Non ho dubbi. In una relazione gay Dio mi fa amare un altro come Cristo ci ha amati
Lettera aperta di Paolo Spina a Papa Francesco, alla Congregazione per la Dottrina della Fede e a ogni persona che desidera amare ed essere amata
Da ormai qualche giorno mi domando quale eco trovi nella mia vita la benedizione, il benedire. Sono benedetto al termine di ogni Messa, la domenica; mi sento ampiamente benedetto in una mattina come questa, dove l’alba si tinge di fuoco, ma anche lo scorso venerdì, quando qualche fiocco di neve poteva rendere la giornata più complicata sulla strada; sono benedetto dalle confidenze degli amici, dalle risate e dalle lacrime di commozione di quelli che distano centinaia di chilometri e ora posso solo vedere attraverso le videochiamate, e anche dai malumori dei colleghi o di chi è in fila alla cassa del supermercato: tutte queste sfumature mi ricordano che sono vivo, ho gli occhi aperti alla luce del mondo, e Dio ha detto bene di me!
Sono benedetto dal primo bacio di Domenico al mattino, dalla sua ultima carezza la sera. Quando cinque anni fa, non senza lacrime versate e ferite nell’anima, si concludeva ancor prima di cominciare il mio desiderio di mettermi al servizio di Dio e dei fratelli diventando prete, il diniego da parte delle norme vigenti ha rischiato di togliermi il fiato, tanto è pesante come un macigno. “Perché, Dio, mi hai creato gay, se poi non posso servirti come vorrei, o non potrei amare secondo il mio cuore?” continuavo a domandarmi.
Le lacrime mi hanno aiutato a leggere con occhi nuovi il capitolo 11 del Vangelo di Giovanni, dove si narra di Lazzaro e della sua morte: “Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato” (Gv 11,4). A me sembra che questa gloria di Dio non sia tanto il ritorno di Lazzaro dalla morte, quanto più le lacrime di Gesù. Miracolo vero, autentico, è un Dio dal volto rigato di lacrime versate per me, per te, per ciascuno; lacrime che raccontano l’amore incondizionato e onnicomprensivo di Dio.
Io mi sono chiesto: perché mai Dio dovrebbe amarmi così? Perché dovrebbe amarmi tutto, dalla testa ai piedi? Quali meriti ho da avanzare, quali limiti che potrebbero frenarlo? È un mistero. Perché io amo Domenico, perché Domenico ama me? Perché riusciamo ad amarci anche se a volte non capiamo le gioie e le inquietudini dell’altro?
Quando quasi tre anni fa l’ho incontrato, avrebbe potuto essere brutto, povero, oppure il più nobile tra i principi della terra: era ed è semplicemente Domenico, e il nostro amore è un mistero. Eppure non è meno reale, non è meno vero, e una Dioincidenza – il nome bello che a me piace dare quando la Provvidenza di Dio si nasconde con ironia dietro alle situazioni della vita – ci h fatti incontrare, conoscere, innamorare e costruire insieme un cammino di vita.
Il Vangelo mi ha insegnato che devono essermi care le domande, piuttosto che le risposte. Ci sono due cose però sulle quali non ho dubium alcuno: che il Signore abbia visitato i miei giorni con l’arrivo di Domenico, benedicendomi; e che questa nostra relazione sia il modo concreto che Dio mi offre per amare un altro come Cristo ci ha amati e ha dato se stesso per noi.
Sono convinto che imparare ad amare così mi aiuti a provare ad amare un po’ più e un po’ meglio quanti incontro ogni giorno, cercando di far trasparire almeno un po’ la gloria di un Dio che ama con amore che non conosce confini. Non potevo desiderare un responsum più luminoso di questo.
Pro veritate adversa diligere et prospera formidando declinare