Visibili o invisibili? Noi cristiani LGBT davanti al coming out
Riflessioni di Gianni Geraci del gruppo Guado di Milano
Dentro e fuori i gruppi omosessuali, il dibattito sulla visibilità va avanti da molto tempo e oscilla tra due atteggiamenti estremi che, semplificando molto, si possono riassumere così:
1. In quanto omosessuali non possiamo delegare ad altri il compito di rappresentare le nostre esigenze e di rivendicare i nostri diritti. Ecco perché, se voglio davvero cambiare le cose e aiutare gli ambienti che frequento ad accettare l’omosessualità, debbo fare il mio coming out. Se non lo faccio sono un vigliacco e divento complice del clima che alimenta tanti pregiudizi e tante immagini distorte che alterano la corretta percezione dell’esperienza delle persone omosessuali;
2. Non vedo cosa centri un fatto privato come il mio orientamento sessuale con la necessità di andarlo a sbandierare a destra e a manca: la cosa importante è cercare di vivere bene e in maniera corretta la propria omosessualità. Il resto sono solo menate politiche di qualche fanatico che vuole trasformato il proprio orientamento sessuale in un vero e proprio mestiere.
Di fronte a queste due posizioni estreme un omosessuale credente deve chiedesi quale sia l’atteggiamento da tenere nei confronti della visibilità alla luce del Vangelo. E non sempre la risposta è facile ed immediata, perché i valori in gioco sono tanti e non permettono di dare delle regole valide per tutti nella stessa maniera. Ciascuno deve scegliere liberamente, in coscienza, cosa deve fare. Ed è proprio per aiutare chi è chiamato a fare questa scelta che ho deciso di mettere nero su bianco queste riflessioni in forma di slogan.
Accettatevi! Solo chi si accetta può comunicare tranquillamente agli altri la propria omosessualità: il primo lavoro che dobbiamo fare è quindi quello di riconciliarci con la nostra storia personale. E’ questo il compito primario che ci aspetta, ed è partendo da questo compito che giochiamo la nostra vocazione cristiana di persone omosessuali. Se saremo delle persone che vivono bene la loro omosessualità il nostro coming out potrà aiutare chi ci incontra a mettere da parte tanti pregiudizi.
Se, al contrario, non siamo capaci di vivere la nostra omosessualità come un kairos, come un’opportunità, anche se arriviamo a fare coming out, l’immagine che daremmo ai nostri interlocutori sarebbe segnata dei pregiudizi che noi, per primi, abbiamo quando si tratta di accettare la nostra omosessualità.
Siate prudenti! Conviene poi non avere atteggiamenti strafottenti e inopportuni, le minoranze non possono permettersi di fare errori di coming out (Mc 13,55).
Non abbiate paura! Essere prudenti non significa però avere paura! La paura è, in sostanza, il lato irrazionale della prudenza. Spesso la prudenza ci consiglia di agire, perché le circostanze richiedono un nostro intervento; immediatamente la paura ci spinge a non fare nulla, perché spaventati da mille possibili conseguenze delle nostre azioni.
Il credente sa che Gesù ha vinto il mondo e, quindi, non deve farsi guidare dalla paura: una volta valutato come opportuno il suo coming out non deve farsi prendere dall’agitazione, ma deve portare avanti fino in fondo le scelte che ha fatto. Col tempo potrebbero anche creare dei problemi, ma visto che siamo nelle mani di Dio, siamo anche sicuri di essere in buone mani e non dobbiamo restare bloccati solo perché la paura ci paralizza. «C’è un tempo per tacere e un tempo per parlare!» – recita il Siracide (3,7) e anche se il tempo per parlare viene sempre dopo, quando il tempo di parlare è arrivato occorre farlo senza paura.
Cercate sempre di dire la verità! E’ sempre meglio essere trasparenti con coloro che ci vivono vicino: la cosa ci permette di essere più sereni e di evitare ansie superflue e funambolismi esistenziali. E’ quindi sempre opportuno preparare i nostri cari, i nostri amici e tutte le persone che possono essere toccate dalla scoperta della nostra omosessualità alla “grande notizia”.
Magari, dopo anni di lavoro, ci accorgeremo che non sono ancora pronti per riceverla! Ma fingersi dei machi sciupafemmine per nascondere l’imbarazzo che proviamo di fronte all’idea di confidare il nostro orientamento sessuale a chi ci sta vicino è l’errore più grande che possiamo fare.
Cerchiamo invece di favorire sempre un clima di comprensione, di accoglienza, di rispetto e di empatia nei confronti delle persone omosessuali anche quando nessuno sa che tra le persone omosessuali ci siamo pure noi. Facendo questo non solo creiamo un clima più favorevole al nostro eventuale coming out, ma ci mettiamo al servizio della verità.
Chi è visibile può dare di più. Chi può esporsi senza problemi ha delle opportunità di servizio senz’altro maggiori. La testimonianza aperta di un’omosessualità vissuta serenamente al servizio degli altri è il più grande contributo che ciascuno di noi può dare per vincere la diffidenza di molte persone e per creare una società capace finalmente di accettare le diversità. In questo senso sono indicativi, in Italia, i differenti percorsi che hanno avuto il movimento omosessuale e quello particolare degli omosessuali credenti: il primo si è avvalso per tutti i quarant’anni della sua esistenza, del contributo di alcuni personaggi che hanno saputo giocarsi in prima persona e, con il tempo, è diventato un vero e proprio punto di riferimento per i tanti che non avevano ancora osato esporsi; il secondo, fino a dieci anni fa, ha vivacchiato tra entusiasmi e paure, bloccandosi ogni qual volta c’era la necessità di dare un nome, un cognome e un volto alle istanze che si portavano avanti.
Per fortuna gli ultimi anni hanno visto tanti omosessuali credenti fare il loro coming out e i risultati si vedono: la nostra esperienza non è più schiacciata su quella degli omosessuali che vivono in polemica con la Chiesa e anche le realtà a cui abbiamo dato vita (non solo molti gruppi, ma anche uno strumento come Gionata) sono diventate un punto di riferimento importante
Accettate i limiti di ciascuno! E’ questa, una conseguenza dei grande spirito di tolleranza che ci dovrebbe animare: ciascuno deve fare tutto il possibile per dare alla causa dell’accettazione e della valorizzazione delle persone omosessuali il suo personale contributo; ciascuno deve essere rispettato quando le circostanze non gli permettono di dare il massimo.
C’è chi corre i cento metri in meno di dieci secondi e chi ha bisogno di quasi un minuto: ciascuno è chiamato ad arrivare in fondo con i ritmi che gli sono propri e chi è più avanti non deve mai disprezzare chi resta indietro.
Cercate sempre di fare la volontà di Dio! «Cosa c’entra?» potrebbe a questo punto chiedere qualcuno. «C’entra! – gli rispondo io – C’entra come del resto c’entra con tutte le faccende della nostra vita». Prima di fare qualunque scelta chiediamoci sempre: «Tu Signore cosa vuoi che io faccia?». La risposta molto spesso sembra non arrivare e, quando arriva, ha sempre la debolezza della nostra umanità con tutta la sua incapacità di capire.
Usiamo allora la nostra testa e offriamo al Signore il nostro desiderio di amarlo e di servirlo in tutti i momenti della nostra vita: il suo sguardo sorridente ci seguirà sempre e, se siamo veramente fuori strada, ce lo farà capire di sicuro.
Buon coming out a tutti!