Non siamo vittime! Giornata contro l’omofobia e la transfobia
Articolo di Aurelio Mancuso pubblicato sul sito dell’huffingtonpost.it il 12 luglio 2013
La Giornata internazionale contro l’omofobia e la transfobia è una ricorrenza promossa dall’Unione europea che si celebra dal 2007 il 17 maggio di ogni anno. Non si tratta di una data casuale, infatti, il 17 maggio 1990 l’Oms finalmente cancellò dall’elenco delle malattie mentali l’omosessualità. Si trattava di un gesto ufficiale atteso da decenni, che non ha impedito, nell’attesa, che in molte democrazie si avviassero già a partire dagli anni ’60 cancellazioni dei reati di sodomia, e dagli anni ’80 l’approvazione delle prime leggi sulle unioni civili.
Un tratto breve di storia recente che racconta come in poco tempo i movimenti di liberazione sessuale, abbiano segnato una rivoluzione, che tra mille contraddizioni, prosegue il suo cammino. Nel 2013 i gay, le lesbiche possono sposarsi o unirsi civilmente in decine di Stati del mondo, le/i trans hanno ottenuto in molti Paesi leggi di tutela e di rispetto della loro dignità. Purtroppo ancora una decina di nazioni prevede il reato di omosessualità. L’Unione Europea sta lavorando da alcuni anni affinché l’Onu sancisca l’eliminazione del reato di omosessualità, naturalmente si oppongono molti Stati islamici e dittatoriali, con l’azione attiva del Vaticano (che ha lo status di osservatore) affinché non si giunga a questa decisione.
Solo recentemente la diplomazia cattolica ha rinnegato il lavoro svolto negli scorsi anni. Insomma, questa settimana sull’omofobia e la transfobia ci ricorda come a fronte di un clamoroso e concreto percorso di liberazione dalla condizione di persone reiette, moltissimo è ancora l’impegno politico e culturale da svolgere affinché il pianeta sia liberato dalle discriminazioni. Anche in Italia le associazioni e numerosi enti locali, sono impegnate in questa battaglia e saranno numerose le iniziative, soprattutto nel fine settimana per ricordare che è necessaria una legge, meglio l’estensione della Mancino anche per delitti contro le persone lgbt, affinché il nostro Paese sia in linea con i valori costituzionali sviluppati dal Trattato di Lisbona.
Non mancheranno, come avviene quando vi sono episodi di aggressione, prese di posizione e articoli, da parte di politici e media, di commemorazione e condanna, atti dovuti, di cui il giorno dopo tutti si dimenticano, perché alcun provvedimento di tutela e di riconoscimento delle vite delle persone lgbt si è mai concretizzato negli ultimi trent’anni. E dovrebbe esser chiaro, anche agli/alle omosessuali, che il più efficace modo per contrastare l’omofobia è il riconoscimento dei diritti, primi fra tutti quelli per le nostre coppie e per i nostri figli.
Le leggi sono, poi, importanti e non sufficienti, perché l’odio nei confronti degli omosessuali, delle lesbiche e delle persone trans, affonda nei secoli dell’esclusione, delle visioni religioni, filosofiche e politiche di avversione rispetto a tante minoranze sessuali, culturali, straniere. Abbiamo, quindi, il dovere di non abbandonarci al vittimismo, perché la nostra emersione dalla clandestinità ha chiaramente provocato una reazione contraria. Noi siamo soggetti sociali, che con la recente visibilità e socialità provocano un conflitto evidente, perché pongono interrogativi nuovi e mettono in discussione certezze millenarie. Il mondo plurale, complesso, dove differenti identità si confrontano e convivono, contiene dentro di sì sacche di violenza e di volontà di esclusione, che devono essere combattute per quello che sono, non fornendogli patenti di rappresentanti di una società alla ricerca di un ordine preciso.
I reati vanno puniti, le leggi adeguate ai tempi e all’intensità dei fenomeni delinquenziali, ma il nostro obiettivo è affermare con chiarezza la nostra appartenenza all’umanità che costruisce ponti e confronti, che si apre e si organizza per accogliere tutte le aspirazioni e progetti di vita. In particolare i nostri giovani, che vivono la loro condizione di omosessualità in maniera assai differente della nostra generazione, sono più esposti e allo stesso tempo hanno più strumenti di dialogo e di convivenza.
Nei loro confronti, nella scuola, nel mondo del lavoro, nel racconto mediatico e dei social network, occorre prestare particolare attenzione, perché è probabilmente la generazione lgbt che potrà conquistare nuovi spazi sociali, leggi adeguate, combattere efficacemente discriminazioni ed episodi di violenza.