“Non temete e non vi spaventate di loro” (Dt 31,6). Dalla veglia della diocesi di Chiavari
Riflessioni di Luigi Testa* lette nella Veglia di preghiera per le vittime dell’omotransbifobia e di ogni violenza e discriminazione di genere tenuta nella Chiesa di San Giovanni Battista di Chiavari il 23 maggio 2024
Non so se avete visto il film dell’anno scorso sui due ragazzi di Giarre. Dolcissimo e straziante. Mentre guardavo l’ultima scena – gli ultimi attimi prima del colpo di pistola, mentre i due ragazzi, bellissimi, stanno stesi sulla riva, con gli occhi chiusi, mano nella mano – mi veniva da pregare: Signore, in quegli attimi ti sei fatto sentire, vero? C’eri? Li hai abbracciati baciati? Li hai accarezzati, come si fa coi bambini?
Quando sento di ragazze e ragazzi picchiati, insultati, uccisi – o portati ad uccidersi – per gli stessi motivi, cerco le loro foto, i loro volti. Sono tutti bellissimi. Questa sera vorrei che visualizzassimo i loro volti: i volti di Paolo, di Francesca, Pamela, Roxana, di Samuel, di Arsen e Tigran… Mentre venivano insultati, hai fatto sentire, forte, che li stavi abbracciando? Mentre venivano colpiti, hai detto loro – chiaro, forte, inequivocabile – che tu li amavi? Mentre si toglievano la vita, tu li hai tenuti stretti, per far dimenticare loro anche solo per un attimo tutto il resto? Hai stretto loro la mano? Non puoi aver permesso che morissero così, da soli.
In realtà, a Paolo, a Francesca, a Samuel, ad Andrea, a Chiara …, devo chiedere scusa anche io. E devo chiedere scusa anche a voi, qui, stasera. Per troppo tempo, io sono stato il più severo degli omofobi. Sono stato inquisitore rigidissimo. Ho giudicato, ho condannato, ho tradito, ho messo a morte. Odiavo così tanto una parte di me – quella parte di me –, che non avevo alcuna pietà con tutto ciò che, al di fuori di me, me la ricordasse. So che non vale a giustificarmi, ma ero inquisitore spietatissimo anzitutto con me stesso.
Ora capisco che il fatto è che non credevo veramente all’amore di Dio, e forse non ci credo neanche ora fino in fondo. È difficile credere all’amore personale di Dio. Non un amore generico, ma un amore che si riversa tutto – tutto, interamente – su di me. Dio non può darsi a pezzi, a porzioni, a rate; Dio non si divide; Egli si dà tutto – tutto a me, come se fossi l’unico. E davvero per lui sono l’unico. «Unica è la mia colomba, il mio tutto» (Ct 6,9).
E quindi non importa come mi vorrebbero gli altri – non esistono gli altri: siamo soli io e Te. E non importa neanche come mi vorrei io: il tuo amore comunque mi investe, mi inonda, si dona, si riversa, completamente, impetuosamente, come torrente di fuoco, rompendo ogni argine. Ma a me piacciono i ragazzi – Che importa, voglio stare con te. Ma io sono diverso – Che importa, voglio stare con te.
Ma alcuni, anche tra i tuoi, dicono che io sono sbagliato – Che importa, io voglio stare con te. Son tutte difese, son tutte scuse, perché ci spaventa un amore che ci investe così: lui vuole stare con noi, e basta. La vera grande scoperta che ci cambia la vita è che Tu non puoi fare a meno di amarci. Non ti riesce proprio fare il contrario; non puoi smettere. Se Tu smettessi di amarmi, smetteresti di essere, perché non c’è amore – e tu sei amore (1Gv 4,16)– senza un amato. In qualche modo, io ti sono necessario.
Un amore così, io ho fatto fatica a scoprirlo, a comprenderlo, ad impararlo. E fin quando non l’ho scoperto, mi sono torturato – e ho torturato; mi sono accusato – e ho accusato, massacrato, condannato. È per questo che oggi sono intimamente convinto che solo la scoperta di questo Amore libera realmente; solo questo Amore lava ciò che è sporco – quante volte ho sentito dire «mi sento sporco»… –, scalda ciò che è gelido, sana ciò che sanguina.
Abbiamo bisogno di questo bacio – del suo bacio di risorto. «Tu stai lontano / al di là della luce / mentre ho bisogno / di toccarti e baciarti / sulle labbra in eguale / amore e sconforto» (D.M. Turoldo, A suonare i divini sensi, in O sensi miei…). La sera della domenica, venne in mezzo ai suoi, «soffiò su di loro e disse: “Ricevete lo Spirito Santo”» (Gv 20,22). Non è un alitare nel vuoto, un soffio indistinto; l’evangelista usa un verbo preciso, che ha un prefisso: in-. “Insufflavit”; nell’originale greco: ἐνεφύσησεν. È un soffiare in. Come in un bacio: ci si soffia l’uno nell’altro, per passarsi l’uno lo spirito dell’altro. È questo il bacio della sua bocca che la sposa del Cantico desidera (Ct 1,2). Solo il suo bacio di risorto può lavare ciò che è sporco, può scaldare ciò che è gelido, può sanare ciò che sanguina. «I baci che tu mi dai / sono sempre redenzioni: / tu baci verso l’alto, / e qualcosa di me porti a luce, / costretto prima / nel fondo oscuro» (P. Salinas, La voce a te dovuta). Dona questo bacio, Signore, a chi non ce la fa.
«Non temere, perché io ti ho riscattato, ti ho chiamato per nome: tu mi appartieni. Se dovrai attraversare le acque, sarò con te, i fiumi non ti sommergeranno; se dovrai passare in mezzo al fuoco, non ti scotterai, la fiamma non ti potrà bruciare; perché tu sei prezioso ai miei occhi, perché sei degno di stima e io ti amo; do uomini al tuo posto e nazioni in cambio della tua vita» (Is 43,1-2;4). Ho cominciato da qualche mese a pregare ogni mattina queste parole, chiedendo al Signore di ripeterle, in ogni momento della giornata – soprattutto quando la voce dello spirito cattivo si fa sentire più forte – a ciascuna delle persone cui voglio bene.
«Non temere» – E solo Tu, Signore, me lo puoi dire con affidabilità, con sicurezza. Perché solo chi mi assicura che nulla andrà disperso, se raccolgo con te (Lc 11,23); solo chi mi assicura che niente andrà perduto, caduto nel vuoto – nessun sospiro, nessuna fatica, nessun amore, nessuna lacrima – «Le mie lacrime nell’otre tuo raccogli» (Sal 56,9) – neanche quel pianto (Tu lo ricordi, Gesù) che non riuscivo a trattenere quando ero innamorato la prima volta e non ce la facevo più a reggere la lotta contro me stesso; solo chi mi assicura che nessuno potrà strapparmi dalle tue mani – le tue mani così belle – e dalla mani del Padre (Gv 10,29-30); solo chi mi assicura questo può convincermi a non aver paura di niente, neanche dell’odio e dell’ignoranza del mondo.
«Io ti ho riscattato» – mi hai liberato dalla zona d’ombra, paludosa, insalubre, maleodorante, appiccicaticcia, quella sì davvero sporca, in cui la voce dell’Accusatore, colui che mi incolpava giorno e notte dinanzi a te (Ap 12,10), voleva costringermi a restare.
«Ti ho chiamato per nome» – e non con il nome che volevano darmi altri, o che mi ero inventato anche io (ricordo le volte in cui, per sopravvivere – ma erano solo cisterne screpolate [Ger 2,13] –, inventavo false identità, falsi nomi, per fare al buio quello che non mi permettevo di fare alla luce). Tu mi chiami con il mio nome, non con il nome di un altro – come chiami Maria, al mattino della domenica, nel giardino – profumato – della resurrezione: prima non ti ha riconosciuto; è quando la chiami per nome – «Maria!» –, che capisce che sei tu e la gioia le scoppia dentro (Gv 20,16). Quando amiamo qualcuno, amiamo quel nome – perché ci dice che lui è unico, è l’unico, e lo amiamo così. E io so che un giorno, quando finalmente ci vedremo, se mai mi farai domande – ma forse neanche ti andrà di farmi domande –, l’unica sarà questa: «Luigi, sei stato davvero Luigi?».
«Tu mi appartieni» – «Tu sei mio. E se pure dovrai attraversare le acque o il fuoco, sarò con te, nessuna incomprensione, nessuna parola d’odio, nessuno sguardo che non sia di amore, nessun giudizio ti potrà fare alcun male».
«Perché tu sei prezioso ai miei occhi, sei degno di stima e io ti amo» – A lungo, ho fatto difficoltà a dire questa frase al contrario: «Io sono prezioso; io sono degno di stima; io sono amabile». Eppure tu mi chiedi di dirlo. Sei tu, nel salmo, che mi metti sulla bocca questa parola: «Mi hai fatto come un prodigio. Mi hai fatto come una meraviglia» (Sal 139,14). Il tuo desiderio è che io riesca a dirmi, alla luce del Tuo amore: «Io sono una meraviglia».
Perché è vero che il mondo non ce lo dice, o ce lo dice solo quando vuole lui. Per questo tu continuamente arrivi a ripeterci: «Tu sei prezioso. Tu sei prezioso. Tu sei prezioso…». Se questa sera potessi formulare una sola preghiera, chiederei che ciascuno di noi – e ciascuna delle persone che conosciamo, che amiamo – soprattutto quelle che fanno più fatica, che non ce la fanno, che non ci riescono, o non ci riescono sempre – possano dire, sentendosi accarezzati: «Io sono prezioso». Io spero che anche Paolo, Francesca, Pamela, Roxana, Samuel, Arsen e Tigran … l’abbiano sentito, e – alcuni forse troppo tardi, purtroppo – l’abbiano creduto.
Ho pensato che la preghiera che stiamo facendo stasera non è soltanto preghiera per loro e invocazione contro l’odio, ma – dirò una parola che ci hanno fatto risultare antipatica – forse può essere anche preghiera di riparazione. E personalmente ho sempre trovato molto bello che il mese del pride coincida con il mese dedicato al Cuore di Gesù, e quindi, tradizionalmente, proprio alla preghiera di riparazione.
Perché – è qualcosa che sento molto forte – ogni colpo, ogni schiaffo, ogni insulto, ogni calcio, ogni parola d’odio, ogni sputo a Paolo, a Francesca, Pamela, Roxana, a Samuel, ad Arsen e Tigran …, è un colpo, uno schiaffo, un insulto, un calcio, dato a te, Gesù. E non soltanto perché il tuo Cuore soffre incredibilmente – sanguina – ogni volta in cui è colpito – ancor più se ingiustamente – la più piccola delle tue figlie, il più piccolo dei tuoi figli, ed ogni colpo a loro è un colpo a te. Ma anche per un motivo più profondo, forse più vero, che noi crediamo – che io credo. Ed è questo: che se sei ridotto così, Gesù – se ti vedo colpito, ferito, sanguinante, crocifisso, flagellato – se ti vedo in questo strazio, è perché il peccato ti ha ridotto così. E l’omotransbifobia – occorre dirlo forte – è un peccato.
È anche perché Paolo veniva insultato, che tu sei stato flagellato, colpito, crocifisso; è anche perché a Pamela, Roxana e Andrea veniva dato fuoco – qualche giorno fa, in Argentina – che tu – «il più bello tra i figli dell’uomo» (Sal 44,3) – sei stato sfigurato, schiaffeggiato, umiliato; è anche perché Samuel veniva picchiato a sangue – a 24 anni, due anni fa, in Spagna –, che tu sei morto in quello strazio.
Se ti guardo sulla croce, e cerco chi ti ha ridotto così, Gesù, sono stati anche loro: quelli che hanno colpito Paolo, Francesca, Samuel, Pamela, Roxana e chissà quanti altri che tu conosci uno ad uno e tutti tieni tra le tue mani ferite. È per questo che serve riparazione – che serve, questa sera, che noi ti chiediamo anche perdono per quei colpi di flagello, per quella corona di spine, per quei chiodi, per quella violenza a cui il peccato, e il peccato di omotransbifobia, ti condanna sempre e di nuovo. Perdona, Signore, tutto quest’odio, che ancora ti colpisce dritto al Cuore.
C’è, infine, un’ultima parte di questa preghiera, che – confesso – non mi viene spontanea, non mi viene naturale; ma, se mancasse, sentirei di non star facendo una preghiera cristiana. Ed è la preghiera per quelli che hanno colpito. Noi forse non ce la facciamo a perdonare; ma Tu, Signore, perdona. Sappiamo che saremo davvero cristiani quando riusciremo a dire «il nostro peccato», e non solo «il loro», perché siamo fratelli, siamo uno, nonostante tutto.
«Non temere, perché io ti ho riscattato, ti ho chiamato per nome: tu mi appartieni. Tu sei prezioso ai miei occhi, sei degno di stima e io ti amo». Continua a ripetercelo, Gesù, soprattutto quando la fatica è molta, la notte è lunga, la casa è lontana. Soprattutto quando ancora gli altri ci feriscono, ci tradiscono, ci condannano – ci uccidono. Continua a ripeterle a chi finisce in un incubo, a chi è in una notte senza luce. È allora che tu arrivi – risorto, bello come sei –, sorridi, e, come dopo un brutto sogno, ci metti un dito sulle labbra, e ci dici: «Shhh, non è successo niente, non è successo niente». E ad uno bello come te non si può non credere.
*Luigi Testa è autore di testi a carattere giuridico e scrive su alcuni quotidiani nazionali. “Via crucis di un ragazzo gay” (Castelvecchi, 2024) è il suo primo libro di natura spirituale, altre sue riflessioni sono pubblicate anche su Gionata.org