Non siamo mosche bianche! Il mio accidentato cammino per conciliare fede e omosessualità
Email inviataci da Giorgio
Con questa lettera vorrei raccontare la mia esperienza su Chiesa e omosessualità. Partendo dai primordi, io, come tanti ragazzi all’età della scuola media avevo un migliore amico. Con questo amico condividevo tutto, fuorché il sesso, condividevamo la passione per i motori ed eravamo sempre insieme.
Ci confrontavamo, come è proprio di quell’età, con gli altri ragazzi in spogliatoio. Ogni tanto venivano ad aspettarci davanti la scuola dei nostri “nemici”, che ci chiamavano froci e ci aspettavano all’uscita per picchiarci. Non c’è mai stata omosessualità nel rapporto col mio amico, a parte condividere i commenti sulle ragazze della scuola.
Con l’avanzare dell’adolescenza e delle prime pulsioni sessuali io ero attratto dai ragazzi, mi sentivo sempre inferiore a tutti, la mia autostima era bassissima, eppure ero bravo a scuola e nello sport.
Ai miei tempi, in una scuola di circa 1.000 studenti si sapeva che qualcuno, qualche ragazzo molto coraggioso, era gay, e veniva ovviamente denigrato da tutti. Andava di moda prendere in giro chi era solamente un po’ diverso da noi, alla ricerca di un modello che non avevamo e che cercavamo negli altri, nel gruppo di amici che erano uniche persone a cui davamo ascolto.
A 17 anni persi mio padre, morì improvvisamente d’infarto mentre giocava una partita a tennis e un mio caro amico cominciò a frequentarmi. Ci vedevamo quasi ogni giorno e io non vedevo l’ora di vederlo. Mi innamorai di lui, mentre lui non si innamorò di me.
Tutte queste pulsioni le confessavo in confessionale, “era peccato”, mi dicevano. “Ero diventato gay a guardare la pornografia”, dicevano, ed “era una cosa malvagia, non normale”. Eppure io provavo amore per il mio amico.
All’università stessa cosa, mi innamoravo segretamente dei miei amici, ma non avevo mai il coraggio anche solo di accennare al fatto di poter essere gay. Già il pregiudizio al di fuori della Chiesa era molto alto e inoltre era peccato, una perversione.
A vent’anni un mio amico mi trovò una ragazza a cui piacevo e con cui ebbi le mie prime esperienze sessuali e poi, d’amore. La relazione durò nove anni fino a che, giunti al punto di convivere, questa ragazza si tirò indietro e mi lasciò, con mio grande dolore.
A un certo punto, dopo 5 o 6 anni che ci eravamo lascia, avevo superato il trauma, e mi chiesi: “ma è normale che un ragazzo etero, come me, guardi gli altri ragazzi e ne provi attrazione?”.
A questo punto, approfittando degli anni del Covid, incominciai un percorso da una dottoressa sessuologa a cui confidai tutti i miei più intimi segreti. La conclusione fu che ero omosessuale e non l’avevo mai accettato perché la società, la chiesa che ho sempre frequentato, avevano reso il mio cammino impossibile e io non riuscivo ad accettarlo.
Ricordo ancora gli sguardi di disappunto dei confessori quando confessavo queste mie attrazioni e non sapevano come aiutarmi neppure loro.
Fato ha voluto che, per la prima volta nella storia, Papa Francesco, proprio durante il periodo del Covid, disse che i gay potevano essere accolti nella Chiesa. Sapere che almeno avrei potuto vivere la mia fede e non andare dritto all’inferno per questo mio peccato, mi ha molto rincuorato.
I confessori non mi dicevano più che era un errore, ma che dovevo lottare per portare avanti i miei progetti e le mie relazioni e che dovevo pregare il Rosario chiedendo di poter trovare la persona giusta per me.
Su un sito di incontri, dopo varie pessime esperienze, ho trovato un ragazzo che voleva una relazione con me. Anche lui 39 enne, un anno meno di me che nel frattempo ne ho compiuti 40.
La relazione è durata un anno, ho tanto pregato per lui e per me, è stato l’anno più bello della mia vita, finalmente felice!
Purtroppo per problemi legati alla distanza non abbiamo potuto andare a convivere e la relazione è stato necessario, la troppa distanza e la carenza di lavoro non ci hanno permesso di avvicinarci.
Adesso sono un uomo gay (ormai, ho 40 anni) e vivo la mia sessualità con serenità e i rapporti con gli uomini esattamente come facevo prima con le donne, cioè avendo un rapporto di rispetto reciproco, condivisione affrontando i problemi insieme man mano che si presentano.
Ho un po’ il rimpianto per non aver accettato me stesso prima dei 35 anni. Gli ostacoli erano troppi.
Per questo vorrei, adesso che siamo nel 2024 e non più negli anni 90, che questi pregiudizi vengano superati all’interno della Chiesa e delle associazioni educative ad essa legate.
La mia formazione è cristiana, sono cristiano dalla nascita, ho sempre vissuto negli ambienti della Chiesa, leggo le scritture, mi confesso, faccio la comunione come gli altri e ho gli stessi problemi degli altri, quindi sono “normale”.
Fin quando si parlerà di perversione e di rapporti contro natura, chi è nella mia condizione continuerà a soffrire, e io ho sofferto per 20 lunghi anni, sviluppando cosi anche una depressione e dei problemi psichiatrici. Neppure gli psichiatri anziani accettano questa cosa, è una perversione pure per loro.
Mi chiedo allora come la Chiesa, che deve aiutare gli ultimi, su di noi non ha avuto pietà. Gli anni di sofferenza certamente mi hanno aiutato a crescere, ma è stato un percorso molto difficile
Per questo molti ragazzi gay non sono più all’interno della Chiesa, avendo sentito commenti inadatti da parte di tante persone che li hanno detti senza sapere che il tema è molto delicato, che ci va di mezzo la felicità dei ragazzi e creano tanti problemi che sono inutili, se non ci fosse l’accettazione almeno non denigrateci.
Una Santa, non ricordo quale, aiutò gli omosessuali e ai tempi del Nazismo, quando, oltre agli ebrei, chi aveva queste “devianze” veniva mandato nei campi di concentramento a morire di freddo. Perché il gregge è uno solo, non ci sono pecorelle di serie A e di serie B, siamo tutti qui e dobbiamo aiutarci e volerci bene ed amarci l’un l’altro, senza pregiudizi.
E’ un percorso tutt’altro che facile, ma trovo che parlarne almeno all’interno delle nostre comunità possa fare sentire noi ragazzi omossessuali un po’ meno “alieni” o, citando le parole del generale Vannacci “anormali”.
Più ignoranza ci sarà sul tema, più continueremo a soffrire sentendo questi tristi commenti e continueremo a non sentirci accettati.
Con queste politiche le Chiese si svuotano, diventano posti per anziani e danno una cattiva testimonianza dell’amore di Dio che è per tutti, anche per gli omosessuali.
Ho trovato la vostra iniziativa molto interessante, potrebbe essere un’idea fare anche eventi in cui ci si possa trovare e confrontare con altri gay cristiani come me.
Non sono certo una mosca bianca e spero che queste sofferenze, che non auguro a nessuno, possano essere alleviate da un po’ più di comprensione nel rispetto dei ragazzi e delle loro naturali inclinazioni e preferenze.