Non si deve vincere, ma convincere le chiese ad ascoltare le persone lgbt
Riflessioni di Ignacio Simal Camps pubblicate sul blog Catolico y gay (Messico) il 26 agosto 2011, liberamente tradotte da Dino
E’ un fatto incontestabile che nella maggioranza delle Chiese il collettivo LGTB venga discriminato.
Il dizionario della Lingua Spagnola [RAE] definisce l’atto discriminatorio come il “selezionare escludendo o considerare inferiore una persona o una collettività per motivi razziali, religiosi, politici, ecc.”. Ed evidentemente, le minoranze sessuali sono escluse dalla comunione integrale della vita delle Chiese per il fatto di essere e di comportarsi in modo concorde col proprio orientamento sessuale.
E questa esclusione obbedisce, tra l’altro, a quattro elementi: la concezione sociale patriarcale che le Chiese condividono con la società, la comprensione che esse hanno della natura dei loro testi sacri, la tradizione ecclesiale ricevuta e il giudizio morale che hanno dell’omosessualità e della sua realizzazione concreta.
Con le minoranze sessuali avviene come in passato -e in alcuni spazi ecclesiali ancora oggi- è avvenuto con le donne: venivano escluse dalla formazione teologica nei seminari, dai ministeri pastorali, dall’insegnamento alla comunità di fede, dalla preghiera pubblica, ecc.
Cambiare un immaginario sociale e religioso così radicato nelle Chiese è stato, e continua ad essere, un’impresa estremamente faticosa. Da ciò consegue che dobbiamo avere un chiaro obiettivo da condividere tra noi che siamo propugnatori della inclusione integrale della collettività cristiana LGTB: convincere. E questo si ottiene soltanto facendo un’educazione positiva nelle Chiese.
A questo scopo in primo luogo è necessario che i cristiani eterosessuali ascoltino dalla viva voce delle persone LGTB le loro testimonianze di fede, di fedeltà e impegno nel seguire Gesù.
In secondo luogo dobbiamo organizzare dei laboratori di lettura dei testi biblici e delle argomentazioni teologico-morali che vengono utilizzate nelle Chiese cristiane per escludere le persone con diverso orientamento sessuale.
In terzo luogo dobbiamo impiegare i mezzi di comunicazione cristiani a nostra disposizione per mostrare la ricchezza sociale che il riconoscimento della diversità sessuale fa ottenere e sdemonizzare così le persone LGTB.
In quarto luogo dobbiamo -soprattutto i pastori e le pastore- dare inizio al grande compito di aprire le nostre comunità alle cristiane e ai cristiani omosessuali affinchè grazie alla convivenza e alla reciproca comunione si spezzino gli stereotipi omofobi che imperversano nei nostri ambienti locali.
Da ultimo, in quinto luogo, dobbiamo evitare nelle nostre affermazioni qualsiasi atteggiamento ostile e screditante verso chi interpreta la Bibbia e la sessualità umana in modo diverso da noi.
Come scriveranno Arland Huitgren e Walter Taylor: “La differenza tra coloro [che interpretano i testi biblici] non deve essere intesa come un conflitto tra chi cerca “di essere fedele alle Scritture” e chi cerca “di adattare la Bibbia” ai suoi gusti personali. Le divergenze sono naturali e legittime” (Nota 25 del documento “Sessualità umana: dignità e fiducia” della Chiesa Evangelica Luterana d’America).
Se, nonostante tutte le difficoltà, perseveriamo nel portare avanti un insegnamento positivo in questa direzione, raggiungeremo il cambiamento di mentalità desiderato da molti di noi. L’obiettivo non è vincere, ma convincere.
Testo organice: Hay que convencer, no vencer