Noi cristiani LGBT a quale speranza siamo chiamati? Partiamo dal pregiudizio
Riflessioni di Daniele del Progetto Giovani Cristiani LGBT, parte prima*
Sia la scienza che la religione cristiana dinanzi alla controversa questione sull’origine dell’orientamento omosessuale hanno sospeso il loro giudizio non essendoci basi di alcun genere su cui poter fondare le proprie granitiche certezze, eppure ci sono psicologi e psicoterapeuti, come Gerard Van Den Aardweg, che si sono cimentati nella ricerca affannosa del fantomatico motivo eziologico, della genesi dell’omosessualità.
Di seguito analizzerò i passaggi fondamentali di un suo libro “Omosessualità & speranza, nell’esperienza di uno psicologo”, che ho avuto modo in questi anni di leggere e approfondire (e inizialmente anche di ritenere veritiero), proponendo una critica personale a quelle che sono definizioni certe che l’autore da dell’omosessualità.
Nel suo libro pubblicato nel 1985 dal titolo originale “Homosexality and Hope (A psycologist talks about treatment and change)”, G.V.D. Aardweg, psicologo e psicoterapeuta olandese, fa notare in modo chiaro come l’omosessualità sia un “problema serio” e che esista un metodo psicologico per affrontarlo in un’ottica speranzosa di cambiamento.
L’omosessuale viene visto come un soggetto infelice, accompagnato da un profondo senso di colpa dovuto a relazioni instabili e rapporti promiscui (come se questi elementi non fossero comuni anche alle persone di orientamento eterosessuale!) e al desiderio di una vita eterosessuale che non riesce a realizzare. L’omosessualità è vista dallo psicoterapeuta in questione come una patologia psichica a tutti gli effetti da comprendere e da cui guarire come avviene per altre malattie: questo presupposto darebbe alla persona l’idea di una guarigione possibile (che poi si rivelerà essere una mera illusione controproducente, capace di acuire l’odio per se stessi).
Secondo l’autore del libro, la società attuale richiede l’accettazione dello stile di vita gay, spinto da potenti lobby che operano dietro le quinte della storia, e la caduta dei modelli predefiniti. Chiunque non accetti l’omosessualità rischia a suo parere di accusato di discriminazione ma sappiamo bene quanto sia vero il contrario e cioè che sono gli omosessuali stessi ad essere derisi ed emarginati, spesso perseguitati e finire vittime di violenza per il loro orientamento sessuale.
L’omosessualità è descritta nel corso del libro come un disturbo emotivo che affonda le sue radici nell’infanzia e nell’adolescenza, quindi non è un fattore innato come l’eterosessualità. Si tratta di un effetto dell’educazione ricevuta, di un dato acquisito nel tempo, di una soluzione ad una operazione matematica oserei dire.
Le sensazioni omosessuali possono essere solo un problema transitorio dell’adolescenza, dove si sviluppa una omofilia per persone più grandi dello stesso sesso, ma se perdurano nel tempo si tratta di una “vera omosessualità” che può variare in base alla frequenza di desiderio e agli interessi di ruolo.
Il fatto che venga fatta notare l’esistenza di un notevole numero di persone omosessuali per Aardweg è mera propaganda in quanto tra di essi vengono annoverati i bisessuali e i bambini e gli adolescenti che, poiché in fase transitoria e non ben strutturati, andrebbero a suo parere esclusi dal novero.
* “Sono cresciuto sin da piccolo in un ambiente profondamente cristiano, la mia parrocchia è stata la mia seconda casa, il grembo materno nel quale potermi rifugiare dai problemi che vivevo nel focolare domestico. … Per il semplice fatto di sentire delle pulsioni verso alcuni compagni di classe o addirittura di provare dei sentimenti che sono propri dell’essere umano, mi sentivo sbagliato. Così una volta terminato il liceo e lasciato il seminario, per via di questa profonda dicotomia interiore tra fede e orientamento sessuale, ho cercato in internet una soluzione a quello che credevo essere “un problema”. … Mi sono imbattuto negli scritti di autori accomunati dal medesimo comune denominatore: l’omosessualità è un problema, una patologia della mente in cui tutti possono incappare ma dalla quale, con impegno e forza di volontà si può uscire. … Spero che queste riflessioni possano aiutare tanti ragazzi e ragazze che stanno soffrendo come ho sofferto io, a rifuggire dalle “teorie riparative” che sono solo un’illusione distruttiva, capace di togliere pace e forze spendibili invece nell’amare se stessi, Dio e gli altri così come si è, unici e originali! A tutti auguro, a me in primis, un viaggio entusiasmante al “centro di se stessi”. Qui trovate la storia di Daniele.