Noi, cristiani omosessuali in cammino e le veglie
Articolo di Maria Cristina Carratù da Repubblica – edizione di Firenze del 27 giugno 2007
Sono gay, e cristiani. Se c’è una categoria di omosessuali doppiamente sofferente sono proprio loro.
Quelli che, oltre al peso dell’emarginazione sociale, portano il fardello della condanna della loro Chiesa. Cattolica, s’intende, perché altre confessioni cristiane offrono invece solidarietà e accoglienza.
Un appuntamento inedito, che dovrà servire, come si spiega nel sito di Kairòs non solo per incontrarsi, una volta tanto – credenti omosessuali, e non – a pregare insieme in un luogo di culto, ma anche per ricordare «i nostri morti», quelli che hanno costellato una lunga storia di persecuzioni: dai roghi medievali ai lager nazisti, fino ai casi odierni di omofobia finiti in tragedia, Paolo Seganti ucciso a coltellate in un parco fra l’indifferenza della gente, Matteo gay sedicenne suicida per disperazione.
L’occasione, anche, per far capire come l’omofobia, così diffusa e tollerata, altro non è che una forma di razzismo, vietato dalla Costituzione: «Rispetto a cui, però» fa notare Jacopo, 35 anni, uno dei fondatori di Kairòs, «non esiste il minimo allarme sociale».
L’omosessuale credente, oltretutto, deve fare i conti con l’omofobia della Chiesa, sempre più pressante e persecutoria. E forse non è un caso, osserva Cosimo, 26 anni, l’ideatore della veglia di giovedì, «che le crisi esistenziali all’origine di Kairòs siano maturate tutte intorno al 2000»: l’anno della Chiesa trionfante del Giubileo, e delle ire del cardinal Ruini contro il World Gay Pride di Roma.
Kairòs denuncia un vero paradosso. «Un credente gay, come ogni credente, ha bisogno innanzitutto di trovare il senso profondo della vita », spiega Jacopo. Purtroppo , i messaggi della Santa Sede fanno pensare che il Vangelo parli solo di sesso, con prescrizioni dettagliate e tassative. E così, a ricordare che Gesù è il Risorto e il Salvatore di tutti, quasi quasi ci ritroviamo da soli».
Nessun orgoglio di bandiera all’origine di Kairòs, ma una dolorosa constatazione, come ricorda Simone, 26 anni, un altro dei fondatori: «che nella vita quotidiana della chiesa è impossibile vivere l’omosessualità come una delle tante condizioni degli uomini, cui Cristo si è rivolto senza distinguo». E un sogno,anche questo paradossale: «Potere, un giorno, scioglierci».
Qualche Curia, quella di Firenze compresa, invita i gruppi di credenti omosessuali a incontri ufficiali. Al termine dei quali, però, racconta Enzo, 35 anni, «tutto è sempre rimasto come prima».
Le (poche) offerte di considerazione dai vari uffici ad hoc per la “pastorale omosessuale”, hanno nascosto, neppure tanto velatamente, l’obiettivo di un riaccompagnamento sulla «retta via».
Mentre nella vita di tutti i giorni agli omosessuali, considerati credenti da convertire e a cui è vietato fare la comunione, continua a restare quasi impossibile dichiararsi, perfino nelle loro parrocchie.
Sebbene non manchino i preti amici, capaci di ascolto, come don Alessandro Santoro delle Piagge, che ha dato il primo appoggio logistico al gruppo, o il Vescovo toscano che ha scritto una lettera calorosa (ma privatissima) in risposta a quella inviata dal gruppo a tutti i pastori della regione in occasione della veglia. Ma di solito il singolo prete, che pure non condanna, invita però a non esporsi.
Mentre i Gay Pride, che come nota Cosimo «restano un grande evento di liberazione e solidarietà», non offrono, come è ovvio, alcuna risposta alle esigenze spirituali. Invece, sottolinea Enzo, quello a cui punta Kairòs «è proprio l’aperta riconciliazione di se stessi con la propria fede».
E siccome ridare voce a un “sé” rattrappito è compito arduo, oggi, non solo per gli omosessuali, il gruppo fiorentino si offre «a chiunque, credente o no, abbia voglia, non solo di pregare, ma di promuovere la costruzione di relazioni vere tra le persone».