolore del mondo che avrai provato “vivendo” questa tua definitiva decisione. Mi domando quali pensieri orrendi o gentili avrai fatto prima di arrivare a pugnalarti e poi, senza via di scampo, a gettarti dalla finestra della tua casa! Dio mio, quanto avrai patito Matteo caro!
Abbiamo disintegrato il mondo gentile della tua sensibilità sino a condurti a decidere la tua fine. Una enorme sofferenza la tua, che il tuo piccolo cuore di adolescente per bene non ha potuto contenere. Eri solo a cercare di capire quelle accuse volgari e violente dei tuoi incoscienti carnefici che non sei riuscito a ignorare.
Ti accusavano di essere gay e per te non era tollerabile. Forse non lo eri, ma questo non aveva e non ha nessuna importanza.
Tu non sei stato capace di ribellarti a questa violenta ed inaccettabile discriminazione. Temevi di essere «diverso» e la tua dolcezza e bontà non ti hanno aiutato a capire che eravamo noi i diversi. I peggiori. Noi che non ci ribelliamo a chi vorrebbe dividerci tra «naturali» e «innaturali». Noi che riusciamo a convincerci ipocritamente che è la cosa giusta.
Tutti noi ti abbiamo ucciso e siamo colpevoli per questo. Ti prego, non perdonarci. Fai in modo che anche la tua mamma non lo faccia mai, fino a che questa società non avrà smesso di intorpidire le acque del nostro libero arbitrio per tentare di condizionarci, attraverso prediche che dobbiamo ripudiare sempre, da qualsiasi pulpito arrivino, e poter così salvare fino all’ultimo Matteo dal suicidio, per il timore dell’accusa di essere omosessuale.
Forse se lo fossi stato, saresti stato più forte, per combattere e sostenere il diritto di vivere quella cosiddetta «diversità». A combattere la violenza ignorante e crudele dei tuoi compagni. Tu Matteo, educato, buono, bravo a scuola, sensibile e gentile, fisicamente lontano dal prototipo del maschio muscolo e imbecille.
Tu timido e fragile. Tu, solo e disperato, senza difese, di fronte a questa società crudele, semplicemente te stesso, non hai retto. La tua «diga» ha ceduto alla violenza di quelle accuse che ti hanno portato via, come uno tsunami.
Il tuo estremo sacrificio, Matteo,forse aiuterà afar capire finalmente a chi ci governa, anche nel nome di Dio, che i diversi non esistono. E se esistono, hanno gli stessi identici nostri diritti. Forse il tuo estremo sacrificio ci aiuterà a ripudiare ogni discriminazione. Ogni guerra. Ogni Ingiustizia. Io mi riconosco nel Dio dell’accoglienza e non nel Dio dell’intransigenza inumana.
Io credo in quel Dio che ti avrà accolto a braccia aperte con amore, salvandoti e non condannandoti perché ti sei tolto la vita. Quel Dio così intransigente, non è il mio.
* Nell’aprile 2007 il suicidio di Matteo, vittima dell’omofobia dei suoi compagni di scuola, sconvolse l’Italia. In quei giorni Claudia Mori scrisse: “Caro Matteo, il tuo suicidio mi ha colpita al cuore così tanto che la notte non dormo pensando a te.
Dal giorno che ti sei ucciso mi chiedo perché mi ha ferito così tanto questo tuo gesto, drammi come il tuo purtroppo ne accadono tutti i giorni. Suicidi, omicidi, guerre, massacri: questo terzo millennio e questa «civiltà» non ci stanno risparmiando nessun orrore ed ingiustizia. E spesso, senza ribellarci. Anzi, assuefacendoci.