Noi operatori pastorali in cammino con le persone LGBT
Riflessioni di Don Dino d’Aloia*, a nome dell’equipe degli operatori pastorali LGBT della Puglia, pubblicate su ADISTA Nuovi Segni n.38 del 5 novembre 2022, pag.10
In questo tempo di riscoperta della natura sinodale della Chiesa noi operatori pastorali pugliesi che accompagniamo le persone lgbt sentiamo che è arrivato il momento in cui anche noi facciamo conoscere alla Chiesa il cammino che stiamo facendo, le nostre gioie, le nostre scoperte, le nostre fatiche. Anche noi abbiamo bisogno di fare coming out.
Chi siamo noi? Noi siamo dei preti, religiosi o religiose che a un certo punto della loro vita si sono imbattuti e poi incontrati con delle persone lgbt e che si sono messi con loro a camminare alla ricerca della volontà di Dio.
Mentre le nostre comunità cristiane di recente si stanno aprendo lentamente all’ascolto delle persone lgbt e questo è già l’avvio di un processo importante che condurrà ad ascoltare direttamente il vissuto delle persone che vivono questa condizione e a non accontentarsi di conoscere solo gli articoli del catechismo che parlano di loro, una voce che invece non è stata ancora ascoltata è proprio la nostra, quella di noi operatori pastorali, noi uomini e donne che stiamo facendo questo percorso di frontiera difficile, sofferto, esposto e in qualche modo anche tormentato.
In questo nostro scritto vogliamo come riempire questo vuoto, annodare questo filo, avviare questa riflessione allargandola ai vescovi e a tutto il popolo di Dio.
Noi tutti siamo impegnati nella costruzione di una Chiesa che si mette in ascolto della parola di Dio e della Tradizione della Chiesa. Come operatori tuttavia riteniamo di avere qualcosa di importante da dire sul nostro argomento perché le nostre parole sono intrise dei volti, delle gioie e dei drammi delle persone che accompagniamo.
Abbiamo cioè parole impregnate delle vicende esistenziali di tante persone lgbt che sono diventate per noi fratelli e sorelle, compagni di viaggio.
Gli incontri e l’esperienza dell’ascolto ci hanno toccati profondamente e ci hanno coinvolti in prima persona perché siamo stati resi partecipi della loro vita intima e sacra. Camminando con loro abbiamo provato diversi sentimenti e stati d’animo. Subito comunque abbiamo avuto la sensazione di trovarci tra le mani un materiale umano sofferto che tuttavia cercava senso e luce.
Noi intanto dal canto nostro avevamo da una parte una Chiesa sicura di sé con i suoi principi chiari e secolari e dall’altra delle persone in carne e ossa con la loro voglia di vita e di realizzazione umana e affettiva che da quei principi non era assecondata e approvata.
E noi? Noi ci siamo trovati drammaticamente in mezzo, tra due amori, desiderosi di vivere contemporaneamente la fedeltà alla nostra Chiesa e una comprensione profonda delle persone che accompagnavamo.
Noi siamo ministri della Chiesa e non autori di noi stessi. Per questo motivo sapevamo e sappiamo che dobbiamo agire non a titolo personale ma in nomine ecclesiae.
Tuttavia vediamo quanta sofferenza viene prodotta nelle persone lgbt da alcune parole forti del catechismo della Chiesa Cattolica che in sostanza chiedono loro di rinunciare alla loro vita affettiva e sessuale che viene vista come peccaminosa e che invece loro sentono profondamente congeniale e appartenente alla loro natura.
Noi non nascondiamo che questa esperienza di interposizione tra il Magistero della Chiesa e i loro volti ci procura notevole sofferenza. Vorremmo dire parole prossime che portino sollievo e conforto.
Vorremmo dire parole che liberano e sprigionano gioia. Invece ci rendiamo conto invece che il Catechismo impone sulle loro spalle dei pesi quasi insostenibili e noi francamente non vorremmo prendere parte a questa operazione che sembra più oppressiva che liberante.
Il nostro tormento è che sentiamo che le parole ecclesiali che dovremmo proferire fanno più male che bene, bloccano energie invece di liberarle.
Questa dunque la nostra vicenda umana e pastorale che, crediamo, merita anch’essa attenzione e ascolto. E noi, da figli devoti della Chiesa chiediamo a papa Francesco e ai nostri vescovi di fare ogni sforzo possibile per indagare più a fondo gli argomenti connessi con la pastorale lgbt per scoprire quale dovrebbe essere la parola giusta della Chiesa, la parola che non fa male, non opprime ma aiuta le persone a volare, perché in fondo questo è il nostro compito.
Chiediamo insomma alla Chiesa di darci parole nuove per raccontare l’amore tra due persone dello stesso sesso perché a noi è parso più volte che le parole in uso sull’argomento siano degli strumenti obsoleti che hanno un urgente bisogno di revisione.
* Don Dino d’Aloia, classe 1968, dopo gli studi teologici e il seminario, è stato ordinato presbitero il 25 giugno 1994 nella diocesi di San Severo. Grande appassionato del Concilio Vaticano II, si è occupato spesso di ecumenismo e di accompagnamento della comunità LGBT, che segue all’insegna dell’inclusione nella vita della Chiesa.