Noi, popolo di Dio, allontanati dalla sua chiesa, amati dal nostro Dio (Osea 14:4)
Riflessioni bibliche di H. Adam Ackley* pubblicate sull’Huffington Post (Stati Uniti) il 14 aprile 2014, liberamente tradotte da Silvia Lanzi
All’Art Share di Los Angeles il 12 aprile scorso ho ascoltato dozzine di uomini e donne cristiani in età da college “sanguinare attraverso la poesia” come hanno affermato, esprimere le dinamiche disumanizzanti del razzismo, dell’omofobia, della misoginia, della xenofobia nelle istituzioni cristiane che li hanno espulsi dalle loro comunità di fede: argomenti che, come ho anticipato, saranno ripresi ancora il 15 aprile all’evento studentesco LGBT Art of Discovery, tenuto in un parcheggio del Citrus College ad Azusa, sebbene la maggior parte degli studenti presenti verranno da una vicina università cristiana.
Uno per uno, per almeno tre ore di lacrime, collera e qualche volta risate, questo fine settimana i giovani poeti cristiani hanno testimoniato la pena di essere stati esclusi dal Corpo di Cristo a causa di ciò che sono, delle persone che amano o sperano di amare un giorno. La loro rabbia mi ricorda il momento del film del 1989 Romero in cui un ricco e potente fiancheggiatore dell’arcivescovo salvadoregno Oscar Romero critica rabbiosamente i teologi della liberazione per il rapimento di suo genero, gridando: “La Chiesa è una puttana, allargherà le gambe al miglior offerente”. Comunque, l’intera vita di Romero, inclusi la sua predicazione e i suoi scritti, testimonia una potente controrisposta, un contrattacco, una visione della comunità cristiana come Corpo di Cristo risorto (anche se profondamente ferito) e fedele: “La Chiesa deve essere incarnata nelle persone che lottano per la libertà, in quelle che le difendono e condividono le loro persecuzioni. Voi che avete sofferto siete la Chiesa”.
Anche la Bibbia descrive il collettivamente il popolo di Dio come una prostituta, paragonando i credenti alla moglie-prostituta di Osea. Nel libro biblico che prende il suo nome, Osea biasima i membri della comunità perché divisi sia da Dio sia l’uno dall’altro, specialmente per la loro meschinità e l’ignoranza della grazia incondizionata di Dio: “Il Signore ha litigato con gli abitanti del paese. Non c’è né fede né gentilezza, e neanche conoscenza di Dio nel paese” (Osea 4:1). In particolare, Egli condanna i capi religiosi per aver contribuito alla lotta intestina del popolo di Dio con la costante preoccupazione del peccato degli altri, seminando un odio tale nella casa di Dio da corrompere non solo la comunità ma “loro stessi” (Osea 9:7-9). Attraverso questo profeta, Dio condanna questi sacerdoti e questi profeti dal cuore falso: “Che nessuno lotti, che nessuno accusi, perché con voi è la mia repulsione… mi rifiuto di accettarti come mio sacerdote” perché si alimenta “del peccato del mio popolo… avido della sua iniquità” e così dimentica il Signore. (Osea 10:2, 4:4-10).
Dio redarguisce questi capi religiosi per il loro “amare la vergogna” piuttosto che la gloria di Dio che si riflette quando viviamo con gentilezza, grazia e fedeltà (Osea 4:18). Il profeta si lamenta che, invece di alimentare la nostra alleanza reciproca e con Dio con un amore divino, quelli che seminano divisione e odio nella comunità “dicono semplici parole” e “vani giuramenti”, seminando “giudizio” che “cresce come una mala erba” invece che portare i frutti della fede (Osea 10:4). Anche così, assicura al suo popolo diviso, Dio non si separerà da noi.
Perché allora le nostre comunità religiose oggi sono divise dalla “questione omosessuale”? Sembra che Dio ci dia una risposta chiara attraverso questo piccolo libro profetico: “Avete seminato iniquità, avete mietuto ingiustizia, avete mangiato i frutti delle vostre bugie… Quindi il tumulto della guerra s’innalzerà tra la vostra gente” (Osea 10: 13-14). Quando dimentichiamo questo, le persone credenti sono, come Dio descrive a Osea, “tutti adulteri, noi mentiamo a noi stessi” (Osea 7:4). Come Dio avverte Osea, l’orgoglio religioso può produrre solo il più debole e instabile amore per Dio e gli altri credenti, una fede che non è nulla tranne “una nuvola mattutina che va via come la rugiada” (Osea 4:4).
Di contro, comunque, l’amore che Dio esprime a noi e desidera da noi e tra noi in cambio è “un amore costante e non sacrifici, la conoscenza di Dio piuttosto che il bruciare sacrifici” (Osea 6:6). Dio vuole “redimerci”, ma noi “mentiamo contro” Dio, ribellandoci al suo amore pieno di grazia e “escogitiamo il male… come un infido inchino” con l’“insolenza” delle nostre lingue, così da spezzare l’alleanza di Dio (Osea 7:13-16, 8:1). Ma Osea ci assicura che Dio promette, anche al più indegno di noi che non ama assolutamente, e con la grazia di Dio, “Ti legherò amorevolmente a me, in correttezza e giustizia, in un amore saldo, ti legherò in fedeltà e tu mi conoscerai” (Osea 2:19-20).
Per chi è emarginato, che è stato cacciato dall’autoproclamato popolo di Dio, le promesse di Dio a Osea sono parole che abbiamo bisogno di sentire e raramente adempiute dalla Chiesa: “Avrò misericordia di coloro a cui non è stata accordata misericordia, e dirò a coloro che non sono il mio popolo, ‘Tu sei il mio popolo’” ed essi diranno “Tu sei il mio Dio” (Osea 2:23).
Profeticamente, proclamando ancora questa promessa, ci ricordiamo reciprocamente che non importa come molti di noi siano stati gettati via, non importa quanto siamo stati isolati dagli altri, emarginati dalla comunità di fede, Dio ha già promesso “Il numero della gente di Israele sarà come la sabbia del mare, che non può essere né misurata né contata; e nel luogo dove è stato detto loro ‘Voi non siete il mio popolo’ sarà detto invece ‘Figli del Dio vivente’ ed essi si riuniranno insieme” (Osea 1:10-11). Così ci riuniamo in un’agape queer e in una koinonia queer, in luoghi emarginati: magazzini, piccoli appartamenti, case sicure, parcheggi. Scopriamo e condividiamo le nostre voci, rincuorandoci reciprocamente, testimoniando insieme cosa significhi essere il Corpo di Cristo ferito e risorto.
Come possiamo noi tutti sperimentare quest’alleanza fedele con Dio e questo senso di unità nelle nostre comunità di fede, compresi anche quelli che hanno seminato odio e bugie fino ad ora? Osea ci dice “con l’aiuto del tuo Dio, ritorna, aggrappati fortemente all’amore e alla giustizia, e aspetta sempre il tuo Dio” (Osea 12:6). Come Dio ha detto a Osea, non è troppo tardi: se Lo cerchiamo umilmente, abbracciando la giustizia e nutrendo un amore saldo invece di seminare odio e giudizio, Dio ha promesso di “arrivare e far piovere la salvezza su” di noi tutti insieme.
In un’omelia del 6 agosto 1977 mons. Oscar Romero predicava: “La Chiesa può essere Chiesa solo finché continua ad essere il Corpo di Cristo… è il dovere della Chiesa nella storia di dare la sua voce a Cristo cosicché Lui possa parlare, i suoi piedi cosicché possa camminare nel mondo di oggi, le sue mani per costruire il regno di Dio”. Come Romero ci ha insegnato con le sue parole e la sua vita, questa salvezza non è semplicemente qualcosa di speculativo, di là da venire, una gratificazione nella vita futura che semplicemente speriamo, ma è qui e ora una realtà presente, che Dio promette alla comunità di fede corrotta dall’odio: “Guarirò la loro mancanza di fede, li amerò liberamente” (Osea 14:4).
* H. Adam Ackley è professore universitario in pensione e si occupa di prevenzione del suicidio tra le persone trans.
Testo originale: The Church Is a Whore, but God Loves Her Wounded, Resurrected Body Faithfully: A Queer Holy Week Meditation